da: Il Fatto Quotidiano
Dal
Celeste Formigoni al grigio Maroni: stesso spreco
L’ex
governatore si è riciclato e nessuno ricorda più i suoi guai. Il successore
leghista concede stipendi d’oro a 54 dirigenti e blinda i vecchi direttori tra
la noia generale
di Gianni
Barbacetto
Non è più la Regione di una volta. Non c’è
più Roberto Formigoni con le sue giacche colorate. Non c’è più Nicole Minetti
con le sue cene eleganti. Non c’è più il Trota con il Gatorade a spese nostre.
Spariti anche Filippo Penati e gran parte degli indagati (non tutti) dell’era
formigoniana. Resta Roberto Maroni, presidente della Regione Lombardia nell’era
della politica che torna noiosa. Lui, Formigoni, il grande sconfitto, dopo le
dimissioni date a Milano si è riciclato a Roma. Niente più “vacanze di gruppo”,
niente cravatte fucsia. Abiti sobri e aria da statista, in attesa dei processi
per i milioni in benefit ottenuti dai faccendieri della sanità lombarda. Si
atteggia a protagonista della politica, ala colombe, pronto a rifondare una
specie di Dc o almeno la corrente ciellina del centrodestra.
Il suo successore Maroni, intanto, cerca di
governare la Regione più ricca d’Italia e quasi quasi è soddisfatto di essere
un po’ uscito di scena: con Formigoni e il Trota la politica lombarda diventava
quasi ogni giorno cronaca nazionale, con Maroni resta per lo più confinata
nelle pagine locali dei quotidiani. Segno che finora grandi scandali non lo
hanno toccato. Quanto alla politica, Umberto Bossi ormai lo tratta da traditore
e minaccia di candidarsi alla segreteria della Lega “per sistemare le cose”.
Maroni risponde sornione: “Sono contento, chiunque può partecipare. Ma questa
volta non ci saranno giochini, il segretario sarà eletto dalla base. Io vorrei
un giovane”.
Intanto, però, gli arriva il primo colpo:
si chiama Lombardia verde. È una
rivista mensile che dovrebbe informare i cittadini su campi e culture, stalle e
concimi: organo dell’assessorato regionale all’Agricoltura. Peccato che sia
diventata un foglio di propaganda
leghista e di celebrazione del
presidente Maroni. Il verde, del resto, è il colore del Carroccio; così
colpisce vedere la copertina dell’ultimo numero: il faccione sorridente di Bobo
con cravatta verde (come la testata) e la scritta: “Dal programma ai fatti”.
All’interno, intervista “a tu per tu con il presidente della Regione
Lombardia”. In 48 pagine, Maroni
compare in foto ben nove volte. Otto volte l’assessore regionale all’Agricoltura, Gianni Fava, anche lui leghista. Dopo il pezzo forte, c’è un
servizio dedicato alla “Macroregione a difesa della nostra produzione”, con
foto di Maroni (ancora) attorniato dai colleghi governatori Luca Zaia (Veneto)
e Roberto Cota (Piemonte). Neanche fossero le pagine della Padania. Seguono
articoli che inneggiano alla Giunta verde e alla tradizione contadina lombarda.
Più innovativo un servizio sull’allevamento dei visoni: attività “semplice,
ecocompatibile e remunerativa” (ma questo è scritto in una pubblicità).
Il tutto per la modica cifra di 1 milione di euro: è quanto sono costati due anni di Lombardiaverde, 500 mila euro l’anno di fondi regionali. La cifra compare in una delibera regionale che stanzia i soldini per pagare la rivista. Le cose ora dovrebbero cambiare: non sappiamo se ci saranno meno foto di Maroni e meno propaganda della Lega, ma ci saranno meno soldi. La rivista diventerà bimestrale e lo stanziamento sarà di 280 mila euro per sei numeri l’anno: ma solo a partire dalla metà del 2014. Protesta l’opposizione di centrosinistra: “L’amministrazione leghista mostra di non aver capito bene i confini tra l’informazione istituzionale e la propaganda”, ha dichiarato Fabio Pizzul del Pd. “Siamo al marketing padano pagato dai contribuenti. E neanche tanto efficace”.
