lunedì 17 settembre 2018

L’equità sociale del M5S: aumento pensioni minime e nulla alle pensioni (dei lavoratori) ferme da troppi anni


Una persona ha lavorato per molti anni. Non i venti anni dei baby pensionati. Diciamo: almeno 35 anni.
E’ in pensione da un certo numero di anni. La pensione non è aumentata. Le cosiddette rivalutazioni sono piccole elemosine che non modificano il reddito di queste persone inchiodato da anni nonostante il costo della vita aumenti.

Orbene.

Questi pensionati non vedono un aumento da anni. Non c’è una tra le tante e giornaliere esternazioni di Salvini e Di Maio che dica che avranno anche solo un misero aumento.

No. A chi ha lavorato per tanti anni sapendo che contrariamente non avrebbe ricevuto una pensione non tocca nulla. Che dopo aver lavorato per 35 e più anni, dopo aver lavorato in una fabbrica o in un’azienda hanno anche lavorato a casa (donne), che da quando sono in pensione hanno visto solo piccole elemosine quando – addirittura – non si sono viste togliere qualche euro, a loro non spetta nulla.
Sono ignorati. Strano. Votano anche questi….

Il M5S pensa una sostanziale aumento per le pensioni minime.
Nessuno pensa che ci siano italiani che debbano morire di fame, che 507 euro siano un reddito che consenta di vivere dignitosamente.
Se è comprensibile che in uno stato civile si dia un sostengo a chi ha un reddito basso per consentirgli di vivere decentemente, non si capisce perché uno che ha lavorato per 35 e più anni e con una pensione che, seppure superiore ai 507 euro, è ai limiti per una sopravvivenza decente (soprattutto in alcune città) non debba mai ricevere un aumento.

Insomma: ti sei sbattuto per tanti anni. Prendi 800, 900 o anche 1.000 euro? Bravo pirla. Stavi a fare un organo sessuale maschile che oggi il M5S pensava a te: 780 euro.
Perché, parliamoci chiaro. Se uno ha solo 507 euro fa la fame. Fa la fila dai frati per mangiare. Vive per strada. Altrimenti, povero non è. E’ uno che prende 507 euro dallo Stato e altri soldi da altra parte. Ha altri redditi. In “bianco” o in nero.

Fatemi capire.
Tra coloro che beneficerebbero di un aumento da 507 a 780 ci sono donne che non potevano lavorare, ci sono persone che non sono riuscite a trovare un lavoro che non fosse in nero?
Non sarà che ci sono anche certi affezionati al sistema assistenzialista. Gente che non ha mai avuto intenzione di lavorare perché pensa che sia lo Stato a doverla mantenere.

Se è difficile distinguere chi siano coloro che non hanno potuto da coloro che non hanno voluto lavorare, per giustizia sociale, non dovrebbe essere difficile considerare e identificare chi ha lavorato per tanti anni e si è guadagnato una pensione. Una pensione il cui potere di acquisto si è via via ridotto negli anni.
Questi pensionati hanno diritto a un aumento. Non certo di 273 euro…

E a queste considerazioni si potrebbe aggiungere l’osservazione che aumentare le pensioni minime possa essere un invito a lavorare in nero. In effetti, dati certi vizietti italianici, i 780 sarebbero un’entrata sicura. Se ci aggiungi un lavoro in nero arrivi a un reddito che ti potrebbe consentire di vivere adeguatamente. Lamentandoti pure…altro vizietto italianico/italdiota..

Per attuare un’equità sociale è giusto che si dia un sostegno a chi effettivamente ha come solo reddito una pensione minima. Ma equità sociale significa anche riconoscere qualcosa a chi per tanti anni ha lavorato per ottenere una pensione che è rimasta cristallizzata da troppi anni. Ed equità sociale significa anche sgamare i finti poveri e coloro che si prenderebbero i 780 euro per poi “arrotondarlo” di centinaia di euro con il lavoro nero.

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