martedì 28 febbraio 2017

E io pago..il sistema bancario italiano: il salvataggio di Etruria e C. lo pagano i clienti



da: Il Fatto Quotidiano

Etruria & C., il costo del salvataggio scaricato sui clienti
Unicredit, Banco Popolare, Ubi e Pop Bari scaricano tutto sui correntisti
di Marco Maroni

Si potrebbe definire un “bail out” camuffato, o una specie di prelievo patrimoniale: le banche italiane, senza far troppo rumore, stanno scaricando sui correntisti il peso degli istituti in crisi salvati. I costi delle crisi bancarie sono andati fuori controllo. E le banche cercano di fare cassa scaricandoli sui clienti.
Il salvataggio delle banche locali di Etruria, Ferrara Marche e Chieti è costato al sistema 3,6 miliardi, quasi altrettanti ne sono stati messi nel fondo Atlante, quello che ha ricapitalizzato le dissestate Popolare di Vicenza e Veneto Banca, ma le cui partecipazioni nei bilanci bancari ora devono essere svalutate perché le due banche venete continuano a perdere. Il risultato è che gli istituti italiani, gravati dal fardello, si rifanno sui clienti. E così i salvataggi, che il governo aveva assicurato sarebbero stati fatti “senza soldi pubblici”, sono fatti anche con i soldi dei clienti bancari che man mano lo stanno scoprendo.

L’ultimo istituto ad aver messo la gabella salva-banche, in ordine di tempo, è stato il gruppo Popolare di Bari. Con una lettera inviata ai clienti della controllata Tercas a fine dicembre, si avvisa che dal primo aprile (anche la data non è delle più azzeccate) le “spese per conteggio interessi e competenze”,

lunedì 27 febbraio 2017

Eutanasia o no: perchè non ho certezze...



Ho scritto questo post nel lontano 22 gennaio 2009, nel momento in cui imperversava il “dibattito” dei Sacconi, dei Quagliarello e del cardinale Poletto sulla morte di Eluana Englaro, sulla decisione del padre di staccare la spina.
Sono passati 8 anni. Nulla è cambiato dal punto di vista legislativo, e non solo, in Italia.
Io la penso come allora. Non ho certezze. Ho le stesse domande di allora. La risposta a certe domande è il presupposto per scrivere una legge sensata in uno Stato laico in cui convivono credenti e non credenti.

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Inizierò con domande che per la Chiesa, Sacconi e altri risulteranno banali e inutili. E’ che non sono dotata come loro, per quanto, ritengo che Dio - nel quale credo - mi abbia dato il dono dell’intelligenza.

Una persona subisce un evento traumatico per effetto del quale viene ricoverato in ospedale in condizioni cosiddette gravi. Ed entra in coma.
I medici non sanno valutare o non si esprimono in merito a quando il malato potrà uscire dallo stato di incoscienza. Ovviamente, non essendo autonomo nè fisicamente nè cerebralmente, viene sottoposto a cure adeguate e alimentato forzatamente per vivere.

Credo che conveniamo tutti sul fatto che vogliamo e ci aspettiamo per il paziente cure appropriate che comprendono anche un sostitutivo dell’alimentazione. Non ci aspettiamo certo che i medici stacchino la spina. Tanto meno per liberare un posto letto.

Non sono un medico. Quindi mi chiedo. Lo stato di coma non provocato farmacologicamente, ma dovuto appunto ad un evento che ha danneggiato il fisico e il cervello di una persona, può essere di entità e sviluppi diversi? E’ in grado la medicina di stabilire se il paziente può risvegliarsi dal coma: come e quando?

sabato 25 febbraio 2017

Rai fiction: dai “Bastardi di Pizzofalcone” a “La Porta Rossa e "Montalbano", mentre Mediaset è “non pervenuta”…



Non è la prima volta che succede, la Rai supera in qualità le fiction di Mediaset, una più scadente dell’altra.

