domenica 31 gennaio 2021

L’Arabia Saudita di Matteo: Quanto costa davvero il lavoro nel “rinascimento” di Renzi

 


da: Domani - di Maso Notarianni

A lavorare in Arabia Saudita sono soprattutto gli stranieri, che entrano nel paese con uno sponsor. Peggio ancora la condizione delle donne, esposte agli abusi psicologici, fisici e sessuali dei “padroni”

Matteo Renzi invdia il costo del lavoro di quella che ha definito «la culla del rinascimento del nuovo  millennio». Ma se nel rinascimento italiano le condizioni dei lavoratori non erano particolarmente allegre, in Arabia Saudita le condizioni della stragrande maggioranza dei lavoratori assomiglia molto allo schiavismo. Sarebbe bastato aprire la pagina di Wikipedia per evitare una figuraccia come quella dell’ex sindaco di Firenze: «L’Arabia Saudita è uno di quegli stati in cui le corti continuano a imporre punizioni corporali, inclusa l’amputazione delle mani e dei piedi per i ladri e la fustigazione per alcuni crimini come la cattiva condotta sessuale (omosessualità) e l’ubriachezza, lo spaccio o il gioco d’azzardo. Il numero di frustate non è chiaramente previsto dalla legge e varia a discrezione del giudice, da alcune dozzine a parecchie migliaia, inflitte generalmente lungo un periodo di settimane o di mesi. L’Arabia Saudita è anche uno dei paesi in cui si applica la pena di morte, incluse le esecuzioni pubbliche effettuate  tramite decapitazione».  Un bel rinascimento, non c’è che dire.

I lavoratori stranieri

Il 76 per cento circa della forza lavoro impiegata in Arabia Saudita è composto da

Per paura delle elezioni anticipate Pd e M5s si consegnano a Renzi

 


da: Domani - di Daniela Preziosi

Il risultato del primo giorno di “esplorazioni” da parte del presidente della Camera Fico è che i due partiti della maggioranza stanno cedendo alle pressioni di Italia viva che ora pretende un contratto di governo

«Noi siamo pronti a fare la nostra parte su un documento scritto che tolga a tutti gli alibi». Dopo un’ora e dieci di confronto con il presidente della Camera, Roberto Fico, Matteo Renzi si gode la sua posizione di vantaggio. Dice di essere d’accordo con l’idea di «cronoprogramma» che qualche ora prima aveva chiesto il collega M5s, Vito Crimi. Si toglie il gusto di sottolineare di «non aver fatto nomi», che vuol dire di non aver detto sì all’incarico per Giuseppe Conte. E infine replica al segretario Pd Nicola Zingaretti, che un’ora prima aveva fatto appello alla «lealtà». «Lealtà», dice Renzi, «è dire in privato quello che si dice in pubblico», allusione velenosa a come è iniziata la crisi. Renzi ha sempre sostenuto che il Pd era d’accordo con lui.

Il primo giro di “esplorazioni” è iniziato ieri con M5s, Pd, Iv e Leu. Per ora Renzi si gode la convinzione che tutto giri a suo favore. Crimi, parlando ai cronisti della sala della Regina della Camera – pochi, le misure anti Covid sono stringenti – chiede di «accantonare definitivamente alcuni temi provocatori, utilizzati a volte in maniera strumentale per essere

Renzi e le conferenze in Arabia Dai sauditi 80mila dollari

 

 

Renzi e le conferenze in Arabia Dai sauditi 80mila dollari

da: Domani - di Emiliano Fittipaldi

A causa delle improvvise dimissioni di Conte, il capo di Iv è stato costretto a tornare in fretta e furia da Riad In medio oriente siede nel board dell’FII Institute, che organizza eventi con il sostegno della famiglia reale

Matteo Renzi sperava che Giuseppe Conte non si dimettesse subito. O meglio, confidava che l'avvocato del popolo salisse sì al Quirinale per aprire ufficialmente la crisi, ma non prima di qualche giorno. Il senatore semplice di Scandicci, infatti, questa settimana aveva da fare. All'estero, in Medio Oriente. Più precisamente, in Arabia Saudita.

«Sto tutta la settimana fuori per cose importanti, torno solo al volo se bisogna votare la relazione sulla giustizia di Alfonso Bonafede», aveva infatti chiarito ai suoi fedelissimi tre giorni fa, prima di imbarcarsi su un aereo destinazione Riad, dove è atterrato sabato scorso.

