lunedì 25 gennaio 2021

Conti all’estero, polizze e scudi fiscali: tutti i segreti di casa Fontana

 

 


da: https://www.editorialedomani.it/ - di Emiliano Fittipaldi e Giovanni Tizian

Dopo lo scandalo del conto in Svizzera del governatore lombardo, l’antiriciclaggio indaga anche sui suoi familiari. Al microscopio gli affari della moglie, del cognato e della suocera. «Soggetti collegati a persona politicamente esposta». La Dama, spa a cui il leghista girò 250mila euro, ha nascosto milioni di euro in Svizzera, in Estonia e Curacao

Il conto svizzero da 5 milioni di euro di Attilio Fontana, ereditato dalla madre e scudato nel 2015, non è l’unico mistero finanziario del governatore finito sotto la lente dei detective. E il presidente della regione Lombardia non è nemmeno il solo componente della sua famiglia finito nelle maglie dell’antiriciclaggio. Dopo la sua iscrizione nel registro degli indagati per una presunta frode in pubbliche forniture, gli investigatori della procura di Milano e l’autorità di informazione finanziaria di Bankitalia hanno acceso un faro su altre operazioni riferibili alla moglie Roberta Dini, al cognato Andrea e alla signora Marzia Martinego Cesaresco, madre dei Dini e suocera di Fontana.

Gli inquirenti hanno cominciato ad indagare sui movimenti di vari conti correnti detenuti sia in Italia che all’estero proprio perché «riconducibili a soggetti collegati a persona politicamente esposta (il presidente della regione Lombardia) recentemente indagata per concorso in turbata libertà del procedimento di scelta del contraente e frode in pubbliche forniture». I documenti insieme ad altre segnalazioni di istituti  bancari  sui parenti del governatore sono stati mandati ai magistrati inquirenti che stanno indagando sui rapporti tra la  Dama, azienda dei Dini, il presidente e la centrale acquisti della regione Lombardia, che aveva firmato un contratto con la ditta di maglieria da oltre mezzo milione per l’acquisto di camici e materiale anti Covid.

Al netto della rilevanza penale, tutta ancora da dimostrare, i documenti svelano che oltre al governatore, titolare di un conto in Svizzera con circa 5 milioni di euro fatti rientrare in Italia attraverso lo scudo fiscale, anche  la  sua  consorte possiede conti correnti nel paese elvetico, oltre a società immobiliari oggi in liquidazione che hanno accumulato negli anni debiti fino a 20 milioni. Inoltre le carte raccontano che nel 2015 anche i due suoceri di Fontana hanno usato la voluntary disclosure per far rientrare  capitali  nascosti  in Estonia, Svizzera e a Curaçao, nelle Antille olandesi «in violazione degli obblighi di dichiarazione dei redditi e di monitoraggio fiscale». Milioni di euro legati proprio alle attività della Dama, la società del caso camici e oggi controllata dalla seconda generazione, dopo la morte del capostipite Paolo Dini.

Il presidente indagato

Per  comprendere  i  motivi dell’interesse  investigativo  di  queste movimentazioni finanziarie bisogna partire dal principio.

Fontana è indagato dallo scorso luglio (in concorso con il cognato) per la strana vicenda della vendita da parte della Dama di 75mila camici e altre attrezzature anti Covid alla regione Lombardia. La società è specializzata in maglieria, e controlla  il noto marchio  Paul&Shark. L’affare vale 513mi la euro che, forse per  evitare  uno  scandalo, si sono trasformati  in una donazione.  Fontana,  infatti,  saltata   l’operazione   e prima che la vicenda di venisse pubblica, a maggio scorso aveva disposto un bonifico da  250mila euro alla  stessa Dama spa. Un pagamento che avrebbe voluto fare dal suo conto personale svizzero, gestito da una fiduciaria. Il bonifico però è stato bloccato e segnalato dall’antiriciclaggio. Se il governatore ha spiegato di aver voluto anche lui fare beneficenza insieme al cognato, i maligni temono invece che la mossa sia stata un modo maldestro per rifondere l’azienda dei parenti dal mancato guadagno.