Ma la qualità mostrata nel palinsesto da settembre, quando si apre la cosiddetta fascia di garanzia, la sta mostrando soprattutto su un filone che, a parte Montalbano, non è quello in cui si distingue per originalità del soggetto, tecnica di ripresa.

Dopo aver sbancato con I Medici e aver conseguito risultati ragguardevoli per fiction più in stile Rai Uno (C’era una volta Studio Uno), due serie hanno mostrato di non essere le parenti poveri della serialità americana, fatte salve, ovviamente, le diversità di linguaggio e ambientazione. Mi riferisco a: I bastardi di Pizzofalcone e La Porta Rossa. Quest’ultima non mi faceva presagire granché dato il promo, fortunatamente, per chi l’ha prodotta e per me che ho guardato la prima puntata, sceneggiatura, racconto, cast e regia si sono mostrati molto meglio del promo. Tanto da farmi apprezzare l’onnipresente Lino Guanciale.
Ho visto anche la seconda puntata e non mancherò le altre, tv o streaming,

Il sistema bancario italiano, commissioni calcolate a proprio favore: così Mediolanum ha guadagnato 1,2 MLD



da: http://www.glistatigenerali.com/  - di Andrew Sentance

Ieri, durante la conferenza stampa sui risultati dell’anno 2016, Mediolanum  ha comunicato che le commissioni di performance potranno calare fino al 75% a partire dal 2018, quando cioè saranno applicate le nuove regole per calcolare queste commissioni, dette anche di rendimento o performance fee, che premiano la bravura di un gestore. Con le nuove regole, a parità di rendimento dei fondi, le commissioni incassate dalla banca diminuiranno del 75 per cento. Possiamo leggere questa notizia anche in questo modo: chi oggi investe con Mediolanum paga fino a 4 volte tanto il dovuto su queste commissioni di rendimento. Voglio sottolineare questo: i fondi non cambiano; il rendimento non cambia; cambia solo la metodologia utilizzata per calcolare le commissioni applicate al rendimento. Prima sfruttavano i clienti, ora possono farlo il 75% in meno.

Di cosa si tratta e a quanto ammonta questa differenza? Per un cliente, prima il costo medio di queste commissioni all’anno era intorno al 0,75% ogni anno. Se la commissione scende del 75%, vuole dire che il cliente paga invece 0,19% ogni anno. Quindi, a parità di rendimento per il cliente, prima lo 0,56% del rendimento, ossia 560 euro ogni 100mila euro investiti, finiva nelle casse di Mediolanum, dal 2018 rimarrà nelle tasche del cliente. Sembrano pochi soldi, ma l’effetto a lungo termine è importante.

I taxisti sono il problema, Uber e la codardia politica non sono la soluzione



da: http://www.glistatigenerali.com/ - di Jacopo Tondelli

L’ennesima storia in cui i torti si restituiscono in fretta, e le ragioni invece sono in cerca di autore.

Oggi che i taxi hanno ripreso a circolare – per la soddisfazione di quel 2% di popolazione che ne è fruitore abituale, con un’importante quota di politici e giornalisti tra questi – è forse necessario segnare qualche punto fermo. Riguarda il nostro passato, ben più lungo di ieri e dell’altro ieri, e il nostro futuro che purtroppo non arriverà domani.

I taxisti italiani sono una categoria che per lungo tempo è stata protetta dalla concorrenza, e per molte ragioni “esentata” da controlli e legge. La politica a vari livelli ha accettato, molti anni fa, la nascita di un mercato delle licenze che a monte erano state concesse a titolo gratuito. Alcuni, pochi, ottenevano e ottengono le licenze per “concorso” gratuito dai comuni e poi, però, possono cederle a titolo oneroso ad altri che vogliono subentrare. Aver consentito questo meccanismo, autorizzando la cessione tra privati, è stato uno dei peccati originali diventati insanabili perché oggi i tantissimi taxisti

