martedì 25 settembre 2018

Federico Aldrovandi e la propaganda per decreto nel dl Sicurezza di Salvini



Federico Aldrovandi e la propaganda per decreto nel dl Sicurezza
di Fabio Anselmo
Sono andato in Comune, a Ferrara, per andare a trovare Patrizia Moretti ma il suo ufficio era vuoto. Ha preferito prendersi un giorno di permesso e rimanere a casa come è naturale che sia. È una giornata, questa, terribilmente triste e dolorosa per lei e per Lino Aldrovandi.

La mattina del 25 settembre di 13 anni fa il loro figlio primogenito, Federico, perdeva la vita per mano di 4 agenti di polizia durante un intervento in via Ippodromo di Ferrara. Due manganelli rotti e 54 lesioni sul povero corpo di quel ragazzo “ciascuna delle quali suscettibile di autonomo procedimento penale”, come scrissero i giudici.

Ancora i giudici scrissero che se la famiglia non avesse denunciato pubblicamente quanto accaduto al loro figlio, se non si fosse più volte rivolta ai media sollecitando l’attenzione dell’opinione pubblica, la morte di Federico Aldrovandi si sarebbe chiusa in un altro caso di negata giustizia.

Il faro acceso dall’opinione pubblica su quella drammatica vicenda giudiziaria è stato determinante. Un nobile esercizio di quel controllo pubblico che deve essere sempre garantito dalla Giustizia che, non dimentichiamolo, viene amministrata in nome del popolo italiano. Soprattutto quando lo Stato processa se stesso e, cioè, quando si tratta di violazione dei diritti umani, dei diritti fondamentali dell’Uomo.

Ponte Morandi, commissari Mit: “degrado noto ad Autostrade ma non ridusse il traffico”




Ponte Morandi, commissari Mit: ‘Degrado noto ad Autostrade ma non ridusse traffico. Manutenzione ridotta per profitto’
di Andrea Tundo

“Sorpresa” per la scelta di effettuare i lavori a traffico pieno, con l’utenza del Ponte Morandi “utilizzata, a sua insaputa, come strumento per il monitoraggio dell’opera” da parte di Autostrade. Che “pur a conoscenza di un accentuato degrado” delle parti portanti del viadotto “non ha ritenuto di provvedere, come avrebbe dovuto, al loro immediato ripristino” e per di più “non ha adottato alcuna misura precauzionale a tutela” degli automobilisti che transitavano sul viadotto della A10, crollato il 14 agosto provocando 43 morti.

Problemi “minimizzati e celati”
Le conclusioni della commissione ispettiva del Mit sono durissime nei confronti di Autostrade che “non si è avvalsa (…) dei poteri limitativi e/o interdittivi regolatori del traffico sul viadotto (…)” e non ha “eseguito conseguentemente tutti gli interventi necessari per evitare il crollo verificatosi”. E, secondo gli ispettori del ministero delle Infrastrutture, Autostrade “minimizzò e celò” allo Stato “gli elementi conoscitivi” che avrebbero permesso agli organi di vigilanza di dare “compiutezza sostanziale ai suoi compiti”. Lo fece già nel definire “retrofitting” il progetto di ristrutturazione degli stralli presentato lo scorso anno quando si trattava di una vera e propria opera di “ripristino e rinforzo” e questo avrebbe tratto in inganno gli organi di vigilanza. E anche la presentazione di Aspi “come di un mero ripristino conservativo dell’opera”, sempre secondo i commissari, “non ha consentito” alla Direzione vigilanza del ministero “di coglierne la complessità tecnica e organizzativa”. Una ricostruzione, quella degli ispettori, “integralmente da verificare”, dice Autostrade dopo la pubblicazione definendosi “totalmente trasparente” nei confronti del concedente.

lunedì 17 settembre 2018

L’equità sociale del M5S: aumento pensioni minime e nulla alle pensioni (dei lavoratori) ferme da troppi anni


Una persona ha lavorato per molti anni. Non i venti anni dei baby pensionati. Diciamo: almeno 35 anni.
E’ in pensione da un certo numero di anni. La pensione non è aumentata. Le cosiddette rivalutazioni sono piccole elemosine che non modificano il reddito di queste persone inchiodato da anni nonostante il costo della vita aumenti.

Orbene.

Questi pensionati non vedono un aumento da anni. Non c’è una tra le tante e giornaliere esternazioni di Salvini e Di Maio che dica che avranno anche solo un misero aumento.