Il programma prevedeva che Renzi presenziasse a una conferenza organizzata dall'FII Institute, un organismo controllato dal fondo sovrano saudita, il Sau di public investment Fund (Pif). Un meeting sul tema degli investimenti innovativi necessari al mondo  post-Covid  19,  previsto  per domani e dopodomani, 27 e il 28 gennaio. Appuntamento a cui Renzi doveva partecipare in presenza perché da qualche me se non è più un semplice conferenziere, ma siede – ha scoperto Domani – in uno degli advisory board (sorta di comitato consultivo) dell'ente di Stato.

Da Gualtieri a Speranza: il Colle blinda sei ministri

 


da: Il Fatto Quotidiano - di Gianluca Roselli

Tocca ora alle forze politiche che il presidente incaricato Roberto Fico sta “esplorando” dimostrare la reale volontà di continuare la legislatura con la stessa maggioranza che ha governato nell’ultimo anno e mezzo, più deputati e senatori che si sono da poco aggiunti. Come ha spiegato Sergio Mattarella nella sua apparizione di venerdì sera, prima di convocare Fico al Quirinale. Ma alle forze di quella maggioranza, nelle 32 ore di consultazioni, il capo dello Stato si è anche raccomandato, se si dovesse continuare, di garantire una continuità in certe caselle di governo. Nello specifico, in quelle posizioni che stanno lavorando sul fronte dell’emergenza economica e sanitaria. Ovvero, quei ministeri che sono in prima linea nell’affrontare la crisi economica e che saranno direttamente coinvolti nella messa a punto prima, e nell’utilizzo poi, del Recovery Plan. Ma anche quei dicasteri protagonisti sul fronte dell’emergenza sanitaria.

E dunque Economia, Interno, Esteri, Difesa, Affari europei e Sanità sono le caselle su cui sarà focalizzata l’attenzione del capo dello Stato. E su cui Mattarella, se dovesse andare avanti la maggioranza giallorosa, con un Conte-ter o altro, porrà estrema attenzione. “Non si cambiano i generali durante la guerra”, si fa sapere con un’eloquente im magine dal Quirinale. E i generali che Mattarella vorrebbe continuare a vedere al loro posto sono Roberto Gualtieri, Luciana Lamorgese, Luigi Di Maio, Lorenzo Guerini ed Enzo Amendola , sulla trincea della battaglia economica, e Rober to Speranza sul fronte di quella sanitaria.

Scende in campo pure Confindustria: vuole Conte fuori

 


da: Il Fatto Quotidiano - di Carlo Foggia

Gli industriali italiani non hanno mai fatto un discorso su se stessi, ma per se stessi. E la crisi del governo Conte-2 non fa eccezione. La Confindustria vuole l’uscita del premier, epilogo di un rapporto mai decollato – a partire dal suo presidente, Carlo Bonomi – e non per feeling personale. Conta la sostanza, un problema, per così dire, di sistema. La crisi da Covid è la peggiore dal Dopoguerra, ma il governo giallorosa non ha potuto, o voluto, assecondare fino in fondo la visione miope di Viale dell’Astronomia: le imprese sono l’economia e hanno la precedenza. 

Da giorni i papaveri confindustriali hanno alzato il tiro. Ieri è toccato al presidente degli industriali lombardi, Marco Bonometti, grande sponsor di Bonomi e noto per i modi ruvidi mostrati durante la prima ondata quando si è battuto contro la zona rossa a Bergamo.Conte – ha detto a La Stampa – si cerchi una nuova occupazione”. L’industriale bergamasco ha sciorinato il repertorio classico: il solito “fare presto” a spendere i fondi del Recovery; l’invocazione del “governo dei competenti”, che poi sarebbe Mario Draghi (“farebbe la differenza”); l’elogio di Matteo Renzi (“ha posto il tema del Recovery, andava ascoltato prima”); e la classica richiesta di finirla con il blocco dei licenziamenti, con invito a Salvini a dare una mano.

Bonometti non è un “professionista” confindustriale, ma riporta la linea dell’associazione espressa qualche giorno fa al Consiglio generale dove, pare, le critiche a Conte e al governo sono state unanimi.

