sabato 25 agosto 2018

Sulla Diciotti è morta l’Europa: egoista come Salvini e molto più ottusa di lui




Condivido e sottoscrivo dall’inizio ai “vivissimi complimenti” conclusivi


da: https://www.linkiesta.it/it/

C'era una sola cosa da fare, di fronte al ricatto di Salvini sulla pelle di 150 migranti trattenuti a bordo della nave italiana: cedere, e farsene carico. Il resto d’Europa non l’ha fatto ed è destinata a pagarne le conseguenze: l’Europa Fortezza non ha più alternative politiche
di Francesco Cancellato

Far scendere l’Europa al suo livello: se questo era l’obiettivo politico che Matteo Salvini voleva ottenere, impedendo lo sbarco dei 150 richiedenti asilo raccolti al largo di Lampedusa dalla nave Diciotti, la sua missione può già dirsi compiuta. Perché è questo quel che rimane sul tavolo, dopo la giornata di ieri: che dodici Paesi europei si sono rifiutati di ricollocare sul loro territorio qualche decina di persone, nonostante il trattamento disumano che il ministro degli interni italiano stava riservando loro.

Una scelta scellerata, quella delle cancellerie del Vecchio Continente, che non ha giustificazioni né etiche, né politiche. Etiche, perché se è un’emergenza umanitaria, se le norme sulla protezione internazionale sono state violate dal ministro dell’interno di un Paese membro, non c’è altra strada moralmente accettabile che rispettarle al posto suo. Politiche, perché dimostrarsi tali e quali a Salvini è un’implicita ammissione delle sue ragioni. Delle due, una: se i profughi, anche solo una decina abbondante, sono un enorme problema, allora ha ragione Salvini. Se non lo sono, invece, state giocando sulla loro pelle per mero calcolo politico. E allora siete come lui.

Comunque vada ha vinto lui, ha vinto Salvini. Perché la vicenda della Diciotti - uno scontro istituzionale accuratamente pianificato - è l’inizio della campagna elettorale per le prossime elezioni europee, l’esempio perfetto per

Crollo ponte Morandi: “All’ombra de’ cipressi ovvero lacrime per l’azionista”


da: Il Fatto Quotidiano - di Marco Palombi

Siamo sinceramente colpiti vedendo ogni giorno di che lacrime grondi, e di che sangue, la sofferenza della stampa italiana per l’azionista di Atlantia che potrebbe perdere il capitale per via di quell’incidentuccio di Genova. 
L’azionista piccolo, per carità, ché quelli grossi tipo Benetton, BlackRock o il Fondo sovrano di Singapore manco li nominano. 

Il Messaggero, per dire, piange sui 50mila piccoli risparmiatori “della holding cui capo Autostrade che in caso di ritorno della gestione allo Stato rischierebbero di trovarsi con un pugno di mosche”: tanta gente eh, mica come i “15 mila rimborsati” di Etruria e le altre che, ahinoi, sono in realtà solo una parte degli obbligazionisti mentre i piccoli azionisti sono stati azzerati del tutto ed erano 130mila, cui aggiungere magari i 210mila delle due venete e i 155mila di Mps, che hanno perso miliardi senza avere il bene di una lacrima sui media mainstream

Pure La Repubblica è preoccupata per i piccoli risparmiatori, ma soprattutto per il Sistema Italia: “Le linee di credito di Atlantia

Crollo del ponte Morandi, nel paese reale: 20 anni per non sistemare, 20 minuti per trovare un colpevole






20 anni per (non) sistemare un ponte, 20 minuti per trovare un colpevole: eccolo qua, il problema dell’Italia
Pochi minuti dopo la tragedia del Ponte Morandi di Genova e già era partita la caccia al capro espiatorio. Ma i ritardi e le negligenze del sistema infrastrutturale italiano riguardano tutti, nessuno escluso. E dovremmo fare i conti con questo, non cercare capri espiatori che paghino per tutti
di Francesco Cancellato

