da: Il Fatto Quotidiano
Palermo,
le domande allo Stato
di Sandra
Rizza
EX CAPI DELLO STATO, ex ministri,
parlamentari, alti magistrati, alti funzionari, uomini di governo e delle
opposizioni: sono i professionisti del ‘’non ricordo’’, quelli che i pm di
Caltanissetta hanno definito i protagonisti della ‘’doppia morale istituzionale’’.
Della trattativa non hanno mai sentito parlare e non sanno spiegare neppure
come e perché nel novembre del ’93, nel pieno di un attacco stragista, lo Stato
revocò 334 provvedimenti di 41 bis ad altrettanti detenuti mafiosi. Ecco, dalla
lista dei 172 testi che i pm di Palermo chiedono di sentire nel processo sul
dialogo mafia-Stato che si apre il prossimo 27 maggio, i primattori della
commedia dell’assurdo che va in scena tra gli stucchi e i saloni di
Montecitorio, Palazzo Chigi, via Arenula e il Viminale, mentre le autostrade
vengono sventrate a suon di tritolo e le Torri del Cinquecento sbriciolate
dalle bombe.
GIORGIO
NAPOLITANO
Al capo dello Stato, che probabilmente sarà
sentito a Roma nei suoi uffici del Quirinale, i pm vogliono chiedere cosa pensa
delle preoccupazioni espresse dal suo consigliere giuridico Loris D’Ambrosio
che, nella lettera del 18 giugno 2012, parla del timore ‘’di essere stato
considerato solo un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per
indicibili accordi’’, risalenti al periodo tra l’89 e il ’93.
CLAUDIO
MARTELLI
All’ex ministro della Giustizia, i pm
vogliono chiedere cosa venne a sapere dei contatti tra i carabinieri del Ros e
Vito Ciancimino, e come e quando se ne lamentò con Nicola Mancino. Martelli
dovrà poi spiegare l’avvicendamento al Viminale tra Vincenzo Scotti e Mancino,
questione che lo ha posto in contrasto con l’ex ministro dell’Interno, poi
finito tra gli imputati del processo per falsa testimonianza.
PIETRO
GRASSO
Dal presidente del Senato, ex procuratore
nazionale antimafia, gli inquirenti vogliono conoscere le richieste di Mancino
che invocava protezione dalle indagini sulla trattativa. Convocato dal Pg della
Cassazione Gianfranco Ciani, il 19 aprile scorso, Grasso precisò in un verbale
“di non aver registrato violazioni (nelle indagini siciliane, ndr), tali da
poter fondare un intervento di avocazione”. Ciani oggi nega di averlo
sollecitato ad avocare le indagini.
VINCENZO
SCOTTI
L’ex ministro dell’Interno (poi sostituito
da Nicola Mancino) è stato chiamato a spiegare in aula perché nel marzo del
’92, quando ancora era al Viminale, lanciò un allarme sui pericoli di una
“destabilizzazione dell’ordinamento democratico”, ma dovrà soprattutto parlare
della sua mancata riconferma all’Interno e della sua contestuale nomina al
ministero degli Esteri nel governo guidato da Giuliano Amato.
NICOLÒ
AMATO
L’ex direttore del Dap, poi sostituito da
Capriotti e Di Maggio, dovrà spiegare in aula proprio le vicende connesse alla
sua sostituzione. Ma anche le perplessità espresse dal capo della Polizia
Vincenzo Parisi, nella nota del 6 marzo ’93, sul regime di carcere duro.
Proprio sul punto, dovrà poi chiarire gli scambi avuti con Mancino a proposito
della revoca del 41 bis per i detenuti di Secondigliano.
GIUSEPPE
GARGANI
L’ex deputato della sinistra Dc (la stessa
corrente di Nicola Mancino e di Calogero Mannino) indagato per false
dichiarazioni al pm, dovrà illustrare i motivi dell’avvicendamento tra Vincenzo
Scotti e Mancino al Viminale, ma anche le confidenze che l’ex ministro Mannino
gli fece in un bar di Roma, vicino alla Camera dei deputati, sugli sviluppi
dell’indagine di Palermo sulla trattativa tra Stato e mafia.