Si vedrà che risposte daranno le indagini. Tuttavia è certo che seguendo all’inverso il percorso del bonifico del leghista, la Uif arriva prima all’Unione fiduciaria, società mandataria di cui il governatore è cliente, poi a un conto in Svizzera in una filiale dell’Ubs, rapporto su cui cinque anni fa il fedelissimo di Matteo Salvini scudò, attraverso una regolare voluntary disclosure, oltre 5,3 milioni di euro.

Un tesoro di cui l’opinione pubblica lombarda non sapeva nulla. «Un’eredità di mia mamma», disse Fontana. «Evasione fiscale? Ma figuriamoci, lei era super fifona». La dentista Maria Giovanna Brunella aveva trasferito a partire dal 1997 i soldi all’estero, prima in Svizzera poi alle Bahamas. Sul deposito milionario peraltro il figlio leghista era l’unico delegato ad operare: cioè poteva disporre e ordinare operazioni.  «Un’iniziativa  dei  genitori in cui Fontana non ha avuto alcun ruolo», è la difesa dell’entourage  del  presidente. All’epoca dell’apertura del primo conto Fontana aveva iniziato la sua carriera politica da sindaco di Induno Olona e la madre di Fontana aveva 74 anni. Sull’origine di quella provvista l’inchiesta in corso sta cercando di decifrare il mistero.

Tra Tallinn e le Antille

Alle  indagini finanziarie su Fontana, si aggiungono ora quelle sulla famiglia della moglie. In primis, dalle relazioni dell’Agenzia delle entrate si scopre che anche i suoceri di Fontana (Paolo Dini, il patron della Dama deceduto due anni fa, e la moglie Marzia Cesaresco), detenevano milioni di euro su conti esteri. Capitali «sorti in relazione ad attività d’impresa», si legge nelle note di accompagnamento alla domanda di condono, «svolte in Italia dalla Dama spa, società operante nel settore degli articoli di maglieria», oggi  guidata dai figli. «L’istante Paolo Dini ha detenuto attività finanziarie all’estero in violazione degli  obblighi di dichiarazione dei redditi e di monitoraggio fiscale», si evidenzia. Tradotto: l’allora amministratore dell’azienda tanto cara a Fontana ha redatto infedeli dichiarazioni e nascosto all’estero più di sei milioni di euro. Evadendo tra Iva e Irpef centinaia di migliaia di euro di tasse.

Le relazioni mandate dai suoceri di Dini agli uffici dell’erario sono dettagliate, e permettono di ricostruire la galassia estera delle attività del capostipite e dell’azienda da cui la regione Lombardia voleva acquistare i camici sanitari. Il primo rapporto finanziario segnato nelle carte è un conto all’Ubs di Lugano, controllato tramite una società (la Uranus Corporation) con sede a Curaçao nelle Antille olandesi. Conto su cui aveva diritto di firma anche la Veco Trust Sa, di cui Dini ammette di essere «unico beneficiario economico».

C’è poi un secondo conto, sempre nella stessa filiale, cointestato con la moglie. Su cui arrivano negli anni bonifici a cinque zeri, tra cui 200mila euro «derivante dalla compravendita di un  immobile avvenuta nel 2013», oltre a denaro dalla Dama spa, di altre società estere. Circa 668 mila euro «si riferiscono» invece «alla restituzione di un debito da parte del figlio dell’istante Andrea Dini», le cui attività finanziarie e patrimoniali sono tra l’altro «oggetto» si legge «della relativa procedura».

Un  terzo  conto  era  all’Ubs  di  Chiasso. Due i cointestatari: Paolo  Dini  e  Davide  Bizzi,  classe  1962,  definito  nel  documento  «ex socio» del patron della Dama. Ma chi è Bizzi? Si tratta del celebre immobiliarista che recentemente  ha  investito  (per  poi vendere le quote dell’affare) nello sviluppo dell’area ex Acciaierie Falck di Sesto San Giovanni e  che  recentemente ha messo 20 milioni di euro nella ristrutturazione del porto di Rapallo, danneggiato dalle mareggiate.

