da: La Stampa
Andreottwitter
Una volta Montanelli scrisse che in chiesa
De Gasperi e Andreotti si dividevano i compiti: De Gasperi parlava con Dio e
Andreotti col prete. «Sì, ma a me il prete rispondeva», gli replicò Andreotti.
Forse ora toccherà a lui parlare con Dio e non se la potrà cavare con una delle
sue battute. Ciniche, gelide, brevi: da star di Twitter prima di Twitter. Se
Dio esiste, ci sono forti dubbi che sia democristiano (ecco, questa potrebbe
averla detta lui) e meno che mai della sua corrente, per un pregiudizio
anzitutto estetico (Sbardella, Vitalone, Evangelisti: più che ritratti sono
foto segnaletiche).
Senza l’ambizione di rubare il mestiere al
pubblico ministero celeste, un lungo soggiorno in purgatorio deve averlo messo
in preventivo anche Andreotti. Fin dal giorno in cui, ancora imberbe, decise di
sporcarsi le mani con il potere. Perché il potere logora chi non ce l’ha, ma
sporca tutti coloro che lo toccano, e chi sostiene il contrario è solo un
fanatico, o un ipocrita.
Resta l’ironia, molto andreottiana, della
scomparsa di un uomo che dopo sessant’anni di vita pubblica sembrava incarnare
la prova dell’immortalità: non dell’anima, ma del corpo. Se ne va col suo
carico
intatto di misteri, ma dopo averne chiarito
almeno uno: non è vero che tirare a campare è sempre meglio che tirare le
cuoia, come recita uno dei suoi tweet più celebri. Proprio perché a tutti
succede di tirarle, prima o poi, tanto vale campare a testa alta e a cuore
acceso.
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