Più efficace una delibera di giunta varata in silenzio nel luglio scorso: premia 54 manager regionali concedendo loro compensi d’oro. In tempi di crisi, gli stipendi dei dipendenti pubblici sono bloccati dal 2009. Ma per i dirigenti del Pirellone cari a Maroni si fa un’eccezione. La bella cifra di 20 milioni di euro è messa sul piatto per gli emolumenti dei superdirigenti lombardi. Più che nell’era Formigoni, quando aveva toccato il tetto di 19 milioni. In tutto, i direttori e dirigenti in servizio sono 218 (erano 213 negli ultimi mesi del Celeste). Ora un quarto di essi sarà premiato con un aumento.
Il più fortunato è Andrea Gibelli, ex assessore leghista, che è diventato segretario generale della Regione e braccio destro di Maroni: prende 223 mila euro l’anno. Patrizia Carrarini, invece, è la leghista che ha ideato la campagna elettorale di Bobo, con lo slogan “La Lombardia in testa”: oggi è direttore della comunicazione regionale e incassa 144 mila euro l’anno. Premiati anche gli uomini di Formigoni rimasti al Pirellone. Michele Camisasca, per esempio, nipote di Massimo Camisasca vescovo ciellino e storiografo ufficiale del movimento, è vicesegretario generale vicario, con stipendio di 155 mila euro (12 mila in più dell’anno scorso). Luca Merlino è il direttore dell’assessorato alla Sanità che firmava i provvedimenti d’oro per il San Raffaele e le cliniche Maugeri: anche lui premiato con un bell’aumento di 5 mila euro. Maroni dunque garantisce la continuità a Milano dell’apparato di Formigoni che ora, dismesse le cravatte più agghiaccianti, è impegnato a Roma a “rinnovare” la politica nazionale.
Il tutto per la modica cifra di 1 milione di euro: è quanto sono costati due anni di Lombardiaverde, 500 mila euro l’anno di fondi regionali. La cifra compare in una delibera regionale che stanzia i soldini per pagare la rivista. Le cose ora dovrebbero cambiare: non sappiamo se ci saranno meno foto di Maroni e meno propaganda della Lega, ma ci saranno meno soldi. La rivista diventerà bimestrale e lo stanziamento sarà di 280 mila euro per sei numeri l’anno: ma solo a partire dalla metà del 2014. Protesta l’opposizione di centrosinistra: “L’amministrazione leghista mostra di non aver capito bene i confini tra l’informazione istituzionale e la propaganda”, ha dichiarato Fabio Pizzul del Pd. “Siamo al marketing padano pagato dai contribuenti. E neanche tanto efficace”.
Più efficace una delibera di giunta varata in silenzio nel luglio scorso: premia 54 manager regionali concedendo loro compensi d’oro. In tempi di crisi, gli stipendi dei dipendenti pubblici sono bloccati dal 2009. Ma per i dirigenti del Pirellone cari a Maroni si fa un’eccezione. La bella cifra di 20 milioni di euro è messa sul piatto per gli emolumenti dei superdirigenti lombardi. Più che nell’era Formigoni, quando aveva toccato il tetto di 19 milioni. In tutto, i direttori e dirigenti in servizio sono 218 (erano 213 negli ultimi mesi del Celeste). Ora un quarto di essi sarà premiato con un aumento.
Il più fortunato è Andrea Gibelli, ex assessore leghista, che è diventato segretario generale della Regione e braccio destro di Maroni: prende 223 mila euro l’anno. Patrizia Carrarini, invece, è la leghista che ha ideato la campagna elettorale di Bobo, con lo slogan “La Lombardia in testa”: oggi è direttore della comunicazione regionale e incassa 144 mila euro l’anno. Premiati anche gli uomini di Formigoni rimasti al Pirellone. Michele Camisasca, per esempio, nipote di Massimo Camisasca vescovo ciellino e storiografo ufficiale del movimento, è vicesegretario generale vicario, con stipendio di 155 mila euro (12 mila in più dell’anno scorso). Luca Merlino è il direttore dell’assessorato alla Sanità che firmava i provvedimenti d’oro per il San Raffaele e le cliniche Maugeri: anche lui premiato con un bell’aumento di 5 mila euro. Maroni dunque garantisce la continuità a Milano dell’apparato di Formigoni che ora, dismesse le cravatte più agghiaccianti, è impegnato a Roma a “rinnovare” la politica nazionale.
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