venerdì 18 ottobre 2013

Stefano Feltri e Marco Palombi: “Manovrina quelli che pagano”

da: Il Fatto Quotidiano

Non è vero che la Legge di Stabilità è senza tagli e senza nuove tasse: il conto arriva a statali, pensionati, risparmiatori e proprietari di immobili (prima casa inclusa)

Se avete una pensione superiore a 3 mila euro, avete investito i risparmi di una vita per comprare un appartamento che affittate nel centro di una grande città, sul conto titoli c’è qualche euro, e magari vostro figlio è un dipendente pubblico, allora per voi non vale lo slogan con cui Enrico Letta ha presentato la legge di Stabilità 2014: “Niente tasse e niente tagli”. Vediamo chi sarà a pagare il conto della manovra che per il 2014 vale 11,6 miliardi di euro.

CUNEO E TASSE. D’accordo, ci sarà l’intervento sul cuneo fiscale, per i lavoratori nel 2014 vale 1,5 miliardi di euro: sono esclusi dalla riduzione delle tasse in busta paga quelli con un reddito sopra ai 55 mila euro, per gli altri il beneficio si dovrebbe aggirare tra i 100 e i 185 euro all’anno. Meglio di niente. Basta poco a mangiare la mancia fiscale: tra gli interventi di copertura c’è una riduzione delle detrazioni che vale 500 milioni di euro. Finora si poteva detrarre dall’Irpef l’imposta sul reddito delle persone fisiche, il 19 per cento di varie
spese, come quelle mediche (visite, medicinali, interventi), le rette universitarie e gli interessi dei mutui sulla prima casa. Lo sconto fiscale scenderà, già per il 2013, dal 19 al 18, e poi andrà al 17. Niente di drammatico, ma si somma a una serie di altri balzelli molto poco progressivi (cioè che colpiscono ugualmente redditi bassi e redditi alti): la patrimoniale sul conto titoli passa dallo 0,15 per cento allo 0,2. E compare una bizzarra imposta di bollo da 16 euro per le comunicazioni trasmesse on line alla Pubblica amministrazione.

CARA CASA. Avete esultato per l’abolizione dell’Imu sulla prima casa? Attenzione: in teoria quella per il 2013 non si pagherà (anche se ci sono dubbi sulle coperture per la prima rata da 2 miliardi ed è misteriosa quella per la seconda da altri 2,4).

Dal 2014 cambia l’approccio: non una patrimoniale sull’immobile, come l’Imu, ma una imposta legata ai servizi erogati dal Comune. La Trise, scomposta in due parti: Tari (che poi diventerà Tarip) è legata ai rifiuti prodotti, la Tasi ai servizi indivisibili, come strade e illuminazione stradale, e dovrebbe avere come aliquota base l’1 per mille.

Non è chiaro, però, quale sarà il conto finale, i Comuni possono decidere di spalmare parte dell’onere delle prime case sulle seconde. Ma le simulazioni del Sole 24 Ore sono interessanti: prendendo un appartamento da 100 metri quadri in una zona residenziale. Se è un’abitazione principale, nel 2012 il proprietario pagava nel 2012 737 euro tra Tares e Imu, nel 2013 grazie all’azzeramento dell’Imu il fisco chiederà 390 euro e nel 2014 535. Se per sventura avete una casa affittata, invece, il conto del 2014 sarà di 2.388 euro contro i 2.141 del 2012 e i 2.070 del 2013. Insomma, il prossimo anno pagherete 300 euro in più di quest’anno (se la casa è sfitta quasi 200).

PENSIONI. Sulle pensioni il governo Letta si esercita in una sorta di paso doble. Da un lato stanzia alcune milioni di euro per risarcire i cosiddetti pensionati “d’oro” – sopra i 90 mila euro – dopo che la Corte costituzionale ha bocciato il contributo di solidarietà inventato dagli esecutivi Berlusconi e Monti. Dall’altro istituisce una nuova tassazione ad hoc per le pensioni alte: il prelievo sarà del 5 per cento tra i 100 e i 150 mila euro, del 10 fino a 200 mila e del 15 oltre questa soglia. Perché la Consulta non dovrebbe bocciarlo ancora? Secondo il sottosegretario Carlo Dell’Aringa: “Stavolta facciamo apparire il contributo non tanto in una natura tributaria, che ci era stata criticata, quanto nella sua natura di contributo di solidarietà”. Scettico il montiano Giuliano Cazzola: “È uguale alla legge che hanno già bocciato”. Intanto i soldi si incassano: poi si vede. Viene anche prorogato per i prossimi tre anni il blocco dell’adeguamento all’inflazione per le pensioni oltre i 3.000 euro al mese, mentre dai 1.500 euro lordi in su l’indicizzazione viene confermata parziale. Va anche citato un altro dei tagli proposti da Enrico Letta: basta con l’assegno di accompagnamento per quei disabili che hanno oltre 65 anni e dichiarano un reddito di 40 mila euro lordi (70 mila se coniugati). Questo tipo di interventi è quasi una tradizione nelle ultime Finanziarie: dal 2010 i governi provano in vari modi a tagliare le provvidenze per la disabilità, anche se poi in genere ci ripensano.

STATALI. Anche nel 2014 i contratti pubblici saranno bloccati e pure senza la cosiddetta indennità di vacanza. È il quinto anno consecutivo che succede. “L’avevamo già deciso ad agosto”, ha sostenuto il ministro competente Gianpiero D’Alia. È tanto vero che quei soldi erano già a bilancio per l’anno prossimo e non figurano tra le coperture del decreto. Che significa per uno statale non vedersi rinnovato il contratto dal biennio 2008-2009? Questi i conti del sindacato Usb, che anche su questo tema ha indotto uno sciopero generale per domani: uno stipendio che nel 2009 era di 23.907 euro lordi, in cinque anni – calcolando un’inflazione al 2,5 per cento – ha lasciato per strada 9.259 euro in tutto e oltre tremila euro di stipendio annuo lordo. Soldi che non torneranno mai più nelle tasche dei lavoratori: quel taglio si aggraverà con gli anni pesando sui successivi scatti di stipendio e sui contributi pensionistici versati. Lo si capisce anche dai numeri ufficiali: a stare alle tabelle (e previsioni) Istat, l’effetto di cinque anni di stipendio bloccato è una perdita cumulata di potere d’acquisto fino a 9 punti percentuali. Basti guardare ai risparmi per lo Stato cumulati nel quinquennio: secondo Aran ammontano a 11,5 miliardi. Questo, peraltro, in un lasso di tempo in cui il personale della P.A. continua a diminuire: per effetto del blocco del turn over – parzialmente prorogato anche dalla manovra del governo Letta – si può calcolare che tra il 2007 e il 2017 sarà calato di 460mila unità circa (siamo già ora a trecentomila).

A questo si aggiunge il taglio del 10% sugli straordinari e la rateizzazione del tfr per chi va in pensione: mancano i licenziamenti di massa per essere in piena “cura greca”.

Nessun commento:

Posta un commento