mercoledì 22 maggio 2013

Musica, Doors: è morto Ray Manzarek, il tastierista

da: Il Salvagente

È morto Ray Manzarek, il tastierista dei Doors
Col suo organo Hammond fu il padre del sound ipnotico della band.

Il cerchio magico si chiude e si aprono le porte della percezione per Ray Manzarek, cofondatore e tastierista dei Doors uno dei gruppi rock più famosi della storia, che il 20 maggio è deceduto dopo una lunga battaglia contro il cancro, per raggiungere il compianto amico Jim Douglas Morrison, scomparso a Parigi nell’estate del 1971 dopo una notte brava a base di droghe e alcol passata insieme alla sua fidanzata Pam Courson.

L’incontro con Morrison
Ray e Jim sono uniti dal lontano 1965 quando fondarono insieme i Doors sulla spiaggia di Venice Beach a Los Angeles. Solo dopo arrivarono gli altri, John Densmore alla batteria e l’amico Robbie Krieger alla chitarra.
Leggenda vuole che Morrison iniziò a canticchiare a Ray alcuni versi di “Moonlight Drive” e che il tastierista rimase talmente colpito da questo ragazzo un po’ stralunato, ma dalla voce profonda e baritonale, (appena cacciato dall’Ucla l’Università del cinema dove i due erano iscritti) che decise di reclutarlo per formare una nuova band di rock psichedelico.


Prima dell’esplosione dei movimenti hippy
Per far capire appieno il fenomeno Doors ai tanti giovani che hanno un ritratto o un poster di Morrison, bisogna immergersi nella storia degli Usa della metà degli anni sessanta, dove una generazione ancora scossa dall’assassinio di J. F. Kennedy del 1963 e dall’inizio della guerra in Vietnam, stavano prendendo coscienza di un modo alternativo di vita che di lì a poco sarebbe sfociato nel “Flower Power” e nei movimenti hippy e pacifisti sorti a San Francisco nella “Summer of love” del 1968.

E tanta droga
Una voglia radicale di cambiamento che non poteva non trovare spazio nella musica. E un gruppo sperimentale ed estremo nella proposta sonora e visiva come i Doors, con le sue nuove sonorità, che fungevano da perfetta colonna sonora per i trip di acidi molto in voga alla fine degli anni ‘60, si aprirono immediatamente le porte del successo.

Light my fire
La band iniziò a provare in lunghe jam, molto spesso alimentate dall’uso di droghe e da queste prove venne fuori uno dei primi brani della band, quella Light My Fire che li consegnerà nell’albo della storia del rock, e che rimane famosa tutt’oggi per quell’indimenticabile intro di organo di Ray.

L’etichetta
I Doors, dopo una demo rifiutata da diverse etichette, alla fine trovarono l’interesse dell’Elektra Records che li mise subito sotto contratto e sotto la supervisione in cabina di regia dell’esperto Paul Rotchild per la registrazione della loro opera prima - in soli sette giorni su un quattro tracce - che li proiettò in cima alle classifiche americane, aiutati anche dall’immagine androgina del “Lizard king” (Morrison) che fece innamorare milioni di adolescenti.

Una band “diamante”
Proprio Morrison, da lì in poi divento l’icona dei Doors con la sua immagine di poeta maledetto alla ricerca del nirvana interiore. La band, però, tanto per citare John Densmore, “era come un diamante dove ogni lato ha la sua importanza”.

L’evoluzione
La miscela di rock psichedelico infarcito di copiose dosi di prog a inizio carriera, per passare poi al blues del Delta degli ultimi due dischi, erano il frutto di un lavoro di squadra, con Morrison sacerdote di una messa sconsacrata, coadiuvato dai ritmi jazz di Densmore dietro le pelli e sostenuto dalle improvvisazioni di Manzarek ai tasti d’avorio e dalle svisate blues di Krieger alla sei corde.

L’unicità di Manzarek
L’atipicità del complesso americano era nell’abilità di Ray Manzarek di suonare l’organo hammond e allo stesso tempo la linea di basso sempre sulle tastiere con estrema disinvoltura, anzi creando quel sound criptico e ipnotico che li distingueva da altri gruppi di quegli anni (come i Jefferson Airplane).

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