Neanche quarantott’ore dalla tragedia del Ponte Morandi di Genova e abbiamo già un colpevole, cui addossare tutta la responsabilità dell’accaduto: si tratta di Autostrade per l’Italia, cui il ministro alle infrastrutture Danilo Toninelli, i vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio e il premier Giuseppe Conte hanno già promesso la revoca della concessione autostradale e una multa da 150 milioni di euro. Così, senza che non sia conclusa, forse nemmeno iniziata, una straccio di indagine, né emesso mezzo avviso di garanzia, perché «ad Autostrade paghiamo i pedaggi più alti d’Europa e loro pagano tasse bassissime», dice Di Maio. Cosa che, ne converrete, non c’entra nulla con quanto accaduto al Ponte Morandi, ma pare faccia guadagnare un sacco di like su Facebook.

E pazienza, pure, che la revoca delle concessioni non arriverà mai, perché a quanto pare Autostrade per l’Italia incasserebbe una penale di venti miliardi di euro, che non abbiamo neanche per sbaglio. L’importante, oggi, era trovare

Genova, crollo ponte Morandi: “Renzi e Grillo i veri colpevoli”



Genova, crollo ponte: Renzi e Grillo sono i veri colpevoli del disastro
Allarmi inascoltati, favolette, accordo Governo-Autostrade... Matteo Renzi e Beppe Grillo sono i veri colpevoli del disastro di Genova
di Ludovico Polastri

Ci voleva una tragedia tutt’altro che casuale come quella successa a Genova per scoperchiare il vaso di pandora che copriva gli interessi lucrosi dei Benetton e non ci voleva certo un gran analista finanziario per capire che i ricavi miliardari della famiglia trevigiana non erano certo quegli straccetti prodotti nei paesi di sviluppo e venduti nei loro negozi ormai in via di estinzione. I veri interessi poggiano su attività tipicamente parassitarie come i pedaggi autostradali e i parcheggi degli aeroporti. La società Atlantia, controllata dai Benetton, ha un fatturato di 6,18 miliardi di euro ed amministra 5.000 km della rete autostradale italiana, oltre ad infrastrutture aeroportuali come quella di Roma. Solo ora ci si accorge che la società, molto abilmente, non ci metteva di tasca propria i soldi per le manutenzioni ma le faceva pagare al contribuente. Lo ha scoperto Giorgio Ragazzi, economista, che su La voce.info spiega in linguaggio tecnico come Autostrade per l’Italia, d’accordo con l’allora governo Renzi (che dovrebbe essere trascinato alla sbarra) avesse raggiunto un singolare accordo economico.

Strage di Genova: Ponte Morandi, progettato male e con problemi di degrado




Ponte Morandi, parla il professore che lanciò l’allarme: «Progettato male e con enormi problemi di degrado»
Parla Antonio Brencich, docente di strutture in cemento armato alla Facoltà di ingegneria di Genova, che due anni fa parlò di «fallimento ingegneristico» e di «ponte da ricostruire»: «Se di ponti di quel tipo ce ne sono tre in tutto il mondo, un motivo ci sarà»
di Francesco Cancellato

«Macché capolavoro, è un fallimento dell’ingegneria». Così, in un’intervista all’emittente televisiva Primo Canale il professor Antonio Brencich, docente di strutture in cemento armato alla Facoltà di ingegneria di Genova, aveva definito il ponte Morandi, il viadotto dell’autostrada A10 che attraversa il torrente Polcevera in direzione dell’aeroporto del capoluogo ligure, crollato improvvisamente nella mattina del 14 agosto 2018, poco prima di mezzogiorno. Quell’intervista, datata 5 maggio 2016 assume oggi le sembianze di una sinistra profezia: «Non dissi niente di sconvolgente, in quell’intervista - dichiara oggi Brencich, contattato telefonicamente da Linkiesta.it -, ma mi limitai a dare argomenti a ciò che a Genova in molti, esperti e profani, sostenevano da tanto tempo: che il ponte Morandi andasse sostituito e ricostruito».

Professore, che effetto le fa veder concretizzato l’allarme che aveva lanciato due anni fa?
Sono ovviamente sgomento e temo ci saranno molti morti. Di sicuro, posso dire