Confindustria vuole contare nella gestione dei 209 miliardi del Recovery fund.

mercoledì 27 gennaio 2021

Altro governo con Renzi? Avrebbe vita breve…a meno che…

 


Matteo Renzi è, rimane, rimarrà inaffidabile. E’ un egocentrico. Un accentratore che dà lezioni agli altri. E’ uno Sfascita che crede di essere il migliore di tutti. Non solo di Conte.

Se Renzi rientrasse in una maggioranza rifarà cadere il governo nel giro di pochi mesi. A meno che….

….Conte non gli dia le poltrone che dichiara di non volere ma che vuole più dell’aria che respira. Non solo. Conte dovrebbe consentirgli di spartire - di far spartire alle sue lobbies - la torta del recovery fund.

Luca Telese: Italia Morta Riad, l’imbarazzo di Renzi a spasso per il mondo in piena pandemia dopo aver fatto cadere il Governo

 

Mi chiedo..ma che consulenza può mai dare Matteo Renzi a istituzioni internazionali?

Ah…si...ci sono….Come si sfasciano i governi.

Beh…giusto pagarlo bene. Si tratta di una consulenza specialistica. Nessuno meglio di lui può tenere consulenze di questo genere


da: https://www.tpi.it/

 


Da Italia viva a Italia Riad. In America gli ex presidenti fanno conferenze a pagamento e giocano molto a golf. Ma non è un caso che lo facciano dopo la fine del loro mandato (dedicarsi alle conferenze, non al golf) perché è evidente a tutti, soprattutto ai custodi della democrazia e alla stampa americana, che nell’impegno retribuito per un leader c’è un potenziale conflitto di interessi, grande come una casa.

Un principio così semplice, evidentemente, non è chiaro a Matteo Renzi, che non è certo un “ex” – ma come è noto un senatore in carica, che opera in una commissione del Senato come tutti gli altri, che incide sul percorso legislativo – e che è un leader di partito influente (come stiamo vedendo) addirittura sulle sorti di un governo.

Un rappresentante che deve avere indipendenza di giudizio non può essere retribuito, direttamente o indirettamente, da istituzioni legate a Stati stranieri. E persino sulle relazioni non retribuite è obbligato a fare chiarezza su tutto quello che guadagna e come lo fa. In nessun paese del mondo un leader o un eletto possono avere potenziali conflitti di interessi, e lo sa bene Gerhard Schröder, che in Germania fu allontanato bruscamente da qualsiasi ruolo (anche solo onorifico) nella Spd, e che vide il suo ex partito prendere clamorosamente le distanze da lui, quando iniziò ad entrare in relazioni professionali con il colosso del gas russo Gazprom.

lunedì 25 gennaio 2021

Conti all’estero, polizze e scudi fiscali: tutti i segreti di casa Fontana

 

 


da: https://www.editorialedomani.it/ - di Emiliano Fittipaldi e Giovanni Tizian

Dopo lo scandalo del conto in Svizzera del governatore lombardo, l’antiriciclaggio indaga anche sui suoi familiari. Al microscopio gli affari della moglie, del cognato e della suocera. «Soggetti collegati a persona politicamente esposta». La Dama, spa a cui il leghista girò 250mila euro, ha nascosto milioni di euro in Svizzera, in Estonia e Curacao

Il conto svizzero da 5 milioni di euro di Attilio Fontana, ereditato dalla madre e scudato nel 2015, non è l’unico mistero finanziario del governatore finito sotto la lente dei detective. E il presidente della regione Lombardia non è nemmeno il solo componente della sua famiglia finito nelle maglie dell’antiriciclaggio. Dopo la sua iscrizione nel registro degli indagati per una presunta frode in pubbliche forniture, gli investigatori della procura di Milano e l’autorità di informazione finanziaria di Bankitalia hanno acceso un faro su altre operazioni riferibili alla moglie Roberta Dini, al cognato Andrea e alla signora Marzia Martinego Cesaresco, madre dei Dini e suocera di Fontana.

Gli inquirenti hanno cominciato ad indagare sui movimenti di vari conti correnti detenuti sia in Italia che all’estero proprio perché «riconducibili a soggetti collegati a persona politicamente esposta (il presidente della regione Lombardia) recentemente indagata per concorso in turbata libertà del procedimento di scelta del contraente e frode in pubbliche forniture». I documenti insieme ad altre segnalazioni di istituti  bancari  sui parenti del governatore sono stati mandati ai magistrati inquirenti che stanno indagando sui rapporti tra la  Dama, azienda dei Dini, il presidente e la centrale acquisti della regione Lombardia, che aveva firmato un contratto con la ditta di maglieria da oltre mezzo milione per l’acquisto di camici e materiale anti Covid.

