Anche
Travaglio usa questa espressione quando parla dell’esecutivo e di Napolitano: “il suo governo (pardon, il governo di Letta
jr.)”...
da: Il Fatto Quotidiano
Il presidente della Repubblica è molto
nervoso, eppure non ne avrebbe davvero di che.
Dopo
sette anni e mezzo trascorsi a impartire ordini e moniti a tutti, dal
Parlamento ai governi, dai premier ai ministri, dai partiti di maggioranza a
quelli di opposizione, dai magistrati al Csm, dalle tv ai giornali, dai
sindacati agli elettori, dagli storici ai giuristi, dai movimenti di piazza
persino a qualche produttore e regista di film, ha trasformato l’Italia in una
monarchia assoluta dove non muove foglia che Lui non voglia.
Ogni
critica, anche la più timida e pallida, diventa vilipendio e lesa maestà,
infatti quasi nessuno ne azzarda più. La libera stampa (si fa per dire) è
letteralmente sdraiata a zerbino, commentatori e giureconsulti e intellettuali
si consumano le ginocchia e sfiniscono le ghiandole salivari con peana
imbarazzanti per magnificare e giustificare ogni stranezza del Re Bizzoso. Ma,
come il Divo Giulio Cesare nei fumetti di Asterix, sopravvive un piccolo
villaggio che non si arrende al pensiero unico e continua a giudicare
Napolitano come se fosse soltanto il presidente di una Repubblica democratica e
parlamentare, sprovvisto di divina investitura e di sacra infallibilità, dunque
criticabile quando sbaglia, come accade a ogni essere umano imperfetto e
fallace. È l’esistenza di questo villaggio che, al Divo Giorgio Cesare, fa
saltare quasi ogni giorno la mosca al naso. Spingendolo, anche a causa dei
cattivi e mediocri consiglieri che
lo circondano, a gesti inconsulti come quello di ieri. “Solo il Fatto Quotidiano – ha comunicato il suo incauto ufficio stampa
– crede alle ridicole panzane come quella del ‘patto tradito’ dal Presidente
Napolitano. La posizione del
Presidente in materia di provvedimenti di clemenza è stata a suo tempo espressa
con la massima chiarezza e precisione nella dichiarazione del 13 agosto
scorso”.
Sorvoliamo
per carità di patria sull’autoelogio per la “massima chiarezza e precisione”
dei suoi moniti, che un presidente dall’ego un pò’ meno smisurato lascerebbe ad
altri, evitando di autorecensirsi. E cerchiamo di spiegare quel che è accaduto.
Ieri, sul Fatto , Fabrizio d’Esposito ha
raccontato che i falchi del Pdl sono tornati alla carica per spingere B.
alla crisi di governo in quanto convinti
che B. sia stato ingannato dal capo dello Stato con la promessa di un
salvacondotto per i suoi processi che poi non si è avverata.
I giornalisti politici questo fanno di
mestiere: ascoltano tutte le voci dei politici e poi le riferiscono ai lettori,
per spiegare quel che accade nel mondo politico. Non tutto ciò che dicono i politici può essere verificato, specie
in Italia dove gli accordi – tipo quello che a fine aprile originò il
governo di larghe intese – vengono stretti nelle segrete stanze, lontano da occhi e orecchi indiscreti
(in Germania le larghe intese
vengono concordate da Cdu ed Spd in lunghe
trattative che si concludono con protocolli regolarmente sottoscritti ed
esplicitati agli elettori alla luce del sole). Capita però che qualche
protagonista, ogni tanto, racconti ciò che sa o dice di sapere di quegli
accordi segreti. Ed è dovere della libera stampa prenderne atto e riferirne
all’opinione pubblica, senza per questo sposare o credere a ciò che viene
detto. Specie quando si tratta di fatti almeno verosimili: quando Libero
ipotizzò la grazia a B., Napolitano s’infuriò; poi però, 13 giorni dopo la sua condanna, diramò una nota con il bugiardino, la posologia e le istruzioni per l’uso della grazia a B. E da quando B. è stato
condannato in Cassazione, non passa giorno senza che i giornali, tutti i
giornali, raccontino della rabbia di B. e dei suoi fedelissimi contro
Napolitano per il mancato salvacondotto. E mai il Quirinale si era permesso di
smentirli, perché riferivano un fatto vero: non che Napolitano avesse davvero
promesso il salvacondotto, ma che B. & C. se lo aspettassero e ancora se lo
aspettino.
Il
1° ottobre, nell’annunciare la sfiducia al governo Letta prima della
retromarcia in extremis, B. inviava
una lettera al settimanale Tempi per
accusare Letta jr. e Napolitano di “distruggere la loro credibilità” e
“affidabilità” e di “minare le basi della democrazia parlamentare” perché
rifiutavano di “garantire l’agibilità politica al proprio fondamentale partner
di governo” e consentivano “il suo assassinio politico per via giudiziaria?”. E
il 26 agosto vari giornali rivelavano
che B. minacciava di rivelare ”tutte le promesse che Napolitano mi ha fatto
quando abbiamo acconsentito a far nascere il governo Letta”. I giornali, tutti
i giornali, riportarono quelle parole senza
che il Colle li accusasse di credere alle “ridicole panzane come quella del
‘patto tradito’ dal Presidente Napolitano”. E fece bene, perché semmai avrebbe
dovuto smentire B., non chi aveva riportato le sue parole sull’inaffidabilità
del presidente e del premier che l’avevano tradito. Stavolta, come spesso gli
accade con le cronache del Fatto e non con quelle di altri giornali che
scrivono le stesse cose, Napolitano l’ha fatto. Evidentemente ci legge con particolare attenzione e
passione, o forse dà per scontato che gli altri giornali credano alle
panzane ma non si dà pace che lo facciamo proprio noi. Ringraziandolo per la
considerazione, ci permettiamo però di fargli notare che ha sbagliato
indirizzo. Se vuole smentire i falchi
del Pdl, si rivolga ai falchi del Pdl. E se un giorno, non sia mai, volesse
smentire B. che l’ha appena fatto rieleggere e sostiene il suo governo (pardon, il governo di Letta jr.), dovrebbe smentire
B. Quanto a noi, è vero: ogni tanto crediamo a ridicole panzane. Pensi,
Presidente, che ci eravamo persino bevuti quella della sua irriducibile
indisponibilità alla rielezione. Per dire.
Nessun commento:
Posta un commento