No. A chi ha lavorato per tanti anni sapendo che contrariamente non avrebbe ricevuto una pensione non tocca nulla. Che dopo aver lavorato per 35 e più anni, dopo aver lavorato in una fabbrica o in un’azienda hanno anche lavorato a casa (donne), che da quando sono in pensione hanno visto solo piccole elemosine quando – addirittura – non si sono viste togliere qualche euro, a loro non spetta nulla.
Sono ignorati. Strano. Votano anche questi….

Mediaset: la redistribuzione pubblicitaria di Crimi (M5S) non piace all’azienda di Silvio


Immagine da AdnKronos

Vito Crimi del M5S è il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’editoria. Incarico che non è certo piaciuto a Silvio Berlusconi al momento della creazione del governo Lega-M5S e che ancor più gli va di traverso da quando, nei giorni scorsi, Crimi ha pronunciato le parole: tetto pubblicitario.

Si tratta della redistribuzione delle entrate pubblicitarie tra carta stampata ed emittenti televisive.
Per quanto riguarda le tv, le rilevazioni auditel che determinano gli ascolti giornalieri non sono certo scientifiche ma è su queste che si basano le tariffe applicate agli investitori pubblicitari. Mediaset la fa da padrone nel mercato pubblicitario televisivo. I suoi introiti pubblicitari sono sproporzionati rispetto ai dati di ascolto spesso mediocri ma pompati da comunicati stampa e da blogger che per avere un posto in prima fila in certi consessi di Mediaset si “prodigano” in lodi nei confronti di alcune trasmissione storiche senza perdere l’occasione di essere “ipercritici” (o disonesti mentalmente?) nei confronti di Rai e di altre emittenti.

Il pompaggio a favore di Mediaset, l’assenza di un limite nella raccolta pubblicitaria, fa sì che l’azienda di Cologno Monzese controlli il mercato pubblicitario e che chiunque tenti di affacciarsi nel mercato televisivo non si prenda che le briciole. Vale anche per l’editore Cairo.

sabato 15 settembre 2018

Manhattan Transfer: Chanson D`Amour


Fate vedere a tutti “Sulla mia pelle”, al cinema, su Netflix, ovunque sia possibile


da: https://www.linkiesta.it/it/ - di Andrea Coccia

Il film di Alessio Cremonini, dedicato alla storia di Stefano Cucchi e interpretato da un bravissimo Alessandro Borghi è un film importante e da vedere, tutti. E chissenefrega se lo si fa al computer su Netflix, al cinema o in un centro sociale non autorizzato: il copyright se ne farà una ragione

Scrivere di un film come Sulla mia pelle, girato da Alessio Cremonini, interpretato da un Alessandro Borghi che toglie il fiato e dedicato alla terrificante vicenda della morte di Stefano Cucchi, avvenuta nell'ottobre del 2009 in seguito all'arresto, è particolarmente difficile, così come non è semplice vederlo. È difficile perché è un film che fa male, malissimo a ogni inquadratura. È perfettamente misurato, non è per niente retorico, non è né innocentista né colpevolista: è solo duro, come è dura la realtà delle storie di questo tipo, purtroppo non limitate a quella di Stefano Cucchi.

Non è facile, ma bisogna farlo. Bisogna dirlo che Cremonini, così come non si ripara e non nasconde nulla dietro a facili inquadrature o colonne sonore strappalacrime, nello stesso modo non risparmia nulla alla realtà e riesce a infilare in 140 minuti di film tutte le sfumature della violenza di cui trasuda questa storia. Bisogna dirlo che Alessandro Borghi è l'interprete perfetto per incarnare nel bene e nel male la fragilità e il dolore del protagonista.

Il ‘caso’ Birkenstock, ovvero come il brutto è diventato cool (e ha sbattuto la porta in faccia a Supreme)