venerdì 24 febbraio 2017

Luigi Bobba: Il posto dei cattolici, il Partito Democratico / 6



Non fare la fine della moglie di Lot

Bisogna guardarsi bene dal rischio che al nascente partito democratico non accada quello che in un noto racconto della Bibbia toccò alla moglie di Lot, che per essersi voltata indietro dopo la distruzione di Sodoma e Gomorra, venne trasformata in una statua di sale (Gen, 19,26). Voglio dire che non si può immaginare la nascita di una nuova formazione politica avendo lo sguardo rivolto all’indietro, quasi bastasse esporre i ritratti di Sturzo o di Gramsci, di De Gasperi o di Kennedy per trovare la giusta rotta. Le radici sono importanti, ma le res novae che abbiamo di fronte richiedono più libertà di movimento, più visione rispetto al futuro.
Perché il processo costituente sia vero, serve che si crei spazio adeguato a tale prospettiva di novità nell’immaginario politico italiano. Siamo, infatti, dinanzi a qualcosa di inedito, a una terra incognita, a un non-ancora da far nascere insieme, e non a uno spazio disponibile da colonizzare secondo la legge del più forte.
Il partito democratico non può essere neanche il risultato di un dosaggio alchemico, fatto magari col bilancino, perché questo significherebbe farlo nascere in provetta come figlio di un calcolo, e perciò artificiale. Il partito democratico dovrà altresì restare lontano dalla facile tentazione dei prefissi, perché non potrà essere né post-, né anti-, né tanto meno neo- o trans-. Sarà ovviamente pluralista, federativo, riformista, questo sì, sensibile alla presenza delle donne nei ruoli di responsabilità e attento a una soluzione innovativa e dinamica di tre questioni cruciali: l’identità, la cittadinanza e la laicità.
Questioni apparentemente impolitiche ma che si stanno invece rivelando decisive per chi è convinto che la politica sia ancora una delle vie per costruire una «civiltà del convivere». Gli uomini e le donne del XXI secolo – almeno nelle società occidentali – rischiano sempre più di soggiacere  a due derive forti della democrazia: lo strapotere del denaro e l’invasività dei media. Una politica ridotta a contratto, una partecipazione prevalentemente mediatica, un legame sociale di natura meramente funzionale stanno erodendo le basi stesse della democrazia.
Ma come dovrà essere allora questo partito nuovo?
Innanzitutto il partito democratico sarà riformatore. Nel senso di dare risposte originali a problemi nuovi. L’invecchiamento della popolazione, l’affermarsi della società della conoscenza, il diffondersi del lavoro flessibile, la finanziarizzazione dell’economia, i nuovi fenomeni migratori, le minacce ambientali: inutile cercare risposte nelle pur antiche e nobili tradizioni. Serve, invece, intelligenza e fantasia per evitare di limitarsi ad assistere a questi cambiamenti, anziché tentare di governarli.
Il partito democratico sarà pluralista. Non dominato, come appare oggi una buona parte della sinistra, da un’egemonia laicista. […] Il partito democratico assumerà come principio regolativo l’autonomia della società civile organizzata. Chi volesse riproporre vecchi collateralismi, immaginare nuove egemonie o riesumare antiche cinghie di trasmissione, non farebbe altro che rimettere in circolo una strumentazione irrimediabilmente passatista. E’ dalla forza, dalla vitalità e dall’autonomia della società civile organizzata che possono germogliare una nuova cultura civica indispensabile per governare le istituzioni e aprirsi orizzonti non localistici nella tutela e nella difesa delle identità, degli interessi e delle appartenenze. […] Il partito democratico, infine, dovrà farsi carico di costruire quelle istituzioni del futuro che stentano ancora a decollare: un grado superiore di ordinamento internazionale e una politica estera da realizzare in forme non abituali e scontate, ma in una prospettiva europea e aperta al mondo. Se si ha in mente questa stella polare, allora ci si accorge che le attuali famiglie politiche europee sono vascelli inadatti ad affrontare a mare aperto. Non è tanto questione di rinnegare la proprie radici, bensì di scegliere insieme una strada per costruire istituzioni capaci di interpretare la nuova coscienza globale dei cittadini del pianeta e di dare forma politica al principio dell’interdipendenza.
Il partito democratico, insomma, non è dietro l’angolo ma esige il coraggio di mollare gli ormeggi per prendere il largo. 