La scomparsa di Giulio Regeni, cinque anni fa

 


da: https://www.ilpost.it

Il ricercatore italiano scomparve al Cairo, in Egitto, il 25 gennaio del 2016: il suo corpo, con i segni di innumerevoli torture, venne trovato nove giorni dopo, il 3 febbraio

Il 25 gennaio del 2016 Giulio Regeni, un ricercatore italiano di 28 anni dell’università di Cambridge, scomparve mentre stava lavorando al Cairo, in Egitto, a una tesi di dottorato sui sindacati del paese. Il suo corpo, con i segni di innumerevoli torture, venne trovato nove giorni dopo, il 3 febbraio, abbandonato al lato di una strada. Pochi giorni fa la procura di Roma, dopo una lunga inchiesta, ha chiesto il rinvio a giudizio per quattro persone, appartenenti ai servizi di sicurezza egiziani, con l’accusa di aver sequestrato, torturato e ucciso Regeni.

Da parte sua, però, l’Egitto ha deciso di non collaborare con le autorità italiane, conducendo un processo autonomo. A differenza dell’Italia, l’Egitto non processerà i rapitori e gli assassini di Regeni, che giudica «ignoti», ma chi rubò i suoi effetti personali, e quindi l’accusa nei loro confronti sarà semplicemente di furto. Secondo questa tesi a rubare gli effetti personali di Regeni sarebbe stata una presunta banda di truffatori che aggrediva cittadini stranieri, fingendo di appartenere alla polizia egiziana con documenti contraffatti. La procura di Roma ha giudicato questa ricostruzione «priva di ogni attendibilità».

domenica 24 gennaio 2021

Keepers, l’app per salvare gli adolescenti dalle trappole del web

 


da: https://www.famigliacristiana.it/ - di Maria Elefante

L’app è stata menzionata in un’indagine conoscitiva sul bullismo e cyberbullismo curata dall’ufficio di segreteria della Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza commissionata dalla XVIII Legislatura. «Sarebbe stato in grado di avvisare i genitori della bambina di Palermo che ha partecipato alla Black Out Challenge», dice Aviad Meshel, CEO e co-fondatore di Keepers

“Attenzione, suo figlio ha effettuato una conversazione potenzialmente pericolosa”. Sul display dello smartphone di mamma e papà compare solo parzialmente la conversazione sostenuta dal loro figlio. Solo qualche parola, quanto basta però per riuscire ad evitare tragedie come quelle di Palermo. L’app ‘salvavita’ arriva da Tel Aviv, si chiama Keepers e aiuta e tutela i piccoli utenti della rete a navigare in maniera sicura.

“Quel ‘gioco di resistenza’ poteva essere interrotto dall’app grazie alle segnalazioni sottoposte all’attenzione dei genitori - fa sapere fa sapere Hanan Lipskin, co-fondatore di Keepers - L’app avrebbe riconosciuto le parole pericolose tra cui le stesse ‘Black Out Challenge’, scarfing (soffocare) e hanging (sospeso, appeso) sia in italiano che in lingua originale lanciando un allarme sullo smartphone collegato”. Li chiamano “nativi digitali”

Lombardia, ritorno a scuola: Atm potenzia corse e trasporti


La domanda sorge spontanea: perché questo potenziamento dei trasporti non è iniziato a settembre?


tratto da: https://milano.corriere.it/

Milano zona arancione, Atm potenzia corse e trasporti. Ecco il piano mobilità: nuovi orari per gli uffici



Corse extra e navette. Definito prima di Natale, era rimasto congelato dai continui cambiamenti determinati dalla scala dei colori del decreto anti-Covid e dal percorso giudiziario davanti al Tar

Il prefetto, Renato Saccone, detta la linea: «Si riparte lunedì. Non si può concedere altro tempo». Il risultato è che scatta una corsa contro il tempo. Perché il sistema scuola/trasporti fondato su scaglionamento degli orari e potenziamento dei mezzi, già pronto, ma che prima di Natale aveva una decina di giorni per la messa in atto, a questo punto dovrà partire in 48 ore. In Foro Buonaparte ingegneri e direttori operazioni Atm si attivano per stringere i tempi il più possibile. Ci sono turni da riorganizzare. Contratti con i privati tenuti in stand-by da far partire.