Bizzi  ha anche una passione per la carta stampata (qualcuno sussurra da tempo che voglia mettere le mani sul Foglio) e  quest’estate  attraverso una cordata si era perfino proposto in Vaticano per comprare il celebre palazzo di Londra al centro dello scandalo che ha travolto la Santa sede. Un affare che era poi era saltato per la contrarietà del segretario di Stato, Pietro Parolin. A Milano gli addetti ai lavori sanno da sempre che Dini e Bizzi sono stati soci in affari per molti anni: attraverso la loro Bi&Di Real Estate il duo aveva investito nel mattone proprio a Sesto San Giovanni, ma anche a Cuba, in Brasile, New York ed Estonia.

Ecco: proprio nel paese baltico Dini teneva la partecipazione azionaria più rilevante tra quelle indicate nella relazione della voluntary disclosure. Quella cioè della Diest Est, società le cui quote sono valutate 6,2 milioni di euro. Soldi che erano stati trasferiti a Tallinn nel 2009, quando  l’industriale  dei  maglioni  aveva usato una società fiduciaria, la Melior Trust, per comprare le azioni della stessa Diest.

I conti svizzeri della moglie

Quando due anni fa Paolo è deceduto, ogni suo bene è stato ereditato dai figli e dalla moglie. La Dama oggi è controllata per il 90 per cento dal figlio Andrea, per il 10 per cento dalla moglie di Fontana. La  Uif  ha  analizzato, anche su  richiesta degli inquirenti, i conti di Roberta Dini, della Dama e della madre proprio quando l’azienda è finita nell’inchiesta dei camici. L’obiettivo è capire e evidenziare eventuali connessioni finanziarie tra i soggetti protagonisti della vicenda.

La relazione dell’antiriciclaggio segnala un primo bonifico del dicembre 2019, tre mesi prima dell’inizio della pandemia, quando la moglie di Fontana incassa su un  conto italiano di Unicredit 600mila euro dalla Kairos Partners di Milano. Una società di gestione del risparmio controllata da un gruppo svizzero di proprietà di Julius Baer, celebre anche perché fondata dal finanziere Guido Maria Brera, l’autore del romanzo I Diavoli diventato una serie tv sul lato oscuro della finanza. La metà dei soldi incassati, 300mila euro, vengono girati due settimane dopo a una azienda registrata con il nome 30 Giugno, con causale «delegazione di pagamento per acquisto immobile».

Di chi è la 30 Giugno? Secondo i dati della Camera di commercio, si tratta di una società controllata sempre dalla moglie di Fontana, e amministrata da lei a partire dal 3 febbraio del 2020 (prima il ruolo era in mano al padre Paolo,  deceduto nel  2019). Gli investigatori di Bankitalia segnalano che la 30 Giugno è specializzata nella compravendita immobiliare, ma pure che è in «liquidazione volontaria dal 2013». In effetti altri documenti evidenziano  che  nel  2016, dopo la bocciatura di una prima domanda di concordato preventivo, Roberta Dini ha ottenuto dal tribunale competente l’autorizzazione a un accordo per la ristrutturazione  dei debiti. Debiti che nel 2018 erano arrivati a superare la bellezza di 20 milioni di euro, ridotti sensibilmente nei due anni successivi attraverso la cessione di gran parte degli immobili e di cespiti della società ai vari creditori.

Sullo stesso conto corrente, poi, lo scorso luglio la consorte del presidente ha effettuato un giroconto da 354mila euro partiti da un conto Unicredit denominato in franchi svizzeri: la  provvista, segnala l’antiriciclaggio, è stata poi usata per acquistare titoli. Investimenti e disinvestimenti – fino a prova contraria del tutto leciti  che Dini «esegue spesso a stretto giro con operazioni di segno opposto».

