da: Il Fatto Quotidiano
Scandalo
Università, le raccomandazioni dei saggi: Barbera spinge Pizzetti junior
Dall'inchiesta
della Procura di Bari emerge un sistema di scambi di favori per aggirare il
sorteggio dei commissari in base alla riforma Gelmini e assecondare gli
interessi dei baroni ai concorsi universitari. Il costituzionalista de
Vergottini chiede notizie di due "protette". Pressioni anche per l'ex
ministro di Berlusconi Anna Maria Bernini. Barbera si informa sul figlio
dell'ex garante della privacy: "Per l'Università Europea c'è il ragazzo
che mi interessa?". Ma il concorso salta per rivalità interne
Poco importa che quel concorso, che vedeva
favoriti la senatrice Anna Maria Bernini e Federico Pizzetti, figlio dell’ex
garante della privacy, si sia concluso con un nulla di fatto. Vedremo perché.
Quel che importa è conoscere le pressioni, gli scambi, il sistema che ha
pervaso un concorso universitario nel 2010, con la riforma Gelmini in vigore.
Ed è ancora più importante scoprire che, a esercitare queste pressioni, queste
“pesanti interferenze”, siano stati anche
due autorevoli giuristi: Augusto
Barbera e Giuseppe de Vergottini, tre anni dopo assurti al rango di saggi, su
nomina del premier Enrico Letta e benedizione del presidente Napolitano. A
Barbera e De Vergottini è stato affidato il compito di riformare la nostra
Costituzione. Sono gli stessi che tartassavano di telefonate il commissario
Silvio Gambino. Il futuro saggio Augusto Barbera, definito negli atti “sponsor”
di Pizzetti, chiede a Gambino: “Per (l’università, ndr) Europea c’è il ragazzo
che m’interessa?”. “Sì”, gli risponde Gambino, “è un ragazzo molto preparato”.
De Vergottini invece contatta Gambino per chiedergli se, sempre all’Europea, il
professor Giuseppe Ferrari intenda agevolare due candidate milanesi. Poi chiama
lo stesso Ferrari e anch’egli s’informa su Pizzetti.
La
“rete criminale” dei professoroni
Il sistema della cooptazione non è certo
una novità. Ma lo scenario disegnato dall’inchiesta “do ut des”, condotta dal
pm barese Renato Nitti in collaborazione con la Guardia di finanza, supera le
peggiori fantasie: tradimenti, scambi, pressioni. La preoccupazione del sistema
– secondo gli investigatori – non è garantire un futuro alla ricerca
scientifica ma reclutare “burattini” che, nei futuri concorsi, asseconderanno
gli interessi dei baroni. Non manca nulla: neanche il “testamento” orale di
Giorgio Lombardi, professore di Diritto pubblico comparato all’Università di
Torino, scomparso tre anni fa e drammaticamente raccolto nelle intercettazioni.
L’inchiesta riguarda gli esami di prima e seconda fascia nei rami di Diritto
costituzionale, pubblico comparato, canonico ed ecclesiastico: l’esito finale –
è l’accusa – non ha avuto nulla a che vedere con il merito. Gli inquirenti
parlano di una “rete criminale”, che coinvolge alcuni tra i docenti più
autorevoli, e mira a far prevalere la logica del “favore” su quella del
“merito” e della “giustizia”. Barbera e De Vergottini, insieme con altri tre
saggi – Beniamino Caravita di Toritto, Carmela Salazar e Lorenza Violini – e 35
professori ordinari sono stati denunciati dalla Guardia di finanza: accuse che,
a vario titolo, spaziano dall’associazione per delinquere alla corruzione, dal
falso alla truffa aggravata. La riforma Gelmini, con il sorteggio dei
commissari, doveva eliminare le “raccomandazioni” ma il “sistema” si attrezza
immediatamente per neutralizzarla: orienta la formazione della rosa, affinché
siano sorteggiati commissari “arrendevoli”. Quella rosa, secondo l’accusa, non
s’è trasformata nella “libera elezione” di “giudici” che devono valutare il
candidato “più meritevole”. E per chi non s’adeguava c’erano minacce e
intimidazioni. Il sorteggio delle commissioni giudicatrici avviene nel gennaio
2010. E subito parte la sfida tra i due rivali del diritto pubblico comparato:
Lombardi e Giuseppe Franco Ferrari.
