da: Lettera 43
Letta,
Alfano e la politica dell'improvvisazione
Oggi
chiedono di tagliare le tasse per ottenere consenso. Ieri votavano il pareggio
di bilancio in Costituzione.
di Paolo
Madron
I politici hanno la memoria corta, specie
se la rimozione riguarda errori o prese di posizione di cui si sono fatti
paladini nel recente passato.
Oggi, per esempio, va trasversalmente per
la maggiore sostenere tesi contro l’austerità che l’Europa ci impone, vera e
propria camicia di forza le cui strette soffocano l’economia del Paese.
Sarebbe bene però ricordare che molti dei teorizzatori di un allentamento dei vincoli comunitari sono gli
stessi che poco più di un anno fa, nell’aprile del 2012, hanno tronfiamente celebrato l’introduzione
del pareggio di bilancio nella nostra Costituzione. Quel provvedimento
risultava già allora talmente velleitario che si capiva essere solo il frutto
di un’improvvida propaganda.
PRIMA DOGMI, POI ORPELLI. Ora, da più
parti, sta guadagnando consensi l’idea che molti di qui vincoli si possano
buttare a mare, a partire da quel 3% del rapporto deficit-Pil che fino a ieri
sembrava un dogma invalicabile.
Si dirà che la situazione economica si è ulteriormente deteriorata, che persino Paesi ideologicamente più rigoristi di noi come la Francia hanno chiesto e ottenuto deroghe.
Si dirà che la situazione economica si è ulteriormente deteriorata, che persino Paesi ideologicamente più rigoristi di noi come la Francia hanno chiesto e ottenuto deroghe.
Il problema però non sta in questo, anche
se non bisognerebbe mai dimenticare che l’Italia a toccare livelli di debito
pubblico (2.034,725 miliardi di euro a marzo) che lo avvicinano pericolosamente
a quello della Grecia pre fallimento. Il problema sta nell’improvvisazione con
cui si affrontano temi cruciali che impongono di muoversi con la massima
accortezza e determinazione.
Fanno
e disfano secondo gli umori della piazza
La smania che i partiti hanno di recuperare
quel consenso che il loro comportamento negli anni ha ridotto ai minimi termini
gioca brutti scherzi.
Cedendo ai moti della piazza, e ai diktat
del Popolo della libertà che ne condiziona l’operato, il governo Letta ha rinviato (cancellato?) il pagamento della rata Imu
dovuta per giugno. Peccato non
abbia fatto i conto con i 100 mila che l’hanno già
pagata, e che ora dovranno avventurarsi
nei tortuosi meandri della burocrazia per evitare di perdere quei soldi.
POLITICA DI CORTISSIMO RESPIRO. Si
dirà che un incidente tecnico non inficia la bontà di un provvedimento che
cancella l’odioso balzello su un bene primario cui Berlusconi, che di case se
ne intende, ha appioppato i crismi della sacralità. Ma è un esempio delle
conseguenze pratiche provocate da una politica di cortissimo respiro, del sua
frenetico incedere a colpi di trovate e provvedimenti che spesso finiscono con
l’essere in palese contraddizione tra loro.
Analoga
situazione, nel governo precedente, toccò agli esodati della riforma Fornero,
uno dei peggiori ministro del Lavoro della storia repubblicana. In
quel caso l’ansia riformatrice di una professoressa
che probabilmente il tema delle
pensioni lo conosceva solo sui modelli econometrici in uso all’università, ha lasciato per strada oltre 300 mila
persone sulla cui vicenda con successivi (e costosi) provvedimenti si sta
metendo una pezza.
E LA SPESA PUBBLICA NON SI TOCCA. Adesso
che destra e sinistra si sono riscoperte
keynesiane ed espansive, sarà tutta una
corsa ad allargare i cordoni della borsa. Dopo l’Imu, che tra l’altro
lascia le casse dei comuni in ambasce, toccherà all’Iva per
scongiurare il di cui aumento di un ulteriore punto servono un paio di
miliardi. Per farlo, siccome i soldi non si stampano e la coperta è una sola,
si pescherà tra le risorse destinate ad poste di bilancio i cui beneficiari
certo non la prenderanno bene.
Bravissimi nel fare e disfare a seconda ci
come gira l’umore delle piazze, i partiti mostrano una adamantina coerenza nel
lasciare immutato l’unico capitolo su cui dovrebbero invece pesantemente
intervenire, quello della spesa pubblica. Che come il debito, di cui è motore,
non accenna minimamente a diminuire.
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