Un
film di Sergio Rubini. Con Emilio Solfrizzi, Neri
Marcorè, Pasquale Petrolo, Vanessa Incontrada, Sergio Rubini, Bob
Messini, Gianmarco Tognazzi, Margherita Buy,Valentina Cervi
Biagio Bianchetti è un imprenditore con una
moglie, un cane e un complesso di inferiorità. A provocarlo è Ottone Di
Valerio, ex compagno di scuola e sempre un passo davanti a lui. Dall'infanzia
all'età adulta, Ottone ha accompagnato la vita di Biagio superandolo in
qualsiasi prova e guadagnandosi il favore degli astanti. Competitivo fino al
midollo ha deciso di giocare un brutto scherzo al rivale, proponendogli un
affare destinato a naufragare come la sua esistenza, a cui Biagio decide di
mettere fine affogandosi nel lago. Ma diversamente dalla terra, lassù qualcuno
lo ama e decide di concedergli una seconda possibilità. Reincarnato nei panni
di Dennis Rufino, un brillante manager a cui Ottone ha affidato le sorti della
sua azienda, Biagio infila la via della vendetta. Quell'inedito punto di vista
sposta la sua prospettiva, rivelandogli il mondo e le persone, quelle amate e
quelle odiate, dietro la maschera. Turbato da quella rivelazione, deciderà di
essere migliore migliorando chi diceva di odiare.
Lontano dalla sua terra e dalle
sue radici mediterranee, Sergio Rubini scambia i corpi dei suoi protagonisti,
giocando sul confine sogno-realtà, vero-falso. Come ne L'anima gemella il protagonista
incarna l'altro da sé per ottenere qualcosa o qualcuno che lo farà davvero
felice. O almeno così credono i personaggi di Rubini ossessionati dall'essere
secondi nel cuore dell'amato o nell'attività imprenditoriale intrapresa. Dentro
un'atmosfera new age, che si fa gioco del movimento e del suo pensiero positivo
con guizzi e lampi di surreale leggerezza, il regista pugliese affronta il
complesso di inferiorità già approfondito nel più ambizioso Colpo d'occhio e suggerito ne L'uomo nero, sazi di recriminazioni nei
confronti di una certa critica della quale Rubini continua a indagare e a
stigmatizzare il potere manipolatorio. Spostando la questione dal pubblico al
privato il risultato non cambia, perché nelle equivalenti dinamiche relazionali
che governano il microcosmo di un uomo che ambisce a costruire un'attività di
successo, il rivale si impone come arbitro assoluto, decidendone cinicamente la
sorte. E se ancora una volta l'abile oratore si rivelerà un venditore di fumo,
la sicurezza di Ottone dissimula un'insicurezza patologica, a mutare è
piuttosto la natura del giudicato, non meno meschina, manipolatrice e
vendicativa del suo giudice-rivale. Con Mi rifaccio vivo Rubini
sembra trovare la misura di un discorso che evidentemente gli sta a cuore ma a
cui il regista non sacrifica il piacere del racconto e la centralità del punto
di vista assegnato a Emilio Solfrizzi, uno dei volti più duttili ed empatici
della nostra cinematografia, usato con una parsimonia che sfiora l'avarizia.
Protagonista per la seconda volta dopoLa terra nel cinema di Rubini,
l'attore barese è il corpo agente di Lillo, 'suicidatosi' nel prologo e
ridiveniente per fallire vita e azienda dell'invincibile uomo di affari di Neri
Marcorè, fortunato e abbigliato al modo di Gastone. Acrimonioso come Paperino,
il Bianchetti di Lillo incarnato da Solfrizzi e afflitto da un nemico elevato a
persecutore si assumerà le proprie responsabilità coltivando una dimensione più
etica della vita. Narciso capriccioso, il protagonista si specchia un'ultima
volta nelle acque del lago e nel rancore che lo ha consumato, decidendo di fare
il Bene dell'altro. Pur nelle imperfezioni non si può non riconoscere al cinema
di Rubini un'innegabile magia che converge nella sequenza sul cornicione,
realizzando un pezzo di cinema (comico) di straordinaria efficacia.
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