Il
testamento del “capo di tutti”
“È il decano, è il capo di tutti”: così
viene ricordato in un’intercettazione Giorgio Lombardi, morto da pochi giorni,
nel maggio 2010. Pochi mesi prima, al telefono, sostiene: la riforma Gelmini ha
delle norme complicate che però non daranno troppo fastidio. E con
Ferrari–collega alla Bocconi di Milano – ingaggia la corsa per recuperare i
voti dei docenti che, di lì a poco, avrebbero formato la rosa dei
sorteggiabili. Ferrari si rivolge al collega Pier Giuseppe Monateri, che può
agire sugli eleggibili del gruppo di diritto privato comparato. E nell’estate
2009 Monateri gli invia una lista di 20 nomi affidabili. Una seconda mail
elenca i probabili vincitori di concorso: 8 su 11 ce la faranno. E quindi: più
voti ci si accaparra, nella rosa del sorteggio, più è possibile manipolare le
future maggioranze nelle commissioni. Gli altri professori intercettati
commentano: Ferrari ha vinto le elezioni ma Lombardi è in maggioranza nei
concorsi che gl’interessano e, in fondo, è lui che ha vinto l’estrazione. De
Vergottini dopo il sorteggio parla di “tragedia”: hanno vinto i lombardiani.
C’è chi sostiene: a Lombardi basta scrivere su un foglietto i suoi nomi e la
partita è già vinta a tavolino. Ma l’obiettivo di Lombardi qual è? Eccolo: Anna
Maria Bernini e Federico Gustavo Pizzetti devono diventare professori di
Diritto pubblico comparato. La prima, professoressa associata di Diritto
pubblico comparato a Bologna, in quel periodo era parlamentare del Pdl e
ministro del governo Berlusconi. Il secondo è figlio di Francesco Pizzetti,
ordinario di Diritto costituzionale a Torino, all’epoca dei fatti presidente
dell’Autorità garante per la privacy. Per l’accusa, la Bernini, in passato
aveva aiutato il figlio di Lombardi per la sua carriera diplomatica e gli aveva
anche promesso un sostegno per l’eventuale elezione a giudice costituzionale. A
maggio si consuma il dramma personale di Lombardi che, ammalato, è sul punto di
morire: dieci giorni prima di spirare, parla al telefono con il collega Luca
Mezzetti, al quale dice parole che suonano come una sorta di testamento.
Le
promesse dell’ex garante per la carriera del figlio
“Ora sei tu il padrone”, gli dice,
consapevole che dovrà abbandonare l’impegno per il concorso. E gli affida
Bernini e Pizzetti, pregando Mezzetti di non affossare le candidature,
spiegandogli che può contare sui commissari Gambino, Ganino e Giovanni Cordini.
Lo invita alla prudenza con il rivale Ferrari. Dieci giorni dopo Lombardi
muore. E in poche ore si consuma il tradimento: Mezzetti contatta Ferrari
parlandogli di “interessi comuni”. Nell’estate 2010 gli investigatori si
concentrano sul concorso che riguarda Pizzetti e Bernini, nell’Università
cattolica romana dei Legionari di Cristo, e si convincono che il rettore, padre
Paolo Scarafoni, al centro delle indagini, è consapevole degli illeciti.
Lombardi lascia il ruolo di commissario a Mezzetti, che a sua volta lo cede a
Ferrari, anche lui dimissionario. Il concorso finisce nel nulla: ma gli
investigatori, dalle intercettazioni, apprendono delle pressioni di Pizzetti
senior che, in cambio della nomina di suo figlio, s’impegna a premere sui
colleghi torinesi, commissari nell’Università Roma Tre, per favorire un’allieva
di Ferrari.
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