martedì 14 maggio 2013

Milano, strage del piccone: “Ma quale città razzista siamo sempre cosmopoliti”


da: La Stampa

“Ma quale città razzista siamo sempre cosmopoliti”
Viaggio nella metropoli scioccata tra tensioni e tradizione
di Michele Brambilla

Da un fatto di cronaca si possono trarre conclusioni affrettate: un matto che prende a picconate i passanti, se è ghanese, basta a far dire a qualcuno che gli immigrati sono pericolosi; viceversa, quattro bottiglie molotov lasciate all’ingresso di una Onlus che accoglie gli stranieri possono bastare a far dire che torna a Milano il mostro dell’intolleranza.  

Qual è la verità? Che aria tira a Milano? C’è chi la butta sul ridere e fa notare che domenica sera, a San Siro, un altro ghanese - Muntari - ha aggredito l’arbitro, fatto che conforta i Borghezio di turno; e che sempre a San Siro hanno fatto buuu a Balotelli, episodio che viceversa conforta i sostenitori della tesi «italiani (in questo caso romani in trasferta a Milano) uguale razzisti». Ma c’è poco da ridere. Ci sono dei morti, e c’è un brutto clima. 

Umberto Ambrosoli, da candidato alla presidenza della Lombardia, si è battuto contro la strumentalizzazione del pericolo-immigrati. Ma oggi non pensa
che ci sia il rischio di un ritorno di certe battaglie xenofobe: «L’immigrazione è stato un tema usato dalla Lega in campagna elettorale, ma poi è finita lì. Non vedo tensione a Milano su questo. Vedo una tensione generale in tutto il Paese, ed è la conseguenza della crisi. Ma gli omicidi dell’altro giorno sono estranei anche a questo disagio socio-economico: appartengono all’imponderabilità e alla follia umana». L’ha detto anche Maroni: un caso di pazzia. «Ho letto, mi sono sembrate parole utili a fare chiarezza. Vediamo se prevarrà la Lega di Maroni o quella di Borghezio». 

Il quale Borghezio, però, quando è andato a Niguarda a manifestare, è stato respinto con perdite. Nel quartiere non l’ hanno seguito. «A Milano il clima è positivo, intelligente» dice don Virginio Colmegna, presidente della Casa della carità. «Milano è piena di luoghi di ospitalità e integrazione. Certo c’è tanta cenere che può essere attizzata, e bisogna stare attenti a evitare le strumentalizzazioni. Ma questa città ha un potenziale umano ed etico che la mette in grado di reagire». Le bottiglie molotov all’ingresso della Onlus? «Credo non si debba dare troppo risalto a un fatto come questo. Non bisogna dare messaggi di conflittualità. Ci può essere qualcuno che strumentalizza, ma in questo momento non mi sento di lanciare allarmi». Anche don Roberto Davanzo, direttore della Caritas Ambrosiana, è convinto che non si debba dare troppa importanza alle molotov: preferisce non commentare.  

«Le molotov - dice Matteo Salvini, segretario nazionale della Lega Lombarda - sono una risposta criminale a quello che è successo. La risposta della Lega saranno cinquanta gazebo a Milano - cinquecento in tutta la Lombardia - che metteremo sabato e domenica per chiedere ai cittadini dimettere una “X” su un “sì” o su un “no” a questa semplice domanda: siete favorevoli al mantenimento del reato di immigrazione clandestina?». Iniziativa organizzata in fretta e furia dopo le picconate? «Erano già programmati da una settimana. Ma diciamo che la cronaca ci conferma l’attualità dell’argomento».  

Maroni però ha detto che non c’è alcun nesso tra l’immigrazione clandestina e i fatti di sabato, che è un problema di salute mentale. «Maroni fa bene a parlare così: è il governatore della Regione e parla a dieci milioni di persone. Io però da militante leghista le dico: sono stato al mercato di Cinisello Balsamo, che non è proprio la Svizzera, e sono stato attorniato da gente che mi diceva: non mollate sul reato di immigrazione clandestina». E alla domanda su Milano razzista o accogliente, la risposta di Salvini è fin troppo chiara: «Più accogliente di così non potrebbe essere». 

Ma Milano, Milano con il cuore in mano come si diceva una volta, non è cambiata. «Non vedo differenze con i miei tempi», dice Carlo Tognoli, sindaco socialista dal ’76 all’86: «Quando andavo a scuola io, si facevano battute sui terùn. Ma i milanesi non sono razzisti. È un classico della città essere cosmopolita. Mi creda: era molto peggio negli anni Settanta, quando la violenza era politica, di destra e di sinistra». 

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