LILIANA
FERRARO
L’ex direttrice dell’Ufficio Affari penali
dovrà raccontare cosa le dissero gli ufficiali del Ros Mario Mori e Giuseppe De
Donno sui loro incontri con don Vito. Dovrà poi riferire il colloquio avuto con
Borsellino all’aeroporto di Roma il 28 giugno 1992, quando lo informò
dell’esistenza di una “iniziativa investigativa” del Ros, sentendosi
rispondere: “Ci penso io”. Dovrà infine spiegare le modalità che portarono Di
Maggio, che non aveva i titoli, al ruolo di vicedirettore del Dap.
GIANFRANCO
CIANI
Al pg della Cassazione, i pm vogliono
chiedere quali furono le richieste di Nicola Mancino (che già era stato
vicepresidente del Csm) riguardo alle indagini palermitane sulla trattativa: la
loro eventuale avocazione o il coordinamento investigativo. Ciani nega di aver
chiesto l’avocazione, ma convocò il procuratore nazionale antimafia Pietro
Grasso per parlare del coordinamento delle indagini tra Palermo e
Caltanissetta.
CARLO
AZEGLIO CIAMPI
L’ex capo dello Stato dovrà ricostruire in
aula le drammatiche sequenze della notte tra il 27 e il 28 luglio ’93 quando,
contemporaneamente agli attentati di Roma e Milano, si verificò a Palazzo Chigi
il black out delle linee elettriche e telefoniche. Anni dopo Ciampi ha rivelato
che quella notte l’allora presidente del Consiglio dei ministri pensò che il
Paese fosse “a un passo dal colpo di Stato”.
GIOVANNI
CONSO
L’ex Guardasigilli, indagato per false
dichiarazioni al pm, dovrà raccontare come si arrivò alla nomina di Adalberto
Capriotti e Francesco Di Maggio ai vertici del Dap, e sulle “cause e la
paternità” delle 334 mancate proroghe dei provvedimenti di 41 bis per
altrettanti mafiosi, che finora il giurista, già presidente dell’Accademia dei
Lincei, ha sostenuto di aver deciso “in assoluta solitudine”.
LUCIANO
VIOLANTE
L’ex presidente della commissione Antimafia
dovrà riferire in aula sui suoi rapporti con il colonnello del Ros Mario Mori e
sulle richieste di quest’ultimo per fissargli un incontro con l’ex sindaco
mafioso di Palermo Vito Ciancimino, da lui sempre rifiutato. I pm gli
chiederanno anche quali furono i suoi scambi con Nicola Mancino e con altri
esponenti del governo nel 1993 sul tema del 41 bis.
VITALIANO
ESPOSITO
Al predecessore di Gianfranco Ciani alla
procura generale della Cassazione, saranno rivolte le medesime domande: e cioè
quali erano state le richieste di Nicola Mancino rispetto alle indagini di
Palermo. L’ex ministro e presidente del Senato lo chiamava al telefono
(apostrofandolo con un amichevole “guagliò”) per parlare delle indagini sulla
trattativa e della possibilità di una loro avocazione.
GIULIANO
AMATO
All’ex presidente del Consiglio (lo fu per
un breve periodo, dal 28 giugno 1992 al 28 aprile 1993), i pubblici ministeri
di Palermo vogliono chiedere quali furono i criteri adottati nella costituzione
del suo governo per la nomina di Nicola Mancino al Viminale al posto di
Vincenzo Scotti, e di quella successiva del Guardasigilli Giovanni Conso al
posto di Claudio Martelli nel febbraio del 1993.
GIANNI
DE GENNARO
Il prefetto dovrà parlare della nota della
Dia indirizzata il 10 agosto ’93 al ministro Mancino sulla presenza di uno
scenario criminale così potente da costringere lo Stato a scendere a patti non
solo con Cosa Nostra, ma anche con “altre forze criminali” che dimostrano “una
dimestichezza con le dinamiche del terrorismo e della comunicazione”. Oggi De
Gennaro non ricorda quasi nulla.
ADALBERTO
CAPRIOTTI
All’ex capo del Dap, indagato per false
dichiarazioni al pm, i pm vogliono chiedere come si arrivò alla sua nomina e a
quella del suo vice Francesco Di Maggio. Ma soprattutto della nota indirizzata
all’allora ministro Guardasigilli Giovanni Conso il 26 giugno 1993, nella quale
gli consigliava vivamente di non prorogare i provvedimenti di 41 bis. Capriotti
non ha saputo spiegare il perché di quella nota.
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