da: la Repubblica
Il fatto che stiano diventando quasi tutti
renziani non è un buon motivo per votarlo. Ma non è neanche un buon motivo per
non votarlo. Si può avere torto anche se si è in tanti, ma in tanti può
capitare di avere ragione: non tutte le maggioranze sono “una malattia” (Alvaro
Mutis/De André), non tutte le minoranze sono virtuose.
Sulla candidatura di Renzi incombe un greve ricatto tattico, che lo vuole
vincente e perciò stesso da votare. È un rovesciamento
della logica originaria della politica,
che imporrebbe di cercare di far vincere
chi ci rappresenta, non di considerarci rappresentati a priori da chi vincerà.
Il ricatto non è imputabile a Renzi: è la politica italiana che, avendo perduto
il vigore delle idee, campa quasi soltanto di calcoletti e calcoloni (spesso
fallaci, ma questo è un altro problema). Prima di chiedersi “chi vincerà”, bisognerebbe chiedersi “chi ha ragione”, esercizio non solo di
moralità politica, ma di igiene mentale. Conviene non solo a Civati, Cuperlo e
Pittella; conviene allo stesso Renzi, che altrimenti rischia di passare per
quello che è sceso in campo solo perché “vincente”. Non è abbastanza per una
platea politica sfinita ma pur sempre esigente come è quella di sinistra. Se
Renzi vuole (per esempio) il mio voto, si liberi della maschera di vincente e
parli di più di politica.
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