Il piano straordinario di potenziamento dei trasporti prevede: 1.200 corse aggiuntive su tutta la rete, tra cui le oltre 800 dedicate agli studenti e 60 bus navetta per 32 istituti più frequentati; incremento nell’uso dei bus turistici su ulteriori 5 linee (in aggiunta alle 8 linee già partite) in affidamento a operatori privati (una scelta che permette di «liberare» mezzi Atm per potenziare 18 linee urbane e suburbane «a elevata frequentazione»). In più, servizio riprogrammato su alcune «linee di forza», con 180 corse al giorno in più, e 8 treni aggiuntivi in metrò nelle ore di punta.

Covid: da oggi Lombardia in arancione. Sala: 'La Regione mostri dati sull'Rt'



da: https://www.ansa.it/

Ira di commercianti e dei presidenti delle due regioni

La Lombardia da oggi torna arancione, dopo essere stata una settimana rossa per errore. Ed è su quell'errore che si è consumato lo scontro politico e non solo, con i commercianti che ora minacciano una class action per i danni immotivati che hanno subito. Il nodo è: di chi è la colpa se la Regione il 16 gennaio, pieno periodo di saldi, è finita in zona rossa anche se non doveva? Errore nei numeri della Regione o nel calcolo della Cabina di regia e del Ministero? Nell'ordinanza firmata per riportare la Lombardia in zona arancione, il ministro della Salute Roberto Speranza ha messo nero su bianco che la decisione è stata presa sulla base dei dati "rettificati" dalla Lombardia.

Il governatore Attilio Fontana ha invece ribadito che il Pirellone non ha "mai sbagliato a dare i dati e non li ha mai rettificati", ha solo valorizzato alcuni dati "su richiesta dell'Istituto Superiore di Sanità".

E anzi, ha annunciato che il ricorso presentato nei giorni scorsi contro la zona rossa al Tar del Lazio andrà avanti, con l'impugnazione anche dell'ultima ordinanza di Speranza e dei verbali del Cts e della cabina di regia in cui si parla di una rettifica.

Takagi & Ketra feat. Marco Mengoni, Frah Quintale: Venere e Marte

 

venerdì 22 gennaio 2021

Max Weber: Vivere “per” la politica, vivere “di” politica

 

 da “La politica come professione” - gennaio 1919

 

Ci sono due modi per fare della politica la propria professione.

Si vive “per” la politica oppure “di” politica. Le due alternative non si escludono affatto l’una con l’altra. Al contrario, accade di regola che si facciano – per lo meno idealmente, ma per lo più anche materialmente - entrambe le cose: chi vive “ per” la politica costruisce in senso interiore “tutta la propria esistenza intorno a essa”: egli gode del puro possesso della potenza che esercita, oppure alimenta il proprio equilibrio interiore e il proprio sentimento di sé con la coscienza di dare un senso alla propria vita per il fatto di servire una “causa”. In questo senso interiore ogni uomo serio che vive per una causa vive anche di questa causa. La differenza riguarda anche un aspetto assai più concreto della questione: quello economico. “Della” politica come professione vive colui che cerca i trarre da essa una fonte durevole di guadagno; “per” la politica, invece, colui per il quale ciò non accade. Affinché qualcuno possa vivere “per“ la politica in questo senso economico, devono darsi, nel quadro di un ordinamento fondato sulla proprietà privata, alcuni presupposti, se volete assai banali: egli dev’essere, in condizioni normali, economicamente indipendente rispetto ai proventi che la politica può procurargli. Ciò significa, assai semplicemente, che egli deve essere facoltoso o trovarsi in una condizione personale che gli procuri sufficienti entrate. Cosi stanno le cose per lo meno in condizioni normali. Certo, il seguito di un condottiero in guerra, cosi come quello di un eroe rivoluzionario della piazza, è assai poco interessato alle condizioni di una economia normale. Entrambi vivono di bottino, di rapina, di confische, di tributi, dell’imposizione di mezzi

Massimo Fini: Il “boyscout di Rignano” ci fa rivalutare persino B.

