lunedì 20 maggio 2013

Paolo Madron: “Letta, Alfano e la politica dell’improvvisazione”


da: Lettera 43

Letta, Alfano e la politica dell'improvvisazione
Oggi chiedono di tagliare le tasse per ottenere consenso. Ieri votavano il pareggio di bilancio in Costituzione.
di Paolo Madron



I politici hanno la memoria corta, specie se la rimozione riguarda errori o prese di posizione di cui si sono fatti paladini nel recente passato.
Oggi, per esempio, va trasversalmente per la maggiore sostenere tesi contro l’austerità che l’Europa ci impone, vera e propria camicia di forza le cui strette soffocano l’economia del Paese.
Sarebbe bene però ricordare che molti dei teorizzatori di un allentamento dei vincoli comunitari sono gli stessi che poco più di un anno fa, nell’aprile del 2012, hanno tronfiamente celebrato l’introduzione del pareggio di bilancio nella nostra Costituzione. Quel provvedimento risultava già allora talmente velleitario che si capiva essere solo il frutto di un’improvvida propaganda.
PRIMA DOGMI, POI ORPELLI. Ora, da più parti, sta guadagnando consensi l’idea che molti di qui vincoli si possano buttare a mare, a partire da quel 3% del rapporto deficit-Pil che fino a ieri sembrava un dogma invalicabile.
Si dirà che la situazione economica si è ulteriormente deteriorata, che persino Paesi ideologicamente più rigoristi di noi come la Francia hanno chiesto e ottenuto deroghe.

Il problema però non sta in questo, anche se non bisognerebbe mai dimenticare che l’Italia a toccare livelli di debito pubblico (2.034,725 miliardi di euro a marzo) che lo avvicinano pericolosamente a quello della Grecia pre fallimento. Il problema sta nell’improvvisazione con cui si affrontano temi cruciali che impongono di muoversi con la massima accortezza e determinazione.

Fanno e disfano secondo gli umori della piazza

La smania che i partiti hanno di recuperare quel consenso che il loro comportamento negli anni ha ridotto ai minimi termini gioca brutti scherzi.
Cedendo ai moti della piazza, e ai diktat del Popolo della libertà che ne condiziona l’operato, il governo Letta ha rinviato (cancellato?) il pagamento della rata Imu dovuta per giugno. Peccato non abbia fatto i conto con i 100 mila che l’hanno già pagata, e che ora dovranno avventurarsi nei tortuosi meandri della burocrazia per evitare di perdere quei soldi.
POLITICA DI CORTISSIMO RESPIRO. Si dirà che un incidente tecnico non inficia la bontà di un provvedimento che cancella l’odioso balzello su un bene primario cui Berlusconi, che di case se ne intende, ha appioppato i crismi della sacralità. Ma è un esempio delle conseguenze pratiche provocate da una politica di cortissimo respiro, del sua frenetico incedere a colpi di trovate e provvedimenti che spesso finiscono con l’essere in palese contraddizione tra loro.
Analoga situazione, nel governo precedente, toccò agli esodati della riforma Fornero, uno dei peggiori ministro del Lavoro della storia repubblicana. In quel caso l’ansia riformatrice di una professoressa che probabilmente il tema delle pensioni lo conosceva solo sui modelli econometrici in uso all’università, ha lasciato per strada oltre 300 mila persone sulla cui vicenda con successivi (e costosi) provvedimenti si sta metendo una pezza.
E LA SPESA PUBBLICA NON SI TOCCA. Adesso che destra e sinistra si sono riscoperte keynesiane ed espansive, sarà tutta una corsa ad allargare i cordoni della borsa. Dopo l’Imu, che tra l’altro lascia le casse dei comuni in ambasce, toccherà all’Iva per scongiurare il di cui aumento di un ulteriore punto servono un paio di miliardi. Per farlo, siccome i soldi non si stampano e la coperta è una sola, si pescherà tra le risorse destinate ad poste di bilancio i cui beneficiari certo non la prenderanno bene.
Bravissimi nel fare e disfare a seconda ci come gira l’umore delle piazze, i partiti mostrano una adamantina coerenza nel lasciare immutato l’unico capitolo su cui dovrebbero invece pesantemente intervenire, quello della spesa pubblica. Che come il debito, di cui è motore, non accenna minimamente a diminuire.

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