mercoledì 23 ottobre 2013

Dario Bressanini: Le bugie nel carrello / 6

Ma quanti tipi di uova ci sono?

Il codice più ricco di informazioni potenzialmente utili al consumatore è forse quello stampigliato sulle uova. Non sulla confezione, ma direttamente sul guscio. Quelle che ho messo nel carrello riportano la sequenza 1IT032TV040.
Quei simboli sono una specie di carta d’identità dell’uovo. Vediamo che tipo di informazioni ci forniscono.
Il primo numero identifica il metodo con cui sono state allevate le galline ovaiole:

Tipo 3 – Rappresentano la grande maggioranza delle uova in commercio. Le galline sono allevate in gabbie con una superficie minima di 550 cm quadrati per ciascuna (per fare un confronto, un foglio A4 ha una superficie di 624 come quadrati). Dal 2012 queste gabbie sono vietate: si devono usare quelle «arricchite», leggermente più grandi (almeno 750 cm quadrati) e dotate di lettiera. Le galline hanno cibo e acqua a volontà, ma non hanno spazio per muoversi liberamente.


Tipo 2 – Le uova sono prodotte da galline che non stanno in gabbia, ma sono «allevate a terra» in capannoni chiusi. Dal 2012 la densità massima è di 9 galline per metro quadrato.

Tipo 1 – Sono prodotte da galline «allevate all’aperto» (free range in inglese). Oltre a poter realizzare all’esterno, ogni ovaiola dispone di uno spazio di almeno 2,5 metri quadrati dotato di nidi, trespoli e lettiere. All’interno la densità massima è di 9 galline per metro quadrato.

Tipo 0 – Sono prodotte da galline alimentate con mangime biologico che trascorrono all’aperto almeno un terzo della loro vita e hanno a disposizione uno spazio di 4 metri quadrati ciascuna. All’interno la densità è di 6 galline per metro quadrato.

Queste informazioni ci aiutano anche a dare un senso a scritte come «allevate a terra», «biologiche» e «allevate all’aperto» che campeggiano sulla confezione. In Italia il grosso delle uova in commercio è di tipo 3, mentre quelle prodotte con metodi alternativi alle gabbie (tipi o, 1 e 2) rappresentavano nel 2008 il 4 per cento del totale (contro il 12 per cento del resto d’Europa).
Dopo il codice relativo alla tipologia di allevamento troviamo quello della nazionalità. Nel caso in questione l’uovo è stato prodotto in Italia (IT). Il nostro paese produce tutte le uova di cui abbiamo bisogno ed è raro trovare altri codici. Segue poi il codice ISTAT del comune di provenienza. Per comprenderlo occorre leggere anche quello successivo, che indica la provincia. L’uovo nel mio carrello arriva dal comune 032 della provincia di Treviso (TV), dunque da Giavera del Montello. Il numero finale, nel nostro caso 040, identifica l’allevamento e serve per la tracciabilità, cioè per risalire all’azienda di produzione in caso di un’intossicazione alimentare riscontrata in un lotto di vendita.

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