Referendum
Bologna: vince il no per i fondi alle scuole private. Affluenza al 28%
ll referendum consultivo sui fondi comunali
per le private dell'infanzia di Bologna ha premiato i promotori che
chiedevano di destinare quelle risorse, circa un milione di euro ogni anno,
alla scuola pubblica. L'opzione A ha vinto con il 59% contro il 41% della B,
ovvero quella in difesa dell'attuale convenzione.
Il voto, che ha richiamato testimonial e
prese di posizione a livello nazionale, arrivando a far temere la rottura nella
maggioranza di centrosinistra che guida la città, ha fatto registrare
un'affluenza sotto al 30%, fermandosi al 28,71%, ma non c'era nessun quorum. Ai
seggi è andato meno di un bolognese su tre, un dato che è stato interpretato in
maniera opposta dai due schieramenti.
Nel quartier generale dei referendari si è
cantata vittoria già prima dell'inizio dello spoglio. L'affluenza, secondo il
comitato promotore 'Articolo 33', rappresenta una "buonissima
partecipazione", dal momento che "gli elettori che si sono recati
alle urne superano di gran lunga il numero di persone direttamente coinvolte
nella decisione".
Inoltre, il comitato ha ricordato "le
scomode e irrazionali dislocazioni dei seggi e le carenze organizzative del
Comune", oltre "al grande astensionismo registrato alle elezioni
amministrative in tutta Italia e anche nella provincia di Bologna, che fa
risaltare ancor più la partecipazione bolognese al referendum".
Totalmente opposta, invece, la visione di
chi si è speso in difesa della convenzione. "E' stata un'affluenza molto
scarsa, è il referendum comunale meno partecipato della storia di
Bologna", ha sottolineato Alessandro Alberani, segretario della Cisl e in
prima fila nel comitato a favore delle private: "I fatti hanno dimostrato
quello che dicevamo, questo voto ha avuto poco interesse, nonostante il clamore
sui mass media e sulla stampa". Secondo Alberani, di fronte a questo 28%
di votanti, il risultato avrebbe avuto rilevanza solo nel caso di una netta affermazione
di uno dei due fronti.
La palla adesso torna in mano al sindaco
Virginio Merola, che nei giorni scorsi, all'apice della campagna elettorale che
lo ha visto scontrarsi duramente con Nichi Vendola (Pd e Sel, alleati in
maggioranza, erano divisi dalla consultazione), aveva detto che qualsiasi fosse
stato il risultato, non avrebbe fatto cambiare direzione all'amministrazione:
"Ora andiamo avanti di nuovo insieme", ha detto mentre i referendari
gli hanno chiesto di tenere conto dell'esito.
Ha votato anche Romano Prodi, che si era
speso pubblicamente a favore delle risorse alle private ed è tornato in tempo
dall'Etiopia: "Le persone che erano interessate sono venute a
votare", si è limitato ad analizzare.
Il voto e la campagna elettorale, a tratti
infuocata, si sono trasformati giorno dopo giorno in un test sulla tenuta del
Pd e della coalizione di centrosinistra. Tutta l'ala sinistra della
maggioranza, Sel in testa, si è schierata a favore della consultazione e con
loro tante associazioni della società civile, il M5S, la Fiom, i sindacati di
base, i collettivi studenteschi e persino Casapound.
In un'asse che a qualcuno ha fatto
sospettare di tentazioni da larghe intese (subito smentite), al fianco del
Comune c'era invece il centrodestra, insieme all'Udc, alla Curia, alla Cisl e
al mondo economico, dalle cooperative di ogni colore a Cna, commercianti e
Unindustria.
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