 


Giorgia Meloni è a sua volta una professionista della politica, non può fare l’”anima bella” solo quando ad accalappiare parlamentari col retino da farfalle sono i suoi avversari e starsene muta, sorda e cieca, come la scimmietta del proverbio giapponese, quando a far lo stesso sono i suoi amici”.

da: Il Fatto quotidiano

Temo che il boyscout di Rignano riuscirà a farci rivalutare anche Silvio Berlusconi, a cui peraltro, col suo comportamento irresponsabile, ha già fornito un bell’assist, visto che Forza Italia nei sondaggi è data adesso al 10,6%, cioè in doppia cifra, livello cui era lontana da anni. Il boyscout, poiché è nato a Firenze, crede di essere una specie di erede di Machiavelli, ma per astuzia è un nano nei confronti del milanese Berlusconi. L’ex Cavaliere, che negli ultimi decenni è stato l’uomo più divisivo d’Italia, ha capito benissimo che in epoca di pandemia è bene assumere un atteggiamento conciliante, da “padre della patria”, non per il bene del “mio paese”, come soleva dire un tempo, come se fosse solo il suo, ma per il proprio tornaconto personale e per poter coltivare con l’aiuto di Matteo Salvini e Giorgia Meloni, il suo sogno di diventare Presidente della Repubblica.

Quando scende sul terreno politico bevendo, a suo dire, “l’amaro calice”, che in realtà si rivelerà amarissimo per gli Italiani, Berlusconi ha 58 anni. Qualcosa nella sua vita ha combinato. Ha fondato l’Edilnord e costruito Milano Due. Mi diceva Marcello Di Tondo, mio ex collega alla Pirelli, che è stato il suo braccio destro nella prima fase dell’ascesa

Il rilancio di Conte: chi è Benassi, il nuovo sottosegretario ai Servizi

 


da: https://www.huffingtonpost.it/ - di Angela Mauro

Distante dalle diatribe tra partiti, l'ex ambasciatore è l'ispiratore delle svolte europeiste di 'Giuseppi'. Uno che conosce i dossier. E infatti la chiacchiera politica su di lui si zittisce

La distanza che accuratamente coltiva con la politica è siderale. E forse proprio per questo Piero Benassi è diventato uomo di fiducia di Giuseppe Conte, il premier che da due anni e mezzo è punto di equilibrio tra le forze politiche in Parlamento: dalla destra, quando governava con M5s e Lega, alla sinistra, ora che governa con M5s e Pd. Non è un caso che sulla sua persona non si sia scatenata la solita rissa politica, ora che è stato nominato sottosegretario alla presidenza del Consiglio con la delicata delega ai servizi che finora Conte si è tenuto per sé e che è stata uno dei motivi scatenanti della crisi di governo aperta da Matteo Renzi.

Benassi è il contropiede di Conte rispetto alle accuse dei tifosi della crisi. Sessantadue anni, romano e soprattutto romanista, alle spalle una carriera diplomatica che lo ha visto partire dal dipartimento affari economici della Farnesina, tappa a Cuba e Varsavia e poi ambasciatore a Tunisi negli anni delle ‘primavere arabe’ (2009-2013), capo di gabinetto di Emma Bonino quando era ministro degli Esteri del governo Letta, ambasciatore a Berlino dal 2014 al 2018. Benassi è anche la carta europeista che Conte lascia planare sul tavolo per rafforzare la sua immagine rispetto ai partner Ue: più che una carta, un vero e proprio poker.

L’ennesima sconfitta di Matteo Renzi, vittima di sé stesso e dei suoi fan

 


  

da: https://www.glistatigenerali.com/ - di Fabio Salamida

C’era una volta Matteo Renzi il “rottamatore”, l’astro nascente della politica italiana che in jeans e maniche di camicia aveva sgominato i grigi perdenti della “vecchia ditta” e lanciato una nuova generazione di arrembanti pronti a guidare il Paese per almeno un ventennio. “Con Renzi si vince” dicevano in tanti, ma era solo una bella favola destinata a durare il (poco) tempo necessario a far capire ai più che dietro il clima ovattato delle convention alla vecchia stazione Leopolda c’era un giovane uomo strappato ai riflettori delle tv commerciali, qualche discreto sponsor e poca, pochissima, politica.

E dire che tutto era partito col piede giusto: il personaggio c’era, l’entusiasmo di una sinistra stanca di perdere c’era, la voglia di “nuovo” tipica dell’italiano medio c’era, l’agenzia di comunicazione di grido c’era, lo spazio politico lasciato colpevolmente libero da altri c’era ed era un’immensa prateria. Matteo Renzi è stato abilissimo – almeno in un primo momento – a sparigliare le carte e a destabilizzare il precario equilibrio su cui reggeva la sua area politica di riferimento e parte di quella avversa, ma tutti i suoi sforzi sono stati vanificati dal suo più grande nemico: Matteo Renzi.