 

lunedì 20 febbraio 2017

PD, scissi o non scissi…il vero problema è la scissione dall’Italia



da: http://www.glistatigenerali.com/

Il problema non è la scissione tra voi, il problema è la scissione dall’Italia
di Jacopo Tondelli

Va bene, la telenovela è arrivata al punto finale, quello che più o meno tutti ci aspettavamo. Chi doveva andarsene – Michele Emiliano, Roberto Speranza, Enrico Rossi, Massimo D’Alema, Pierluigi Bersani, e  altri – se ne va; chi doveva “tirare dritto” tira dritto. Questo ad adesso, salvo colpi di scena che a questo punto rasenterebbero il paranormale o, più normalmente, la farsa.

Il Pd si troverà in fretta riconsegnato dall’iter congressuale e dalle primarie nelle mani di Matteo Renzi e dei suoi scalmanati supporter. Renzi, a sua volta, sarà apparentemente “padrone” del suo partito, ma certo quando ci sarà da stilare le liste elettorali non potrà dire troppi no a chi è “rimasto con lui”, a cominciare da Dario Franceschini. Chi è uscito adesso dovrà navigare nel mare aperto, ma invero già abbastanza solcato, di partiti, movimenti, cartelli che da tempo si muovono alla sinistra del pd. Per fare cosa, con quali prospettive, con quali compagni di viaggio? La compagnia si restringerà o si allargherà? E ancora, più in generale, quando toccherà a Paolo Gentiloni di dover “stare sereno”?

venerdì 17 febbraio 2017

Luigi Bobba: Il posto dei cattolici / 5



Una bussola per il domani

Una politica capace di ascolto, attenta ai nuovi crinali della questione sociale e con lo sguardo rivolto al futuro non può procedere a tentoni. Ha bisogno di una bussola, di uno strumento di orientamento a cui affidarsi.
Giovanni Paolo II, il 7 gennaio 2005, rivolgendosi al corpo diplomatico riunito nella sala Clementina in Vaticano, indicò i quattro punti cardinali per chi esercita responsabilità pubbliche e riveste ruoli di rappresentanza politica: la vita, la libertà, il pane e la pace. Questi quattro valori chiave dell’agire sociale e politico sono inscindibilmente legati l’uno con l’altro. Non si può scrivere l’uno a dispetto dell’altro perché solo insieme esprimono in modo compiuto la dignità della persona e l’inviolabilità dei diritti di ogni uomo.
La vita: va protetta, tutelata, servita in ogni momento, a ogni latitudine. Non sopporta riduzioni: sia esso allo stato embrionale, nel fiorire della giovinezza o nella fase declinante della vecchiaia. Un unico mistero lo avvolge perché non siamo noi i signori della vita. Non possiamo toglierla a nessuno, nemmeno a noi stessi, non possiamo mai violarla, deturparla, sopprimerla. Ora che le tecnologie consentono di modificarla e forse perfino di clonarla, la vita è sottoposta a nuove sfide.
Poi c’è la libertà. Essa trova fondamento nel fatto che Dio chi ha creati liberi, dotati di ragione come dono per conoscere il mondo e scegliere la nostra condotta. Ecco perché la libertà religiosa è fondamento di ogni libertà. Quando manca la libertà religiosa, sono compromesse anche tutte le altre libertà.

