da: Il Fatto Quotidiano
Non
è vero che la Legge di Stabilità è senza tagli e senza nuove tasse: il conto
arriva a statali, pensionati, risparmiatori e proprietari di immobili (prima
casa inclusa)
Se avete una pensione superiore a 3 mila
euro, avete investito i risparmi di una vita per comprare un appartamento che
affittate nel centro di una grande città, sul conto titoli c’è qualche euro, e
magari vostro figlio è un dipendente pubblico, allora per voi non vale lo
slogan con cui Enrico Letta ha presentato la legge di Stabilità 2014: “Niente
tasse e niente tagli”. Vediamo chi sarà a pagare il conto della manovra che per
il 2014 vale 11,6 miliardi di euro.
CUNEO
E TASSE. D’accordo, ci sarà l’intervento sul cuneo fiscale, per
i lavoratori nel 2014 vale 1,5 miliardi di euro: sono esclusi dalla riduzione
delle tasse in busta paga quelli con un reddito sopra ai 55 mila euro, per gli
altri il beneficio si dovrebbe aggirare tra i 100 e i 185 euro all’anno. Meglio
di niente. Basta poco a mangiare la mancia fiscale: tra gli interventi di
copertura c’è una riduzione delle detrazioni che vale 500 milioni di euro.
Finora si poteva detrarre dall’Irpef l’imposta sul reddito delle persone
fisiche, il 19 per cento di varie
spese, come quelle mediche (visite,
medicinali, interventi), le rette universitarie e gli interessi dei mutui sulla
prima casa. Lo sconto fiscale scenderà, già per il 2013, dal 19 al 18, e poi
andrà al 17. Niente di drammatico, ma si somma a una serie di altri balzelli
molto poco progressivi (cioè che colpiscono ugualmente redditi bassi e redditi
alti): la patrimoniale sul conto titoli passa dallo 0,15 per cento allo 0,2. E
compare una bizzarra imposta di bollo da 16 euro per le comunicazioni trasmesse
on line alla Pubblica amministrazione.
CARA
CASA.
Avete esultato per l’abolizione dell’Imu sulla prima casa? Attenzione: in
teoria quella per il 2013 non si pagherà (anche se ci sono dubbi sulle
coperture per la prima rata da 2 miliardi ed è misteriosa quella per la seconda
da altri 2,4).
Dal
2014 cambia l’approccio: non una patrimoniale sull’immobile,
come l’Imu, ma una imposta legata ai
servizi erogati dal Comune. La Trise,
scomposta in due parti: Tari (che poi diventerà Tarip) è legata ai rifiuti
prodotti, la Tasi ai servizi indivisibili, come strade e illuminazione
stradale, e dovrebbe avere come aliquota base l’1 per mille.
Non è chiaro, però, quale sarà il conto
finale, i Comuni possono decidere di spalmare parte dell’onere delle prime case
sulle seconde. Ma le simulazioni del Sole 24 Ore sono interessanti: prendendo
un appartamento da 100 metri quadri in una zona residenziale. Se è
un’abitazione principale, nel 2012 il proprietario pagava nel 2012 737 euro tra
Tares e Imu, nel 2013 grazie all’azzeramento dell’Imu il fisco chiederà 390
euro e nel 2014 535. Se per sventura avete una casa affittata, invece, il conto
del 2014 sarà di 2.388 euro contro i 2.141 del 2012 e i 2.070 del 2013.
Insomma, il prossimo anno pagherete 300 euro in più di quest’anno (se la casa è
sfitta quasi 200).
PENSIONI.
Sulle pensioni il governo Letta si esercita in una sorta di paso doble. Da un
lato stanzia alcune milioni di euro per risarcire i cosiddetti pensionati
“d’oro” – sopra i 90 mila euro – dopo che la Corte costituzionale ha bocciato
il contributo di solidarietà inventato dagli esecutivi Berlusconi e Monti.
Dall’altro istituisce una nuova
tassazione ad hoc per le pensioni alte: il prelievo sarà del 5 per cento
tra i 100 e i 150 mila euro, del 10 fino a 200 mila e del 15 oltre questa
soglia. Perché la Consulta non dovrebbe bocciarlo ancora? Secondo il
sottosegretario Carlo Dell’Aringa: “Stavolta facciamo apparire il contributo
non tanto in una natura tributaria, che ci era stata criticata, quanto nella
sua natura di contributo di solidarietà”. Scettico il montiano Giuliano
Cazzola: “È uguale alla legge che hanno già bocciato”. Intanto i soldi si
incassano: poi si vede. Viene anche prorogato
per i prossimi tre anni il blocco dell’adeguamento all’inflazione per le
pensioni oltre i 3.000 euro al mese, mentre
dai 1.500 euro lordi in su l’indicizzazione viene confermata parziale. Va
anche citato un altro dei tagli proposti da Enrico Letta: basta con l’assegno
di accompagnamento per quei disabili che hanno oltre 65 anni e dichiarano un
reddito di 40 mila euro lordi (70 mila se coniugati). Questo tipo di interventi
è quasi una tradizione nelle ultime Finanziarie: dal 2010 i governi provano in
vari modi a tagliare le provvidenze per la disabilità, anche se poi in genere
ci ripensano.
STATALI.
Anche nel 2014 i contratti pubblici
saranno bloccati e pure senza la cosiddetta indennità di vacanza. È il
quinto anno consecutivo che succede. “L’avevamo già deciso ad agosto”, ha
sostenuto il ministro competente Gianpiero D’Alia. È tanto vero che quei soldi
erano già a bilancio per l’anno prossimo e non figurano tra le coperture del
decreto. Che significa per uno statale non vedersi rinnovato il contratto dal
biennio 2008-2009? Questi i conti del sindacato Usb, che anche su questo tema
ha indotto uno sciopero generale per domani: uno stipendio che nel 2009 era di 23.907
euro lordi, in cinque anni – calcolando un’inflazione al 2,5 per cento – ha
lasciato per strada 9.259 euro in tutto e oltre tremila euro di stipendio annuo
lordo. Soldi che non torneranno mai più nelle tasche dei lavoratori: quel
taglio si aggraverà con gli anni pesando sui successivi scatti di stipendio e
sui contributi pensionistici versati. Lo si capisce anche dai numeri ufficiali:
a stare alle tabelle (e previsioni) Istat, l’effetto di cinque anni di
stipendio bloccato è una perdita cumulata di potere d’acquisto fino a 9 punti
percentuali. Basti guardare ai risparmi per lo Stato cumulati nel quinquennio:
secondo Aran ammontano a 11,5 miliardi. Questo, peraltro, in un lasso di tempo
in cui il personale della P.A. continua a diminuire: per effetto del blocco del
turn over – parzialmente prorogato anche dalla manovra del governo Letta – si
può calcolare che tra il 2007 e il 2017 sarà calato di 460mila unità circa
(siamo già ora a trecentomila).
A questo si aggiunge il taglio del 10% sugli straordinari e la
rateizzazione del tfr per chi va in pensione: mancano i licenziamenti di
massa per essere in piena “cura greca”.
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