Sì perché il senatore di Rignano sull’Arno va immaginato come qualcosa di doppio: l’uomo alle prese con le difficoltà del vivere quotidiano e dietro di lui un gigantesco fantasma composto di puro ego, un fantasma simile a quello a forma di omino della pubblicità dei Marshmallow in quell’indimenticabile finale del Ghostbusters del 1984. Nei momenti più importanti, Matteo Renzi “asfalta” Matteo Renzi, per usare una terminologia a lui

giovedì 21 gennaio 2021

Vaccini anti covid-19: “A noi costi e rischi all’azienda i profitti Ecco l’accordo Ue”

 


da: Domani - di Francesca De Benedetti

La Commissione concede sprazzi di trasparenza sui contratti con BigPharma Ecco cosa c’è in quello con CureVac, il primo a essere reso pubblico in attesa di quello Pfizer

Le pressioni dell’opinione pubblica sono ormai troppo forti, tra le polemiche sui ritardi di Pfizer con i vaccini e gli europarlamentari infuriati per la mancanza di trasparenza sui contratti stipulati dalla Commissione con Big Pharma. Così Bruxelles lancia  qualche  briciola di informazione. La commissaria alla Salute ha annunciato che Pfizer ha «dato l’ok» per  rendere  pubblico  il  contratto, salvo fare poi un mezzo passo indietro: «Speriamo, che arrivi l’ok». Il premio di consolazione è intanto la pubblicazione del contratto con l’azienda CureVac, che ha dato disponibilità a desegretarlo e il cui vaccino a mRna attende l’approvazione dell’Ema. Prima è stato reso visibile agli europarlamentari, ora è libero per tutti, sempre decurtato di molte parti salienti.

A noi costi e rischi

Sia Bruxelles sia gli stati membri finanziano gli investimen ti di Big Pharma per sviluppo, produzione, vendita e fornitura   anticipate   del   vaccino.  Quanto non è dato sapere: questo tipo di informazioni, così come il prezzo del vaccino CureVac, è occultato (ma il governo belga ha spifferato che sono dieci euro a dose). Oltre ai soldi spesi per arrivare ad avere un vaccino, noi europei ci assumiamo pure i rischi: caso mai il farmaco sia giudicato da Ema inefficace o con effetti collaterali, gli stati si faranno carico dei rischi finanziari. I governi sono responsabili pure in fase di

Piero Ignazi: Pochi ma buoni, per il governo la crisi può anche essere un’opportunità

 


da: Domani

I numeri sono fondamentali per insediare o confermare un governo. E questi Giuseppe Conte li ha ottenuti. Quindi può legittimamente continuare a operare. Ogni altra considerazione su questo punto può venire solo da analfabeti delle regole e del funzionamento dei regimi parlamentari. Inoltre va ricordato agli smemorati che un governo della caratura intellettuale e morale come quello presieduto dal futuro presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi (1993) non godeva della maggioranza assoluta. E lo stesso valeva per un esecutivo non proprio debole come il D’Alema 2 (1999) che cadde solo per una decisione solipsistica e autolesionista dello stesso Massimo D’Alema.

Conte può quindi andare avanti. Ma in che direzione? Un conto i numeri, un conto la politica e le politiche. Pur con una maggioranza sul filo, il governo è oggi più compatto. Non opera più con il freno tirato perché non deve più guardarsi dai continui distinguo avanzati dai renziani doc. La compattezza guadagnata va però messa a frutto, non dilapidata con gli allargamenti al centro di cui si vocifera. Uno slabbramento dei confini della coalizione rischia di mettere in mora l’opera di formazione e convincimento che i democratici hanno intrapreso nei confronti dei pentastellati. Un lavorìo paziente ma che sta dando i suoi frutti: basta guardare alle loro metamorfosi sul terreno della politica internazionale, con una piena adesione al progetto europeo. Se si pensa dove li stava portando il traino salviniano, il cambio di direzione è netto e salutare.

Marco Travaglio: Ho visto cose…

 

 

da: Il Fatto Quotidiano

Quelli che “Renzi guarda al Pd: magari si convincono a scaricare Conte” (Corriere) e invece il Pd scarica lui.