Rod Stewart: Have You Ever Seen The Rain


Rod Stewart: Sailing


mercoledì 15 febbraio 2017

Cosa ci dice il primo scandalo dell’era Trump


da: http://www.internazionale.it/ - di Bernard Guetta, France Inter, Francia

Ci sono due modi di vedere le cose. La prima, più confortante, è pensare che negli Stati Uniti i contropoteri funzionano bene. Grazie ai due principali giornali statunitensi, il Washington Post e il New York Times, i servizi si sicurezza hanno potuto spingere alle dimissioni il più stretto collaboratore di Donald Trump, il consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn, che si era arrogato il diritto di ostacolare la politica estera del suo paese quando il suo capo era solo il presidente eletto mentre Barack Obama era ancora in carica.

Questa prospettiva è tanto più rassicurante se pensiamo che allo stesso tempo una giustizia indipendente ha sospeso l’applicazione del decreto presidenziale con cui Trump voleva vietare l’accesso negli Stati Uniti a persone provviste di visti o permessi di soggiorno in regola, solo perché provenienti da paesi a maggioranza musulmana.

Gli Stati Uniti non sono la Cina né la Russia o la Turchia. Sono un paese dove vige lo stato di diritto e un presidente non può fare come gli pare solo perché eletto dalla maggioranza.

Una vicenda sbalorditiva
Questo è il lato buono, ma c’è anche un rovescio della medaglia,

lunedì 13 febbraio 2017

Banche, arriva alla Camera il decreto sui salvataggi. Restano i paletti morbidi su bonus e azioni di responsabilità



Nella migliore tradizione parlamentare italiana: certi privilegi, certe storture non si toccano. Vanno mantenute.
Ecco quindi che il decreto sui salvataggi delle banche non introduce la decenza. Quella che vorrebbe un ridimensionamento degli stipendi dei manager che guidano istituti aiutati con soldi pubblici, l’introduzione di nuove regole sugli stipendi dei manager, la possibilita per lo Stato di avviare autonomamente azioni di responsabilità nei confronti dei “manager” che hanno portato una banca al dissesto.

Continuate così, che il 40% alle prossime elezioni non lo vedete manco con il telescopio…

da: Il Fatto Quotidiano – di Mauro Del Corno

Il testo si limita a passare la palla, sgonfia, al Tesoro. Nessun obbligo di ridurre gli stipendi dei manager che guidano istituti aiutati con soldi pubblici. E non è passata la mozione ispirata al modello Usa: prevedeva tra l'altro che i premi potessero essere versati solo dopo il recupero dei fondi erogati dallo Stato. Che avrebbe avuto anche il potere di avviare autonomamente l'azione di responsabilità contro i responsabili del dissesto

Fino a venti miliardi di debito pubblico aggiuntivo per salvare banche in difficoltà ma niente, o quasi, per quanto riguarda gli stipendi dei manager degli istituti aiutati dai contribuenti. Su questo punto, un po’ a sorpresa, il decreto “salva risparmio” si limita infatti a passare la palla, sgonfia, al Tesoro. Il testo, che nella serata di lunedì 13 ha avuto il via libera delle commissioni Bilancio e Finanze della Camera senza modifiche rispetto a quanto approvato dal Senato

domenica 12 febbraio 2017

Sanremo 2017, il vincitore non viene da un talent-show: Francesco Gabbani e con lui menzione per Michele Bravi ed Ermal Meta



La prima cosa che ho visto e sentito di Sanremo è il “filotto” di pochi secondi per ognuna delle canzoni. Mi è parso di sentire un unico brano. Non vi era nessuna differenza. Tranne che per uno: Il diario degli errori. Ho recuperato il video perché non avevo intenzione di rimanere sul festival ad aspettare che arrivasse Michele Bravi. I pochi secondi facevano la differenza. L’ascolto intero del brano mi ha confermato l’impressione: è il brano migliore di Sanremo 2017.
Non mi aspettavo che arrivasse quarto. Pensavo finisse in fondo classifica. Evidentemente…il combinato disposto dei voti tra televoto, giuria di qualità, giuria demoscopica, diversamente da ciò che succede in politica, a Sanremo ha funzionato bene.

