da: Italia Oggi
La
Lega Nord si sta dissolvendo
Perde
voti dovunque, anche nelle sue ex piazze forti
di Cesare
Maffi
I numeri sono impietosi e si traducono in
una semplice considerazione: gli elettori abbandonano la Lega. Basta
confrontare i risultati delle politiche di tre mesi fa con i dati ottenuti
domenica e lunedì, nei capoluoghi. Il raffronto è improprio? Le critiche, per
rilevanti che siano, debbono arrestarsi di fronte a una considerazione semplice
semplice: si riesce a vedere quanti cittadini tre mesi fa hanno detto sì alla
Lega e quanti se ne sono ora andati. Quello era un dato politico, questo
amministrativo: annotazione valida, però la Lega, mercé il proprio radicamento
territoriale e il proprio conclamato localismo, potrebbe perfino spuntare
risultati migliori alle comunali. Così, invece, non è stato. Quanto al discorso
sui capoluoghi, si tratta di centri ove maggiore è la rilevanza politica nelle
amministrative.
Si prenda Brescia. La Lega ha avuto 6.724
voti (8,7%), contro i 12.725 (11,5%)
di febbraio. A Lodi i voti leghisti sono
stati 1.768 (9,8%): erano 2.765 (10,7%) alle politiche. A Sondrio la Lega si è
presentata da sola, vale a dire nelle condizioni migliori di fronte a elettori
che hanno sempre premiato la sua corsa solitaria rispetto alle competizioni in
coalizione: 717 voti, il 7,8%, mentre alle politiche erano 1.555, il 12,2%. A
Treviso, capitale storica del leghismo municipale mercé il sindaco-sceriffo
Giancarlo Gentilini, la lista della Lega ha avuto 3.022 voti (8, 3%), contro i
4.225 conquistati alle politiche (poi la lista Gentilini sindaco ha avuto 7.450
voti, il 20,4%). A Vicenza era candidata uno dei maggiori esponenti leghisti di
sempre, Manuela Del Lago, sconfitta al primo turno. Il Carroccio ha riportato
2.032 voti, pari al 4,6%, contro i 5.164 (8%) ottenuti alle politiche.
Passiamo a Imperia, ove un simbolo
composito con lo spadone di Alberto da Giussano ha portato a casa 429 suffragi
(2,1%), mentre alle politiche la Lega aveva 771 voti (3,2%). A Pisa 125 voti,
lo 0,3%, dimezzati rispetto ai 348 delle politiche (0.6%). Stavolta liste
leghiste erano assenti a Massa, Ancona e Siena, ove si erano nel precedente
turno presentate e in cui qualche voto alle politiche avevano raggranellato.
In soldoni: la Lega perde in voti e in
percentuali; quanto ai seggi e alle amministrazioni, si vedrà dopo i
ballottaggi. I leghisti ammettono che l'attrazione del nuovo corso maroniano
non si è tradotta in una ripresa; anzi, l'emorragia continua. I contrasti
interni, ammessi a denti stretti da alcuni esponenti del Carroccio (ovviamente
a urne chiuse), hanno influito, tuttavia l'arretramento è generale. Se sotto gli
Appennini si traduce nel quasi azzeramento (eppure, tanto per citare un caso,
nelle provinciali di Siena, dicesi Siena, nel 2009 la Lega aveva sfiorato il
5%), nella Padania «storica» i leghisti perdono ovunque, scendendo a livelli di
partitino in molti centri, ma arretrando pure là dove avevano punti di forza.
Poiché sconfitte si registrano anche con un candidato leghista primo cittadino
o con i leghisti fuori delle alleanze, e poiché il Carroccio è all'opposizione
del governo nazionale di larghe intese, non c'è che dire: gli elettori si
disaffezionano. Per l'esattezza: si disaffezionano ancor più, allontanandosi da
Roberto Maroni come prima si allontanavano da Umberto Bossi. Il ciclo, dopo il
2010, è in fase negativa ininterrotta.
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