I sospetti e i relativi alert segnalati dai detective che stanno setacciando i conti – le relazioni sono state inviate in procura a Milano con l’analisi di tutti i movimenti sospetti si accendono non solo perché Roberta Dini  è  la  moglie  di  Fontana,  quindi  «soggetto  collegato  al  presidente della Regione», ma pure perché queste operazioni si discosterebbero, «per importo, dalla pregressa movimenta zione del rapporto, circostanza che trova conferma dall’analisi dell’estratto conto acquisito in sede di approfondimento». La routine del conto, infatti, prevedeva entrate e uscite che «vanno da poche decine a qualche migliaio di euro, per lo più ascrivibili al pagamento di utenze, utilizzi di carta di credito, prelievi da Atm, accrediti di dividenti e compensi manageriali, disposizioni e assegni da e verso soggetti terzi». Per la cronaca, Dini aveva ottenuto dalla Kairos  Partners un altro bonifico da 200mila euro qualche mese prima, a maggio del 2019. Quasi la metà della somma è servita, tre giorni dopo, a pagare per una consulenza Mario Michele Nascimbene, che – non si trattasse di omonimia – risulta  essere il  titolare della Nascimbene&Partners, studio legale “boutique” sotto la Madonnina.

Ci sono altre tre operazioni che hanno alimentato sospetti tra chi indaga. In primis alcuni movimenti da centinaia di migliaia di euro tra il conto di Roberta Dini e quello di un’altra società da lei controllata, la Immobiliare Borgodimilano. Quest’ultima ha in pancia, secondo i dati catastali, quasi un intero palazzo (negozi compresi) della centralissima via Borgospesso, nel pieno quadrilatero della moda milanese,  e un grande ufficio appartamento a piazza San Babila.  Nel  medesimo  dossier gli investigatori segnalano pure un movimento da sei milioni di euro che a ottobre 2019 partono da un conto svizzero con la causale “girofondi” per essere  accreditati su un conto italiano intestato alla Dama spa. Altri 5,6  milioni  arrivano,  sempre  dalla Svizzera (stavolta la causa le è “chiusura relazione”), direttamente alla Diva spa, la holding del gruppo di famiglia in mano al fratello della moglie di Fontana, Andrea Dini, che controlla – attraverso un trustee, l’Unione Fiduciaria spa di Milano il restante 90 per cento della Dama. Anche Fontana usa la stessa fiduciaria per gestire i milioni ereditati dalla madre. Alla stessa fiduciaria si era rivolto il presidente per far partire il bonifico da 250mila euro destinato all’azienda dei Dini, Roberta e Andrea. Un’azienda di famiglia.

Polizza milionaria

Le notizie dell’avvio delle indagini della procura di  Milano rimbalzate su tutti i giornali hanno allarmato anche  altre  banche in cui la famiglia del governatore  ha  conti e investimenti. Così qualche tempo fa, dopo l’iscrizione nel registro de gli indagati del governatore in seguito alla faccenda dei 75mila camici ordinati dalla regione dalla Dama, Credit Suisse Life & Pension Ag, sede legale a Milano, ha scritto all’autorità antiriciclaggio  segnalando  un’altra  operazione sospetta. In questo caso la protagonista è la suocera di Fontana, un tempo anche lei titolare di quote e cariche nella holding Diva e nella Borgodimilano.

Secondo  la  segnalazione,  nel  2020, l’anziana suocera di Fontana – che come altri membri di famiglia vanta un rapporto con la solita Unione fiduciaria spa – ha sottoscritto una polizza assicurativa da un milione di euro. Unica beneficiaria: la figlia Roberta nonché moglie del presidente. I soldi per la provvista provengono ancora una volta da un conto corrente svizzero. «La polizza diventava efficace in data 27 luglio 2020», si legge nel rapporto dell’istituto elvetico.  «La  scrivente»,  cioè  Credit  Suisse Life & Pension «non è in grado di escludere eventuali col legamenti tra la fattispecie penalmente rilevante oggetto  dell’indagine (su Fontana, ndr) e la movimentazione posta in essere».

