Uova in codice
Il numero misterioso
Quando
vado a fare la spesa porto sempre con me un paio di occhialini per poter
leggere anche le etichette più minuscole. Confesso che sono un vero e proprio
appassionato di «etichettologia». Saper interpretare bene tutte le informazioni
stampate su una confezione, in primo luogo la lista degli ingredienti e la
tabella nutrizionale, ci rende consumatori più attenti. Le confezioni di
alimenti però possono anche riportare altre informazioni codificate, legate ai
vari passaggi della filiera, dalla produzione alla vendita. Alcune sono di
scarso interesse per il consumatore, altre possono essere di qualche utilità.
Vi
sarà comunque capitato di notare sulle lattine di prodotti ortofrutticoli come
pelati e piselli un codice stampigliato. A volte si trova sul fondo, mentre la
data di scadenza compare sulla parte superiore. La lattina di pelati che ho
preso dal reparto scatolame riportava il codice LE235 01:44. Quell’insieme di
lettere e numeri indica solitamente il lotto di produzione. Nei prodotti che
godono di un aiuto finanziario dell’Unione europea, almeno una parte del codice
deve avere
un formato ben preciso. In particolare, deve esserci una lettera che
indica l’anno di produzione, eventualmente preceduta dalla L che sta per «lotto»
e seguita da un numero fra 1 e 365 che specifica il giorno in cui è stato
inscatolato o imbottigliato. La lettera relativa all’anno di produzione viene
scelta di volta in volta dal ministero delle Attività produttive: N per il
2010, E per il 2011 e M per il 2012, per citare solo le più recenti.
La
mia lattina di pelati quindi è stata prodotta il 235° giorno del 2011, cioè il
23 agosto, quando i pomodori sono in piena maturazione. Le lettere restanti
racchiudono altre informazioni, come l’ora di produzione, ma il codice non è
univoco e può cambiare da un’azienda all’altra, quindi non è facilmente
interpretabile.
Nell’era
di internet questi codici misteriosi alimentano vere e proprie leggende, come
quella che collega un numero stampigliato sulla confezione di latte
pastorizzato alle presunte rigenerazioni subite dal prodotto dopo la scadenza e
il ritiro dal mercato. Non c’è nulla di vero: il codice si riferisce solamente
al lotto del cartone usato per la confezione del latte, ma ormai la catena di
Sant’Antonio si è messa in moto e molti continuano a diffonderla via email o su
Facebook, corredata con l’immancabile fotografia. Ci credono senza uno straccio
di prova, forse perché la storia stuzzica indirettamente la loro autostima. «Io
non ci casco!», si dicono, e così la condividono con tutti i loro contatti,
senza rendersi conto che contribuiscono a propagare una bufala!
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