da: Il Fatto Quotidiano
II trapasso dal governo Lettusconi al governo
Alfetta viene salutato dalla stampa italiana (quella estera ha cose più
importanti di cui occuparsi) con unanime giubilo, pari soltanto a quello di
Letta jr. che parla di giornata “storica” e biforca le dita a “V” come
vittoria, manco fosse Churchill. Purtroppo per lui, Churchill aveva appena
vinto la Seconda guerra mondiale, mentre il Nipote ha appena vinto una
compagnia della buona morte composta da Angelino Jolie, Giovanardi, Formigoni,
Cicchitto e Lupi, più un’altra serie di facce da museo Lombroso (si parla
persino di Schifani).
I turiferari a mezzo stampa dipingono
Lettino come l’uomo che dopo vent’anni ha sconfitto Berlusconi, ma c’è un
equivoco: B. s’è sconfitto da solo col più classico e comico degli harakiri; se
aspettava Letta e il Pd, poteva campare altri 200 anni. Sull’Unità di Claudio Sardo, che è sempre l’ultimo a sapere, titola
che B. “perde la faccia” (come se ne avesse mai avuta una) e santifica gli
Alfanidi: non male, per un presunto
giornale che due mesi fa chiedeva le dimissioni di Alfano per il sequestro
e la deportazione di una donna e di una bimba kazake, decisi al Viminale sotto
l’occhio da triglia del cosiddetto ministro dell’Interno, ora promosso ad
alfiere di un “nuovo centrodestra” che vuole
“condividere l’obiettivo della
presidenza italiana dell’Ue, riformare il sistema politico e soprattutto
contrastare la linea della rottura istituzionale adottata da Berlusconi dopo la
condanna”. La qual cosa – scrive Sardo – smentirebbe “la tesi dell’inciucio
narrato dai vari Grillo e Travaglio”. Forse a Sardo è sfuggito che il suo Pd ha
governato per cinque mesi con il Pdl di B., non di Alfano, e continua a farlo
dopo che B. ha smentito se stesso e rinnovato la fiducia a Letta.
Insomma, a perdere la faccia sono in tanti.
Compresi quanti finora avevano sostenuto l’inciucio Napolitano-Pd-B. e ora
dicono che non era un inciucio perché B. s’è tirato indietro per un paio di
giorni. Prendete Massimo Franco, il pompierino della sera: ora esulta per
l’“emancipazione davvero moderata dei ministri e di molti parlamentari” del Pdl
da B. e per l’avvento di “una vera maggioranza politica delle larghe intese”,
eroicamente “forgiata passando attraverso una strettoia drammatica” da quel
grande statista di Alfano “che non può essere sminuito con la categoria dei
transfughi o dei complici della sinistra”. Insomma, splende nel firmamento “una
nuova maggioranza” con “forte identità” e “più marcata omogeneità”, “protetta e
consigliata da Giorgio Napolitano”, slurp, al posto dell’orripilante
“ammucchiata numerica” che sosteneva Letta fino all’altroieri. Che strano:
cinque mesi fa, quando nacque il governo Letta, non si ricordano intemerate di
Franco o del Pompiere contro gli inventori dell’“ammucchiata numerica”, da
Napolitano in giù. Al contrario, si rammentano solo lodi sperticate alle
“larghe intese” che ci avrebbero presto regalato l’agognata “pacificazione” fra
guardie e ladro.
Ma questi profeti del giorno dopo, questi
sfondatori di porte aperte, questi scalatori di discese sono fatti così: chi
comanda ha sempre ragione. Ieri applausi al governo Lettusconi, oggi standing
ovation al governo Alfetta, domani dipende. Pigi Battista è tutto bagnato per
“il delfino Alfano che ha trovato il suo quid” e, soprattutto, “non ha fatto l’errore
di Fini” di “rinnegare la storia del berlusconismo”. Virman Cusenza, sul
Messaggero , riesce addirittura a vedere negli Alfanidi abbarbicati alla
cadrega “l’anima liberale e quella cattolica”. Marco Tarquinio, su Avvenire ,
si emoziona perché “finalmente il bene comune ha prevalso sugli interessi
personali e di fazione”. E persino un fuoriclasse come Massimo Gramellini, su
La Stampa, si entusiasma per la “maggioranza europea” partorita da quel genio
di Napolitano. Europea? Ma le ha viste le facce dei 35 Scilipoti
all’incontrario?
Tutti poi, ma proprio tutti, danno B. per
morto. È un’espressione che ci pare di aver già letto e sentito fin dal 1994. E
che, fondata o meno, porta sfiga solo a chi la pronuncia. Vedremo fra qualche
mese chi è il morto: quando gli italiani che dimenticano tutto in 24 ore si
saranno scordati della buffonata dell’altroieri; quando le colombe cominceranno
a scannarsi con fauci e ganasce da far impallidire quelle dei falchi, o
torneranno all’antica voliera per ripararsi dal linciaggio dei killer del
padrone, o scopriranno dai sondaggi che un partito con Angelino leader vale lo
zero virgola; quando il governo Alfetta ci farà pagare con gl’interessi tutte
le tasse che B. aveva fatto rinviare e lui, con un piede dentro e l’altro fuori,
potrà lucrare dal malcontento popolare e addirittura risorgere dall’avello.
Allora sarà il caso di conservare le foto, i proclami e i titoli di questi
giorni. Ma sarà un esercizio inutile, perché gli autori diranno che l’avevano
previsto, loro.
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