Fiorella Mannoia è una grande interprete ma ha cantato di meglio nella sua vita. Ha valorizzato un pezzo che cantato da altri avrebbe fatto venire un prolasso uterino
Provate a immaginare questo brano eseguito dalla camionista Brown, detta Emma Marrone…o da altre/i “stucchevoli” e “urlanti”…

Bravo Ermal Meta. La sua interpretazione di Amara terra mia di Modugno è stata intensa e non certo melensa e stucchevole. Il brano “Vietato morire” che ha portato a Sanremo meritava di essere tra i primi.

Se il brano di Michele Bravi è il migliore, nessuno scandalo artistico che a vincere sia stato Francesco Gabbani. “Occidentali’s Karma” è un bel pezzo, brillante, un tormentone ma……..il testo non è banale.

A proposito………….sbaglio o Francesco Gabbani non è passato dai cosiddetti talent show. Sì, perché se non si devono demonizzare, se non

venerdì 10 febbraio 2017

Luigi Bobba: Il posto dei cattolici / 4



Oggi, chi convocare in una nuova moderna agorà che non escluda nessuno e che faccia del dialogo la via indispensabile per promuovere convivialità delle differenze?
Nella nuova agorà, che non è più solo la piazza, ma anche la «grande rete», Internet e la comunità massmediatica, l’attenzione prevalente non potrà essere solo per coloro che sono già inclusi, integrati i cui diritti sono sostanzialmente riconosciuti. La nuova agorà dovrà prima di tutto essere il luogo per dar voce a quelli che non hanno voce, agli ultimi, ai più poveri, ai più indifesi. Tra questi soggetti vi sono sicuramente i giovani, tagliati fuori da una società bloccata e incapace di ricambio generazionale; gli immigrati che, con la loro manodopera, rinvigoriscono l’economia del nostro paese; gli embrioni, la vita nascente, sacrificati sull’altare di mille interessi; gli anziani abbandonati nella solitudine e in istituti disumani; le donne ancora scarsamente riconosciute nelle loro potenzialità. Ma vi è anche una nuova categoria di esclusi: tutti coloro che non sono connessi, che non hanno accesso alle nuove tecnologie perché non se le possono permettere, o perché non hanno una sufficiente alfabetizzazione informatica. Questo nuovo tipo di esclusione, il cosiddetto digital divide, è una forma sottile e pericolosa di emarginazione che rischia di spaccare il mondo tra chi viaggia alla velocità dell’informazione telematica e chi è completamente tagliato fuori dalla nuova società dell’informazione e da tutti i vantaggi che questa porta con sé.

Antonello Venditti: Unica

giovedì 9 febbraio 2017

La lettera di Michele: si è ucciso a trent’anni stanco del precariato e di una vita fatta di rifiuti



da: http://messaggeroveneto.gelocal.it/udine

La denuncia dei genitori: "Nostro figlio ucciso dal precariato, il suo grido simile ad altri che migliaia di giovani probabilmente pensano ogni giorno di fronte a una realtà che distrugge i sogni". Michele ha scritto: "Non posso passare il tempo a cercare di sopravvivere". Ecco il suo scritto-denuncia di Michele

Con questa lettera un trentenne friulano ha detto addio alla vita. Si è ucciso stanco del precariato professionale e accusa chi ha tradito la sua generazione, lasciandola senza prospettive. La lettera viene pubblicata per volontà dei genitori, perché questa denuncia non cada nel vuoto: «Di Michele - dice la madre - ricorderemo il suo gesto di ribellione estrema e il suo grido, simile ad altri che migliaia di altri giovani probabilmente pensano ogni giorno di fronte ad una realtà che distrugge i sogni»

* * *

di MICHELE
Ho vissuto (male) per trent’anni, qualcuno dirà che è troppo poco. Quel qualcuno non è in grado di stabilire quali sono i limiti di sopportazione, perché sono soggettivi, non oggettivi.
Ho cercato di essere una brava persona, ho commessi molti errori, ho fatto molti tentativi, ho cercato di darmi un senso e uno scopo usando le mie risorse, di fare del malessere un’arte.

