da: Il Fatto Quotidiano
Spiace
di doversi occupare ogni giorno del presidente della cosiddetta Repubblica, ma
non si riesce più a stargli dietro. Ieri Napolitano ha ricevuto i ministri
Dario Franceschini (Rapporti col Parlamento) e Gaetano Quagliariello (Riforme
istituzionali), la presidente della commissione Affari costituzionali del
Senato Anna Finocchiaro e i capigruppo della maggioranza Zanda (Pd), Schifani
(Pdl) e Susta (Sc). Tema dell’avvincente simposio: la riforma del Porcellum,
votato nel 2005 da Pdl e Udc (ora Sc), oltreché dalla Lega, e tenuto in vigore
dal centrosinistra (ora Pd) nel 2006-2008. Ora chi lo impose e lo conservò, con
agile piroetta, lo vuole cambiare. Dopo otto anni. Ma, siccome le leggi
elettorali sono materia del Parlamento e non del governo, e tantomeno del capo
dello Stato, sorge spontanea una domanda: che ci facevano alla riunione il
presidente della Repubblica e due ministri? E perché non c’erano i
rappresentanti della forza politica più votata in Italia, il M5S, e poi di
Lega, Sel e Fratelli d’Italia? Non erano invitati. E perché? Non hanno
anch’essi diritto di dire la loro sulla riforma elettorale? In quale democrazia
parlamentare la maggioranza e il governo si riuniscono col capo dello Stato per
decidere le regole delle future elezioni all’insaputa delle opposizioni? È
forse nato un nuovo “arco costituzionale” che stavolta non esclude i fascisti,
come quello degli anni
70, ma tutti gli oppositori in quanto tali? E chi l’ha
deciso, e perché, e come si è permesso?
La
scena ricorda quella, altrettanto triste e imbarazzante, della grande adunata
al Quirinale del 6 giugno, quando Napolitano riunì a porte chiuse, col solito
Quagliariello a capotavola, i 35 “saggi” (più 7 “esperti di diritto”) per
benedire la controriforma della Costituzione, a partire dallo scassinamento
dell’unico articolo che dovrebbe essere immodificabile: il 138. Saggi scelti da
Letta & Napolitano col manuale Cencelli alla mano: un tot di saggi fedeli
al Colle, un tot di obbedienza Pd, un tot di osservanza Pdl (e persino Lega),
un tot di area centrista, un paio graditi a Sel e ovviamente nessun
rappresentante dei 5Stelle. L’adunata, col presidente a un capo del tavolo e il
ministro delle Riforme all’altro, ricordava almeno fotograficamente quelle del
Ventennio a Palazzo Venezia, con Sua Eccellenza Benito Mussolini e quando lo
invitavano Sua Maestà Vittorio Emanuele III, che ogni tanto ricevevano gli
accademici d’Italia. È vero che al posto di Quagliariello c’era Gentile e al
posto di Violante c’era Marconi. Ma l’impressione che si dava, e che si voleva
dare, era quella di un mondo della cultura irreggimentato, arruolato e
allineato al regime. Ed è purtroppo lo stesso messaggio che esce oggi dalle
foto di gruppo dei saggi stretti a corona attorno ai due massimi simboli del
potere: il Presidente e il Governo. Uomini della cultura e del diritto che
dovrebbero simboleggiare la libertà di ricerca, di pensiero e – se non è troppo
ardire – di critica si intruppano militarescamente come soldati in battaglia
agli ordini dei politici. Il fatto poi che questi signori non siano stati
eletti da nessuno, e che la maggioranza non abbia chiesto né dunque ricevuto
dagli elettori alcun mandato a cambiare mezza Costituzione e l’art. 138, rende
più grave e più triste quel che sta accadendo.
Ma
tutto accade alla luce del sole, sotto gli occhi di tutti. E nessuno vi nota
nulla di strano. Nemmeno quando, spiritoso, Napolitano rammenta (agli altri!)
“la dignità del Parlamento” e intanto si pensa addirittura di cambiare la legge
elettorale per decreto (del governo!). E pazienza se i decreti in materia
elettorale sono proibiti dalla legge Spadolini n. 400 del 1988, art. 15 c. 2.
L’alibi è già pronto: la mannaia della Consulta, che il 3 dicembre esamina il
Porcellum. L’ennesima “emergenza” creata ad arte, come tutte le altre che da
tre anni paralizzano quel che resta della democrazia ai piedi del Colle. Cioè
del Capo dello Stato di Necessità, Salvatore della Patria anche a nome di chi
non ha alcuna intenzione di farsi salvare da lui.
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