da: Corriere della Sera
Tasse e nuove regole, quanto costa
gestire una casa
Fisco più caro sulle seconde case.
Immobiliare ko: nel primo semestre si sono vendute abitazioni in calo -54%
rispetto al 2006.
È
il sogno di chi non ce l’ha. Qualche volta, ad esempio quando il fisco bussa
alla porta, si trasforma nell’incubo di chi ce l’ha. La casa rappresenta,
secondo gli ultimi dati disponibili della Banca d’Italia, quasi il 60% della
ricchezza degli italiani (5 mila miliardi a fronte degli 8 complessivi) e
l’amore per il mattone in realtà sta fungendo da ammortizzatore sociale: basti
pensare a quale sarebbe la sorte dei pensionati costretti a fare i conti con
assegni più magri se avessero anche da pagare un affitto o ai giovani disoccupati
che riescono a trovare aiuto dai genitori perché hanno un tetto loro sopra la
testa. Negli ultimi anni la vita di chi vorrebbe o ha già una casa è diventata
più difficile per colpa della situazione economica, delle tasse più alte, delle
nuove incombenze burocratiche. Il guaio è che liberarsi dell’immobile sta
diventando più complicato.
1 Fisco più caro sulle seconde case
L’opportunità
o meno di un’imposta come l’Imu sulla prima casa sta infiammando il dibattito
politico da mesi, resta però il fatto che il prelievo del tributo sulle
abitazioni principali difficilmente superava lo 0,15% del valore reale
dell’immobile. Giusto o sbagliato che sia si tratta comunque di un’aliquota
analoga a quella applicata sui depositi bancari. La vera stangata fiscale è per
chi dispone di una casa che non ha le caratteristiche per essere considerata
abitazione principale: se le disposizioni sulle tassazione immobiliare presenti
nella legge di Stabilità venissero approvate nella formulazione che starebbe
per essere pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, un contribuente di Milano o di
Roma che nella medesima città possedesse una casa medio signorile che non
riesce a vendere o ad affittare si troverebbe a pagare dall’anno prossimo oltre
3.000 euro di imposte, sommando Imu, Tasi e Irpef sul 50% del valore catastale:
al conto, per prima e seconda casa, bisogna aggiungere quello della tassa
rifiuti, mediamente destinata a crescere del 20% se si vogliono coprire i costi
di gestione del servizio. Unica consolazione: la si pagherebbe anche se si
vivesse in affitto.
2 Condominio, il conto della
burocrazia
Da
pochi mesi è entrata in vigore la riforma del condominio, il giudizio sul
provvedimento non è unanime ma tutti sono d’accordo nel denunciare che la
disposizione che prevede lo stanziamento obbligatorio di fondi a copertura dei
lavori di manutenzione straordinaria sta creando il blocco dei lavori, perché
nessuno è disposto in questa fase a versare in anticipo soldi senza certezza
sui tempi e sulla qualità delle opere. Inoltre le spese della gestione del
condominio stanno aumentando sia perché le nuove norme richiedono
amministratori di elevata professionalità (e onorari in proporzione) sia perché
è in forte crescita morosità nel pagamento delle quote, che richiede
l’accantonamento di fondi e l’avvio di procedure legali di recupero delle
somme. Sono aumentati gli adempimenti burocratici per le gestione degli
impianti, spesso travestiti con nobili fini, come quello del risparmio
energetico. È questo il caso della certificazione energetica necessaria per
vendere, locare o anche per alcune tipologie di ristrutturazione edilizia. In
molti casi l’attestato, soprattutto per gli immobili vecchi di cui si sa a
priori che hanno prestazioni energetiche scadenti, non è altro che una tassa
occulta.
3 L’incubo dell’acquisto e il sogno
del mutuo
I
prezzi delle case sono continuati a scendere negli ultimi cinque anni eppure
comprare casa è diventato per chi ha bisogno di un mutuo un sogno spesso
irrealizzabile. Le erogazioni di finanziamenti immobiliari negli ultimi cinque
anni sono più che dimezzate perché le banche hanno o di fatto sospeso i
finanziamenti, proponendo già nei fogli informativi pubblici condizioni di
tasso tali da scoraggiare i potenziali clienti, o li centellinano, con criteri
di valutazione del "merito di credito" iperselettivi: cinque anni fa
per comprare una casa da 200 mila euro se ne ottenevano 150 mila dalla banca,
oggi per un immobile dello stesso valore si ottiene a fatica un prestito da 100
mila euro e spesso l’erogazione condizionata alla fornitura di garanzie
supplementari. O anche, per avere un mutuo da 700 euro al mese bastava che in
famiglia entrassero ogni mese 2.000 euro, adesso ne servono 3.000 e derivanti
da proventi sicuri. Una politica restrittiva che rischia di trasformarsi in un
boomerang per le banche: negando credito aumentano le difficoltà del mercato
immobiliare con il risultato che si svalutano anche le garanzie ipotecarie
ricevute per i prestiti in sofferenza che intanto continuano a crescere.
4 Il rischio di morosità scoraggia la
locazione
Una
recente indagine di Tecnoborsa rivela che la domanda di abitazioni da destinare
alla locazione ha toccato quest’anno il minimo storico. La redditività e la
sicurezza dell’investimento immobiliare sono giudicati poco interessanti.
D’altro canto un proprietario che voglia locare la casa e fare tutto in regola
oggi ha tre possibilità: la prima è locare a canone libero e approfittando
della cedolare secca (21% sul canone percepito): non può aumentare il canone
per tutta la durata del contratto e paga quasi ovunque l’Imu con aliquota pari
o prossima a quella massima. Può optare per la tassazione Irpef ordinaria e
così procedere all’adeguamento annuale dei canoni, ma così il prelievo reale
rischia di superare il 50%. Può infine optare per i canoni concordati a livello
comunale, ha un prelievo ridotto (15% se opta per la cedolare secca) e di
solito anche l’Imu è più bassa, ma il canone lordo nelle grandi città calcolato
con le regole previste dagli accordi locali è ridicolmente basso. A tutto
questo si aggiungono i rischi di sfitto o peggio ancora di morosità: per questo
oggi non si compra per affittare e chi avendo già una casa prova ad affittarla
lo fa perlopiù in attesa di tempi più propizi per vendere.
5 Il mercato è cambiato Più difficile
vendere
Nel
primo semestre di quest’anno si sono vendute in Italia 203.131 abitazioni;
nello stesso periodo del 2006, quando il mercato andava a gonfie vele erano
439.632: in termini percentuali il calo di vendite è stato del 54%. Oggi però
ci sono sicuramente più case in offerta di sette anni fa.
La
difficoltà a vendere nasce certamente dalla mancanza dei mutui: le case di
pregio, che di solito vengono acquistate per contanti, stanno soffrendo assai
meno la crisi rispetto agli alloggi popolari e periferici, ma molto si deve
all’ostinazione di molti proprietari a non voler ridimensionare le loro
pretese. È un atteggiamento comprensibile se chi vende lo fa per cambiare casa
e conta di acquistare l’immobile nuovo contando sull’incasso della vendita di
quello di cui dispone: una casa ce l’ha e non ha nessun motivo per svendere. Il
discorso cambia se il venditore mette sul mercato una casa che non occupa:
incaponirsi a non vendere costa il 5-6% all’anno solo considerando imposte,
spese e mancato introito di interessi che si otterrebbero investendo il
ricavato della vendita. Se a questo si aggiunge il rischio di un ulteriore
ribasso dei prezzi la perdita annua diventa misurabile in doppia cifra.
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