Quelli che arriva il governo Draghi, anzi Cottarelli, anzi Cartabia, anzi Franceschini, anzi Di Maio, anzi Guerini (tutti i giornali) e invece niente, un’altra volta.

Quelli che invocano costruttori (Conte e i giallorosa) e si ritrovano in casa i muratori.

Quelli che “il governo di scopo anche col centrodestra”, anzi “di unità nazionale” (Francesco Verderami, Corriere), e vabbè.

Quelli che “un governo di scopo con un altro premier” (Pisapippa) e nessuno se li fila.

Quelli che “Rosato e Boschi ministri”, “Boschi alla Difesa” (Corriere), “Boschi, rientro quasi certo” (Messaggero) e ne avessero azzeccata una.

Quelli che “Giuseppi si illude di restare, ma lo scontro è su di lui” (Minzolingua), “Sul Conte sventola bandiera bianca” (Verità), “Conte fa testamento”, “Conte al capolinea”, “Ciaone Conte” (Giornale), e ciaone a loro.

mercoledì 20 gennaio 2021

La teoria di Moratti presa sul serio. Sacrificare i poveri per salvare i ricchi

 


da: https://www.editorialedomani.it/ - di Giorgio Meletti

La nuova assessora al Welfare della Lombardia Letizia Moratti ha chiesto al commissario Domenico Arcuri che nella distribuzione delle dosi di vaccino alle regioni si tenga conto non solo del numero degli abitanti, ma anche del prodotto interno lordo (Pil).

Il ministro della Salute Roberto Speranza l’ha presa alla lettera e si è arrabbiato: «La salute è un bene pubblico fondamentale garantito dalla Costituzione. Non un privilegio di chi ha di più». Ma Moratti – ex ministra della Pubblica istruzione, ex sindaco di Milano, ex presidente della Rai ed ex presidente della banca Ubi, nonché vedova di uno degli uomini più ricchi d’Italia – non ha solo detto la più odiosa delle stupidaggini. Ha anche manifestato la più selvaggia idea di società che sia capitato di sentire in questi tempi grami. Parafrasando il leggendario detto del ministro della Polizia francese Joseph Fouché (1759-1820), quella di Moratti è peggio di una sciocchezza, è un errore. Infatti l’assessora, per rimediare alla figuraccia del lunedì, ha escogitato la spiegazione del martedì, argomentando che non si tratta di privilegiare i più ricchi ma di salvaguardare il «motore d’Italia». Se si permette al Covid di fermare per troppo tempo l’economia lombarda, dice, «questo penalizzerebbe tutta l’Italia». Purtroppo per lei questo è semplicemente falso.

Sacrificare l’uguaglianza

Jacopo Tondelli: Ma davvero ne valeva la pena?

 


Ottimo articolo, che condivido e sottoscrivo

 

 

da: https://www.glistatigenerali.com/



Alla fine di questo casino – che è poi l’ennesimo inizio, o passaggio di mezzo -, la domanda sorge spontanea: ma davvero ne valeva la pena? Valeva la pena che la politica italiana – trainata dal senatore Renzi: pressochè irrilevante nel paese, e dotato di un enorme potere di interdizione in parlamento – si impiccasse a questo spettacolo indegno?

Valeva la pena che ripetendo come il mantra “si può fare politica anche durante la pandemia” si finisse col ridicolizzare la politica, proprio nel mezzo di una pandemia?

No, vi diciamo subito come si risponde alla domanda: non ne valeva la pena. Non valeva la pena di raccontare che erano decisivi i contenuti, quando proprio la traiettoria della crisi ha dimostrato che sui contenuti – anche per amor di potere – c’era amplissima disponibilità a trattare e a cedere, ad ogni livello. Se insomma si voleva migliorare il recovery plan, si poteva fare – e lo si è fatto – usando le armi anche aspre della politica. Se davvero si voleva convincere Conte a una gestione meno accentrata, evidentemente bastavano il bastone e la carota. Se si voleva migliorare la squadra di governo, si poteva combattere per quello. Una battaglia aperta che forse avrebbe portato frutti, o forse no, chissà. Ma l’esito di queste partite farebbe dire che sì, si poteva provarci.

Oppure il piano, se c’era, era un altro fin dall’inizio, e quelle sui contenuti erano tutte balle. Il piano era quello di far saltare questo governo per portarne uno