Riuso invece di consumo: quando avremo una legge da paese europeo?



da: http://www.glistatigenerali.com/ -di Francesca Mandelli

Viviamo negli anni della moda del vintage, affolliamo i mercatini hipster di tutta Europa per accaparrarci l’occhiale anni sessanta e la vecchia lampada che fa tanto radical chic, ma non rinunciamo all’ultima versione dell’Iphone sbarazzandoci di quello comprato sei mesi prima, perché lo troviamo già obsoleto o perché ripararlo se necessario ci costa troppo.

Secondo Legambiente, in Italia produciamo 800 mila tonnellate di rifiuti elettronici ogni anno, spesso peraltro smaltiti illegalmente. L’associazione ci racconta che solo nel 2012 almeno la metà dei televisori sostituiti funzionava correttamente.

Ma combattere la “cultura di consumo usa e getta”, a favore di un’economia sostenibile basata sul riuso, si può?

Negli Stati Uniti il dibattito sull’industria delle riparazioni e del ridimensionamento collettivo dei consumi ha coinvolto e continua a coinvolgere

lunedì 6 febbraio 2017

"Cose da fuori di zucca, ovvero i 5 Stelle spiegati al popolo (il Pd non rida)"



da: http://www.glistatigenerali.com/ - di Michele Fusco

Quando sono nati i Cinque Stelle, ormai un po’ di anni fa, ognuno ha fatto i conti con un nuovo compagno di viaggio. Un compagno di viaggio che non aveva una storia e questa era la vera, grande, eccitazione. Quando conosci una ragazza e non sai assolutamente nulla di lei – nulla del suo passato, del suo presente, nulla delle sue amicizie, né tanto meno di una possibile famiglia – quell’elemento misterioso è un moltiplicatore di interesse. Cerchi di capire, scrutare nella profondità dell’animo, cerchi un po’ di verità nella rete con quelle poche briciole di informazione che sei riuscito faticosamente a raccogliere. Se neppure la Rete, ultimo baluardo di conoscenza, ti restituisce una lama di luce, a quel punto te la fai bastare così.

Non avere una storia (passata) diventa l’unico codice di appartenenza, una fascinazione coatta da cui non riuscirai più a staccarti. Avrai rinunciato definitivamente a sapere, abbracciando il suo mistero e considerandolo ormai parte di te. Non ricondurrai più niente all’ordine logico degli eventi, dei sentimenti, dei rapporti sociali. A quel punto le sue azioni diverranno un nuovo ordine logico, il «suo» ordine logico, naturalmente distante, se non opposto, al più convenzionale ordine degli umani che ritroveresti abitualmente in una

venerdì 3 febbraio 2017

Luigi Bobba: Il posto dei cattolici / 3



Agorà. La mediazione tra pubblico e privato

La democrazia ha bisogno di principi e valori condivisi. Ha bisogno di trovare il proprio fondamento su una concezione comune del bene. Non vi è democrazia che non abbia un’idea del bene da raggiungere. Vi sono sicuramente dei principi irrinunciabili per la democrazia, pena il suo stesso venir meno. Ciò che fonda la democrazia, infatti, non è tanto un comune senso della giustizia, quanto piuttosto una concezione comune del bene. Questo è il vero momento fondativo dello Stato. Allora è possibile una comunità formata solo da persone che la pensano allo stesso modo? Una comunità politica formata da un popolo che ha le stesse tradizioni e la stessa cultura? No, non è questa la sfida che ci attende. Il compito della politica è di creare luoghi in cui le differenze possano essere ricondotte a unità. La sfida è quindi il dialogo, è la ricerca di ciò che ci unisce e, al tempo stesso, il confronto sereno rispetto alle diversità che ci contraddistinguono.
Ma come dialogare, come trovare una sintesi? Che questo sia il tema centrale della politica dei prossimi anni lo si capisce sfogliando un qualsiasi quotidiano. L’Occidente troverà pace e futuro nella misura in cui saprà dialogare con il mondo islamico. Il nostro Paese ritroverà il proprio slancio nel momento in cui