da: https://it.businessinsider.com/ - di Marianna Tognini

Fino a una decina di anni fa, le Birkenstock erano i sandali – brutti – ai piedi dei backpackers che decidevano di intraprendere avventurosi viaggi nel Sud-est asiatico o in Sudamerica. O, peggio, dei turisti tedeschi in visita in Italia che li sfoggiavano senza alcuna remora, magari accoppiandoli al calzino bianco d’ordinanza.
L’alone vagamente punitivo e in un certo senso “monacale” posseduto dalle calzature teutoniche impediva loro di essere prese in considerazione come valida alternativa a qualsiasi altro tipo di sandalo, relegandole alla stregua di un acquisto “da vacanza” o da adoperare tra le mura domestiche. La verità è che le Birkenstock erano – e sono tuttora – comode sì, ma antiestetiche, per nulla slancianti e poco donanti. Averle non costituiva certo un vanto, figuriamoci esibirle.
È notizia recente che Birkenstock abbia rifiutato una collaborazione con Supreme «perché questa sarebbe solo una forma di prostituzione», stando alle parole del Ceo Oliver Reichert. Parafrasato per i non addetti ai lavori, un’azienda produttrice di sandali ortopedici (inutile girarci intorno, la loro anima non è cambiata) sbatte la porta in faccia al brand di streetwear più cool del momento.

Per capire cosa sia successo nell’arco di dieci anni, è tuttavia necessario fare un passo indietro di almeno duecento.

Un letto per il piede

Siamo a Langen-Bergheim, una piccola città vicina a Francoforte sul Meno, dove nel 1774 Johann Adam Birkenstock esercitava la professione di calzolaio. Non è però lui il protagonista

mercoledì 12 settembre 2018

Guido Scorza: Direttiva copyright, un bene o un male? Cosa rischia ora il diritto d’autore in Europa




È finita come era iniziata: il Parlamento europeo ha approvato, a larga maggioranza, la proposta di direttiva di riforma del diritto d’autore nella formulazione – salvo pochi colpi di maquillage – originariamente proposta dal relatore Alex Voss. Nel nuovo diritto d’autore europeo ci sarà un nuovo diritto connesso in forza del quale gli editori di giornali avranno diritto a un “equo compenso” da parte di chi utilizzerà i link ai loro articoli accompagnati da un estratto – ancor che breve – e un doppio giro di vite sui gestori delle piattaforme che pubblicano contenuti degli utenti e che saranno, by default, responsabili per tali contenuti sotto il profilo di eventuali violazioni del diritto d’autore.

È il momento dell’onore delle armi che su un campo di battaglia di un tempo i vincitori riconoscerebbero ai vinti ma che, forse, in questo caso, gli uni dovrebbero tributare agli altri perché, sfortunatamente, l’impressione è che – al di là di quello che ha segnato il tabellone dei voti nell’Europarlamento di Strasburgo – oggi non ci sono né vinti, né vincitori. E, per dirla tutta, è lecito anche dubitare del fatto che la parola “onore” sia associabile al dibattito che si è appena concluso e che di onorevole, almeno a tratti, ha avuto davvero ben poco. Ma indugiare sull’accaduto è poco utile e val la pena, invece, iniziare a guardare a domani con più serenità e obiettività possibile.

L'Europarlamento ha approvato la nuova direttiva sul copyright



Ok della plenaria con 438 si, 226 no e 39 astenuti. Esultano il presidente Tajani e il Pd, Di Maio attacca: "È censura"

Via libera del Parlamento Europeo alla direttiva sui diritti d'autore nel mercato unico digitale. La proposta sul Copyright è stata adottata con 438 voti a favore, 226 contrari e 39 astensioni.

Approvate anche alcune modifiche proposte dal relatore Axel Voss agli articoli 11 e 13 della direttiva, che erano stati contestati in una campagna a favore della libertà di internet. Il via libera della plenaria apre ora la strada ai negoziati con il Consiglio.

Per il presidente dell'Europarlamento, Antonio Tajani, si tratta di "una vittoria per tutti i cittadini" con il quale il Parlamento Europeo "ha scelto di difendere la cultura e la creatività, mettendo fine al far-west digitale". Critica invece l'europarlamentare del Movimento 5 Stelle Isabella Adinolfi, che ha parlato di "pagina nera per la democrazia e la libertà dei cittadini. Con la scusa della riforma del copyright, il Parlamento europeo ha di fatto legalizzato la censura preventiva. È vergognoso! Ha vinto il partito del bavaglio".

venerdì 7 settembre 2018

Citazioni cinematografiche: One Day



Emma:
«Ogni volta che sono andata a letto con qualcuno finivo o per ridere o per piangere. Per una volta vorrei una via di mezzo». 

Citazioni cinematografiche: Sex and the city


Miranda:
«Gli uomini sono come i taxi: quando sono disponibili la loro luce si accende. Un bel giorno si svegliano e decidono che sono pronti a sistemarsi, avere bambini, eccetera eccetera… e accendono la luce. La prima che incontrano, bum, è quella che sposano».