da: Lettera 43
Profughi, a Milano una notte coi
siriani
Sbarcano in Sicilia. Raggiungono il
Nord. Ma sognano la Germania.Lettera43.it tra i migranti della Stazione
centrale.
di Alessandro Sarcinelli
Maha,
40 anni siriano, sta addentando un trancio di pizza alle olive su una panchina
della Stazione Centrale di Milano. È il primo sfizio dopo un mese di
sofferenza: il 15 settembre è partito da Damasco, ha raggiunto illegalmente il
Libano e da qui ha raggiunto in aereo il Cairo.
Dall’Egitto
si è poi spostato in macchina in Libia, è stato rapinato tre volte e infine ha
pagato 3 mila dollari americani per salire su un peschereccio mal ridotto con
altri 500 migranti, destinazione Sicilia.
Dopo
aver percorso gli ultimi chilometri a nuoto, è riuscito a prendere un treno e
arrivare a Milano.
I
segni del viaggio sono ben visibili sul suo viso, ma ha ancora la forza per
ricordare le sue origini: «Io non scappo dalla povertà e non voglio
l’elemosina. Io scappo dalla guerra civile. A Damasco ho lasciato tre
ristoranti», ha detto a Lettera43.it in un inglese stentato, ma comprensibile.
LE
NOTTI ALL'ADDIACCIO. Come Maha, altri 60 siriani si apprestano a passare la
notte sulle fredde panchine di marmo della terrazza sopra la biglietteria Est.
Forse
anche loro vorrebbero raccontare la loro storia, ma parlano solo arabo. C’è una
ragazza di 15 anni che porta il velo, jeans aderenti e una borsa a tracolla
dell’Eastpak e c’è suo fratello che per tutta la notte non distoglierà mai gli
occhi dal suo iPhone 5.
Nessuno
sembra riposato, ma nessuno vuole dormire: le mamme giocano con i figli
piccoli, i ragazzi chiacchierano mentre gli uomini alternano Marlboro a caffè
del distributore.
I
CRIMINALI IN AGGUATO. A mezzanotte e mezza due uomini si avvicinano alla
terrazza. Il primo ha circa 30 anni, i capelli pieni di brillantina pettinati
indietro e indossa una giacca di pelle con scarpe bianche a punta. L’altro, sui
50 anni, è in giacca e cravatta.
Si
formano due gruppetti e cominciano a discutere. Nonostante parlino arabo, si
possono distinguere alcune parole: «Germany, Germany, Berlin!».
Dopo
circa un quarto d’ora i due uomini se ne vanno, seguiti da otto siriani, tra
cui anche tre bambini. Non torneranno mai più. «Questi personaggi non meglio
definiti, in cambio di cifre assurde, si offrono di accompagnarli all’estero»,
spiega Alberto Sinigallia, presidente del progetto Arca, la onlus che da giorni
distribuisce cibo e coperte in stazione.
Anche 700 euro per arrivare in
Germania da Milano
Coloro
che scappano dalla guerra, pur di arrivare in Germania, sono disposti a pagare
fino a 700 euro a testa. Dopo molte ore di viaggio, sono scaricati senza molte
spiegazioni vicino a un cartello stradale con una scritta in tedesco. Pensano
di essere nei pressi di Berlino o di Monaco, in realtà sono stati abbandonati
in provincia di Bolzano, senza aver varcato nessuna frontiera.
Il
Comune di Milano, consapevole di questi rischi, ha avviato delle trattative con
gli altri Stati dell’Ue.
«Tramite
l’assessore alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino, stiamo cercando di
creare un corridoio umanitario con la Svezia», ha spiegato Lamberto Bertolè,
capogruppo del Partito democratico al Comune, che lancia anche una stoccata a
Roma: «Il governo di Enrico Letta non ha dato risposte adeguate e tempestive
per questa emergenza».
POLIZIA
DI STATO E ANTITERRORISMO. Quando ormai i due personaggi che offrono 'passaggi
all'estero' e il loro seguito si sono dileguati da almeno mezz’ora, arrivano
due pattuglie della polizia.
Ai
loro occhi la situazione appare sotto controllo. I volti sono distesi e un
agente per far divertire gli altri, urla: «Guaglio’! Anch’io mi voglio fa’
rifugiato politico». I colleghi scoppiano in una grande risata.
Nonostante
i trafficanti di persone ronzino attorno ai profughi da tutto il giorno, i
poliziotti non hanno registrato alcun movimento pericoloso. Un sospetto però
viene da chi armeggia con un taccuino e una fotocamera digitale.
IL
DIVIETO DI FARE FOTOGRAFIE. È lì solo per documentare, ma neanche
l’identificazione tramite carta d’identità e tesserino da giornalista
tranquillizza gli agenti, che lo scortano fuori dalla stazione. L’unica
spiegazione data è questa: «Qua non si possono fare fotografie per questioni di
antiterrorismo. Dopo l’11 settembre le stazioni delle grandi città occidentali
possono essere bersaglio di attentati».
Dopo
le 4, i controlli della polizia si sono un po’ allentati ed è possibile tornare
a osservare i movimenti nella terrazza sopra la biglietteria Est.
I
siriani sono ancora tutti svegli, ma sono molti meno: dei 60 di mezzanotte ne
sono rimasti circa la metà.
Difficile
sapere dove siano andati, tuttavia l’ipotesi che abbiano accettato proposte di
fuga è una possibilità più che concreta.
Lo 'sgombero' a opera delle guardie
giurate
Quelli
rimasti in Stazione Centrale, appaiono più silenziosi e, man mano che la notte
avanza e la temperatura scende, si sdraiano sulle panchine di marmo, avvolti
nelle coperte offerte dal Progetto Arca. Tra i pochi ancora svegli, c’è una
signora con un impermeabile marrone lungo fino alle caviglie e un cappello di
lana giallo: rimane seduta con lo sguardo fisso su un megaschermo che passa
sempre le stesse tre pubblicità, e si accende l’ennesima sigaretta.
Poi
verso le 5.30, con la stazione ancora vuota e Milano ancora buia, arrivano
degli uomini in divisa, ma non sono poliziotti.
Sulla
giacca hanno lo stemma dell’Italpol, società privata di vigilanza e sicurezza.
Senza un apparente motivo, a uno a uno i siriani vengono svegliati e fatti
alzare.
Qualcuno
fa due passi per sgranchirsi le gambe, qualcuno cerca un bagno e qualcun altro
apre un pacchetto di biscotti e anticipa la colazione.
LA
DISPERAZIONE INIZIA AD AFFIORARE. E mentre tutti si preparano per affrontare un
altro giorno pieno di punti interrogativi, improvvisamente la signora con il
cappello giallo scoppia in un pianto a dirotto, urla e si copre il viso con le
mani.
Per
la prima volta da quando sono arrivati, la disperazione di queste persone non
rimane più nascosta. I compagni di viaggio provano a tranquillizzarla e le
offrono della carta igienica per asciugarsi le lacrime. Lei dopo mezz’ora si è
ricomposta e riprende a fumare.
Tra
qualche ora, a gruppi o tutti insieme, ricominceranno il loro viaggio. E nel
corso della giornata, altre decine di siriani provenienti dal Sud arriveranno
in Stazione Centrale. Sempre con lo stesso obiettivo: raggiungere la Germania,
quella vera. Non l’Alto Adige.
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