Cinquant’anni dalla morte di Luigi Tenco: rimangono e rimarranno sempre le sue canzoni



Se mi dicessero che devo assolutamente scegliere uno, uno solo tra gli artisti che preferisco, che amo in assoluto, non ho dubbi: scelgo Luigi Tenco. Un genio, un immortale. Luigi Tenco è fuori gara. E’ fuori competizione. Discende in linea diretta da Dio.
Non riesco a immaginare la mia vita senza le canzoni di Luigi Tenco.


  
da: http://espresso.repubblica.it/

Quella rivoluzione chiamata Luigi Tenco
Fascinoso, anticonformista, ombroso. Ma anche ironico e traboccante di creatività, capace di sfidare la morale con canzoni che facevano pensare. Cinquant'anni fa, il 27 gennaio 1967, il cantautore pose fine alla sua vita con un colpo di pistola. Lasciando però una grande eredità alla nostra canzone
di Alberto Dentice 

Se non fosse mai andato al festival di Sanremo, oggi Luigi Tenco avrebbe 78 anni, la stessa età di Celentano e chissà, forse sarebbe anche lui un insopportabile gigione. Invece, il 27 gennaio del 1967, 50 anni fa, con un colpo di pistola Tenco pose fine alla sua vita tormentata assicurandosi un posto nel paradiso dei “forever young”, accanto a Janis Joplin, Jimi Hendrix, Jim Morrison, Kurt Cobain e altre leggende del rock morte giovani e preservate perciò dagli acciacchi del tempo e dell’età. Che si sia trattato di suicido, di un fatale incidente come capitò a Johnny Ace (leggenda del R&B fulminato nel 1954 da un colpo partito per sbaglio mentre giocava con la sua pistola) o di omicidio eseguito su commissione di oscuri mandanti come quello di Pier Paolo Pasolini, il dibattito è ancora aperto.

Una mole impressionante di libri e di inchieste giornalistiche ne hanno

Luigi Tenco: Mi sono innamorato di te

Luigi Tenco: Lontano, lontano

Luigi Tenco: Un giorno dopo l’altro

Luigi Tenco: Averti tra le braccia

Luigi Tenco: Ho capito che ti amo

Luigi Tenco: Vedrai, vedrai


Luigi Tenco: Ragazzo mio

mercoledì 1 febbraio 2017

Paolo Bonolis, Music: ultima serata, c’è Noemi


da: http://tvzap.kataweb.it/

Music, terza serata con Loredana Bertè e Noemi

Giunge al termine la prima edizione di Music, lo show-evento di Paolo Bonolis in onda mercoledì 1 febbraio alle 21.10 su Canale5. Sul palco dello Studio 5 di Cinecittà il conduttore incontra per la prima volta Tony Hadley, Loredana Bertè, Arturo Brachetti e Noemi, pronti a raccontare il legame con la musica della loro vita.

Per questa terza puntata tornano grandi ospiti con nuove esibizioni, come Elisa, Manuel Agnelli e The Kolors che interpretano My Sharona. Tutto rigorosamente dal vivo e con l’accompagnamento dell’orchestra composta da 64 musicisti e diretta dal Maestro Diego Basso. Il gran finale di Music è anche l’occasione per rivivere i momenti più entusiasmanti delle esibizioni di John Travolta, Simon Le Bon, Anastacia, Fedez e J-Ax, Gerard Depardieu arricchite con immagini di backstage. E ancora, una nuova sigla di apertura vede Luca Laurenti interpretare That’s Life e dare il via a quest’ultima serata ricca di momenti di grande comicità con il padrone di casa Paolo Bonolis. Nel backstage dello show,