In realtà il primo modulo di proposta della polizza milionaria è stato firmato molto prima della pandemia e dell’affare delle mascherine, ed è dunque assai probabile che con i fatti analizzati dai magistrati della procura meneghina non ci siano connessioni dirette. «Nel gennaio 2020 la presente società (Credit Suisse L&P, ndr) ha avuto contatti con la signora Cesaresco per la sottoscrizione di una polizza assicurativa» aggiunge  infatti la società: «In data 9 gennaio Cesaresco, titolare di un rapporto con la Unione fiduciaria spa, sottoscriveva  insieme  a  quest’ultima il modulo di proposta, designando unica beneficiaria la figlia Roberta Dini. La signora Cesaresco incaricava poi la fiduciaria  di  prelevare per  suo conto dal conto corrente (svizzero, ndr) di  Credit  Suisse  Ag  l’importo di un milione di euro e bonificarlo sul conto (italiano, ndr) intestato alla Life & Pension con transito sul conto omnibus della fiduciaria al fine di effettuare il pagamento del premio di polizza. Il denaro perveniva alla scrivente compagnia con data 17 luglio 2020. Nelle medesime settimane venivano rese note dalla stampa notizie pregiudizievoli  nei confronti  di Attilio Fontana, marito della beneficiaria».

I sospetti sono tutti da accertare. Ma, al di là della polizza, è possibile che Fontana non sapesse che conti e capitali di parenti e dell’azienda a cui ha versato 250 mila euro (e con cui la regione Lombardia ha tentato di acquistare camici senza bandire alcuna gara) fossero stati nascosti per anni all’estero? Abbiamo chiesto un commento via mail al governatore in merito alle notizie sopra riportate. Ci ha risposto il suo avvocato Jacopo Pensa. «Mi chiedo a quale titolo e con quale finalità rivolgiate al presidente  Fontana domande  su circostanze prive di qualsiasi interesse pubblico, attinenti esclusivamente alla sfera professionale  e  patrimoniale  di sua moglie e della di lei famiglia. Senza chiedervi nemmeno se la moglie o i suoi congiunti avessero intenzione di mantenere riserbo su tali operazioni, che voi assumete essere avvenute,  anche nei confronti dello stesso Fontana. In realtà siete voi che avete dato imprudentemente notizie al presidente, riservatissime e prive del benché minimo interesse pubblico». L’interesse pubblico in questo caso appare rilevante, visto che a indagare è sia l’antiriciclaggio sia la procura di Milano. Fontana ha un ruolo pubblico, e aveva peraltro già omesso di dire ai cittadini lombardi che aveva avuto in passato a che fare con scudi fiscali e conti all’estero. L’attenzione mediatica e investigativa verso la Dama e i suoi proprietari, infine, si accende a causa delle operazioni dello stesso Fontana: senza quel “regalo” da 250mila euro alla spa di famiglia, forse la vicenda dei camici e dei bonifici dalla Svizzera non sarebbe mai diventata di dominio pubblico.

Il documento sul bonifico per i camici anti Covid-19

Il governatore della Lombardia Attilio Fontana ha accesso a un conto in Svizzera fin dall'inizio della sua carriera politica, nel 1997: lo ha aperto la madre, all’epoca 74enne dentista in pensione, ma lui aveva la procura per fare operazioni. Era fine luglio quando Domani ha rivelato l’esistenza di un conto preesistente a quello del 2005 poi scudato. Infatti nel 2005 i soldi sul conto svizzero vengono spostati e schermati con una società alle Bahamas: la madre di Fontana viene indicata come beneficiaria, lui eredita tutto alla morte della signora nel 2015 e poi regolarizza le somme con uno scudo fiscale. Il conto a quel punto resta nella banca elvetica ma viene gestito, così decide il presidente, da una società fiduciaria. Fontana tenta di usare questo conto per sistemare l’affare camici con l’azienda del cognato e della moglie.

Fontana, infatti, il 19 maggio, aveva ordinato un bonifico di 250 mila euro dal conto svizzero destinato alla società di “famiglia”. Nella disposizione del pagamento, recita una nota interna della Unione fiduciaria, Fontana ha scritto: «Si tratta di fornitura di presidi medici prodotti da Dama spa a favore di Aria spa, società di regione Lombardia. Il versamento copre il pagamento di tale fornitura». E come causale ha riportato: «Acconto per fornitura camici...per ordine e conto di Attilio Fontana». Era tutto pronto per far partire il bonifico, mancava solo un documento. Ma il governatore ci ha ripensato: «Per ora sospenda tutto», ha scritto al funzionario della fiduciaria sulla chat di WhatsApp, come rivelato da Domani a luglio.

Nessun commento:

Posta un commento