da: La Stampa
“Ma
quale città razzista siamo sempre cosmopoliti”
Viaggio
nella metropoli scioccata tra tensioni e tradizione
di Michele
Brambilla
Da un fatto di cronaca si possono trarre
conclusioni affrettate: un matto che prende a picconate i passanti, se è
ghanese, basta a far dire a qualcuno che gli immigrati sono pericolosi;
viceversa, quattro bottiglie molotov lasciate all’ingresso di una Onlus che
accoglie gli stranieri possono bastare a far dire che torna a Milano il mostro
dell’intolleranza.
Qual è la verità? Che aria tira a Milano?
C’è chi la butta sul ridere e fa notare che domenica sera, a San Siro, un altro
ghanese - Muntari - ha aggredito l’arbitro, fatto che conforta i Borghezio di
turno; e che sempre a San Siro hanno fatto buuu a Balotelli, episodio che
viceversa conforta i sostenitori della tesi «italiani (in questo caso romani in
trasferta a Milano) uguale razzisti». Ma c’è poco da ridere. Ci sono dei morti,
e c’è un brutto clima.
Umberto Ambrosoli, da candidato alla
presidenza della Lombardia, si è battuto contro la strumentalizzazione del
pericolo-immigrati. Ma oggi non pensa
che ci sia il rischio di un ritorno di
certe battaglie xenofobe: «L’immigrazione è stato un tema usato dalla Lega in
campagna elettorale, ma poi è finita lì. Non vedo tensione a Milano su questo.
Vedo una tensione generale in tutto il Paese, ed è la conseguenza della crisi.
Ma gli omicidi dell’altro giorno sono estranei anche a questo disagio
socio-economico: appartengono all’imponderabilità e alla follia umana». L’ha
detto anche Maroni: un caso di pazzia. «Ho letto, mi sono sembrate parole utili
a fare chiarezza. Vediamo se prevarrà la Lega di Maroni o quella di
Borghezio».
Il quale Borghezio, però, quando è andato a
Niguarda a manifestare, è stato respinto con perdite. Nel quartiere non l’
hanno seguito. «A Milano il clima è positivo, intelligente» dice don Virginio
Colmegna, presidente della Casa della carità. «Milano è piena di luoghi di
ospitalità e integrazione. Certo c’è tanta cenere che può essere attizzata, e
bisogna stare attenti a evitare le strumentalizzazioni. Ma questa città ha un
potenziale umano ed etico che la mette in grado di reagire». Le bottiglie
molotov all’ingresso della Onlus? «Credo non si debba dare troppo risalto a un
fatto come questo. Non bisogna dare messaggi di conflittualità. Ci può essere
qualcuno che strumentalizza, ma in questo momento non mi sento di lanciare
allarmi». Anche don Roberto Davanzo, direttore della Caritas Ambrosiana, è
convinto che non si debba dare troppa importanza alle molotov: preferisce non
commentare.
«Le molotov - dice Matteo Salvini,
segretario nazionale della Lega Lombarda - sono una risposta criminale a quello
che è successo. La risposta della Lega saranno cinquanta gazebo a Milano -
cinquecento in tutta la Lombardia - che metteremo sabato e domenica per
chiedere ai cittadini dimettere una “X” su un “sì” o su un “no” a questa
semplice domanda: siete favorevoli al mantenimento del reato di immigrazione
clandestina?». Iniziativa organizzata in fretta e furia dopo le picconate?
«Erano già programmati da una settimana. Ma diciamo che la cronaca ci conferma
l’attualità dell’argomento».
Maroni però ha detto che non c’è alcun
nesso tra l’immigrazione clandestina e i fatti di sabato, che è un problema di
salute mentale. «Maroni fa bene a parlare così: è il governatore della Regione
e parla a dieci milioni di persone. Io però da militante leghista le dico: sono
stato al mercato di Cinisello Balsamo, che non è proprio la Svizzera, e sono
stato attorniato da gente che mi diceva: non mollate sul reato di immigrazione
clandestina». E alla domanda su Milano razzista o accogliente, la risposta di
Salvini è fin troppo chiara: «Più accogliente di così non potrebbe
essere».
Ma Milano, Milano con il cuore in mano come
si diceva una volta, non è cambiata. «Non vedo differenze con i miei tempi»,
dice Carlo Tognoli, sindaco socialista dal ’76 all’86: «Quando andavo a scuola
io, si facevano battute sui terùn. Ma i milanesi non sono razzisti. È un
classico della città essere cosmopolita. Mi creda: era molto peggio negli anni
Settanta, quando la violenza era politica, di destra e di sinistra».
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