martedì 12 gennaio 2021

I ristoranti italiani dichiarano guerra ai big del delivery: “Non pagano le tasse e con le commissioni ci soffocano”

 


da: https://it.businessinsider.com/ - di Giuliano Balestreri

“Serve un regolamentazione del servizio di delivery delle multinazionali. E serve subito, altrimenti il settore della ristorazione finirà in ginocchio”.

Enzo Ferrieri, fondatore e di Cioccolatitaliani e presidente di Ubri, l’unione dei brand della Ristorazione Italiana, lancia una dura accusa nei confronti di Deliveroo, Glovo e Uber e punta il dito contro l’immobilismo del governo “in un momento storico di transizione. Se vogliamo che le aziende virtuose crescano e aumentino l’occupazione dobbiamo accompagnarle. E l’unico modo per farlo è attraverso una regolamentazione del mercato, perché oggi il modello imposto dai delivery non è più sostenibile. Per loro come per noi”.

Ubri conta circa 50 associati, ma solo gli 11 fondatori – da Bowls&More a Macha, da Bun a Lievità fino a Pescaria e Panino Giusto, per citarne alcuni – fatturano oltre 200 milioni di euro l’anno in 400 locali con 3.300 dipendenti. Le loro, sono storie di imprenditori che si sono messi in gioco per costruire catene e brand della ristorazione made in Italy capaci di competere a testa alti con i marchi delle multinazionali, ma ora rischiano di rimanere schiacciati dalla crisi e dall’insostenibilità di un modello di business interamente basato sul delivery.

“Fino a quando le consegne valevano il 20% dei nostri ricavi potevamo permetterci di sostenere i costi imposti dalle piattaforme: era un investimento in comunicazione, ma anche un modo per stare vicino ai nostri clienti. Ora – spiega Ferrieri – il contesto è radicalmente cambiato, il delivery rappresenta il 100% del nostro fatturato e i suoi costi continuano a crescere”.

Al punto che in piena pandemia il peso delle commissioni versate a Deliveroo&Co è arrivato al 50% del fatturato complessivo: sommando il costo del lavoro, le materie prime e gli ammortamenti, la marginalità per gli imprenditori è di fatto negativa o quasi. “Con la beffa che i nostri soldi finiscono nella casse di società multinazionali che non pagano le tasse in Italia che applicano contratti a cottimo che nessuno di noi si è mai sognato di proporre a nostri dipendenti e per di più operano in un mercato non regolamentato. Se qualcuno si chiedesse perché nessuno in Italia abbiamo mai provato a costruire una piattaforma di delivery le risposta sarebbe semplicissima: non è un modello di business sostenibile, se si rispettano tutte le regole. Per questo chiediamo da mesi l’apertura di un tavolo di lavoro, ma la politica è sorda a qualunque richiesta”.

Una situazione kafkiana anche perché con i locali chiusi a tempo indeterminato le piattaforme di delivery sono l’unica carta nel mazzo degli imprenditori per restare a galla. E i big del settore ne approfittano: sia con la vendita delle posizioni all’interno delle loro piattaforme (più paghi, più appari in alto, ndr); sia con la richiesta di sconti agli esercenti per attirare più utenti possibili sulla propria piattaforma a discapito di quella concorrente; sia con l’aumento progressivo delle commissioni che possono variare con una decisione unilaterale. A dimostrazione di quando l’argomento sia caldo, Ferrieri cita il caso degli Stati Uniti dove “da San Francisco a Los Angeles fino a New York è stato imposto un tetto per tutta la durata della pandemia alle commissioni che gli esercenti devono riconoscere ai delivery. Ma anche nel mondo del retail i saldi sono regolamentati, da noi invece, gli sconti sono quasi imposti in continuazione. Ovviamente puoi decidere di non aderire, ma così scivoli in fondo all’elenco dei locali. A prescindere da quante recensioni positive tu abbia e da quante volte tu sia cliccato. Questo è un gioco al massacro”.

L’obiettivo di Ubri è trovare un’intesa tra le parti in gioco che passi dal tetto alle commissioni al taglio delle imposte sulle stesse o anche a una regolamentazione delle attività promozionali, come succede per i saldi. “Raggiungere un punto di equilibrio – chiosa l’imprenditore – è nell’interesse di tutti, ma serve l’intervento del governo senza il quale il settore della ristorazione rischia di perdere un’occasione d’oro”.

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