da: Il Fatto Quotidiano
La disfatta dei 5Stelle alle elezioni
comunali di ieri è figlia dei loro errori, ma anche dei loro meriti. Gli errori
sono noti e li abbiamo più volte segnalati.
1)
Comunicazione. Un movimento giovane e radioso, aggressivo
ma sorridente, ha assunto via via una mutria ringhiosa, rancorosa, sospettosa,
difensiva. Contro nemici veri ma prevedibili e contro nemici immaginari (il
complotto interno dei traditori, le congiure dei partiti per spaccare i
5Stelle, le macchinazioni dei giornalisti, tutti cattivi a prescindere e servi
per definizione).
2)
Televisione. La scelta di Grillo di non mettere piede
in tv e di costringere le tv a occuparsi di lui, azzeccata nella campagna per
le politiche, è stata un suicidio in quella delle comunali: lì i comizi contro
“Pdl e Pdmenoelle” lasciano il tempo che trovano. Chi vota vuol conoscere i
candidati e i programmi. Se no gli schifati votano Grillo alle politiche e alle
comunali si astengono.
3)
Candidati. Il non-partito col non-statuto ha dei non-candidati,
degli anonimi “portavoce”. Che possono andar bene per opporsi in Parlamento, ma
sono totalmente inadatti per l’elezione diretta e personalizzata dei sindaci.
De Vito, a Roma, si presentava ai dibattiti tv leggendo un foglietto
prestampato: anche se leggeva il Vangelo, levava la voglia di votarlo a chiunque
non appartenga allo zoccolo duro del Movimento, che non supera il 10% (il resto
è voto di opinione e va conquistato ogni volta).
4)
Scelte nazionali. I balbettii delle consultazioni al
Quirinale e degli incontri in streaming con Bersani e Letta, quando i 5Stelle
non riuscirono a far capire la loro proposta di un governo fuori dai partiti
con Rodotà, o Zagrebelsky, o Settis. E consentirono alla black propaganda
anti-Grillo di addossargli la colpa dell’inciucio Pd-Pdl, già deciso la sera
del voto, e di oscurare la bellissima candidatura di Rodotà al Quirinale.
5)
Classe dirigente. Il sistema di selezione, con le
parlamentarie nazionali online e con la votazione locale dei meet-up, tiene
alla larga impresentabili, corrotti e riciclati, ma porta a galla troppi
personaggi mediocri, se non addirittura imbarazzanti. Quella che piagnucola
perché vuole andare a Ballarò, quello che campeggia dalla D’Urso, quelli che
alla prima busta paga si fanno la pipì addosso e scatenano la rivolta della
diaria. Consultare gli iscritti è fondamentale, ma necessita di un filtro
successivo: meglio escludere qualcuno prima che espellerlo poi.
Ma anche alcuni meriti dei 5Stelle aiutano
a spiegare la batosta. E sarebbe assurdo negarli.
1) Se
tre mesi fa avesse prestato sottobanco 15 senatori a Bersani per il suo
demenziale governicchio di minoranza, o se poi si fosse imbarcato nell’immondo
carrozzone Letta-Alfano, il M5S si sarebbe guadagnato i favori dei giornaloni,
della Rai e di mezza La7, che ora non lo lincerebbero da mane a sera, non
inventerebbero scandali inesistenti (tipo i delirii della cronista di Report
sulla pubblicità nel blog), non oscurerebbero la clamorosa rinuncia a 42
milioni di rimborsi elettorali, non lo accuserebbero di perder tempo a “parlare
di scontrini” o di essere come tutti gli altri.
2) Le
battaglie e i consensi dei 5Stelle hanno costretto gli elettori e i candidati
del Pd a cambiare in meglio (il predatore migliora la specie predata): i primi,
alle primarie, scelgono quasi sempre il più lontano dalla nomenklatura e più
vicino alla società civile; i secondi, una volta in lizza, si ingrilliscono
vieppiù rubando voti al candidato M5S. Pisapia a Milano, Doria a Genova, Renzi
a Firenze, De Magistris a Napoli, Emiliano a Bari, Orlando a Palermo, Zedda a
Cagliari, Serracchiani in Friuli. E ora Marino, che vince a Roma contro il Pd
dell’inciucio (era per Rodotà). Invece alle politiche c’era Bersani con tutto
il cucuzzaro, e Grillo superò il 25%. Ieri, nel pieno della débâcle alle
comunali, i sondaggi nazionali davano M5S addirittura in ripresa al 24-25%.
L’inciucio logora chi lo fa.
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