mercoledì 22 maggio 2013

Paolo Madron: “Il declino di Grillo e del suo Movimento”


da: Lettera 43

Il declino di Grillo e del suo Movimento
Il comico non ha saputo capitalizzare il successo elettorale. E con la sua furia iconoclasta ha rafforzato Berlusconi.

Era inevitabile. Dopo una tumultuosa irrefrenabile ascesa, dopo aver riempito le piazze come da tempo immemore non capitava a un leader politico, dopo essere diventati il primo partito italiano, Beppe Grillo e i suoi cominciano a dare segnali di stanchezza.
Di primo acchito, la causa sta nel non aver saputo capitalizzare tutto ciò, nell'aver gestito con troppi errori (talvolta dissennatamente) un enorme patrimonio di consensi, ancora più straordinario se si pensa al poco tempo impiegato nell'accumularlo.

UN ERRORE ATTACCARE GABANELLI. L'ultimo errore, non tra i più gravi ma comunque, vista la credibilità del personaggio tale da risultare simbolicamente devastante, l'aver criticato Milena Gabanelli per aver ficcato il naso sul modo in cui vengono gestiti i proventi che derivano dal fortunato blog del comico.

Ma prima di prendersela con la conduttrice di Report, una beniamina del Movimento che l'aveva indicata nella consultazione online come il presidente della Repubblica più gradito, i 5 stelle sono incappati in una sequela di disavventure che hanno evidenziato tutte le loro debolezze.


L'AUTOREFERENZIALITÀ DEL DIBATTITO. Il lungo estenuante dibattito su diaria, rimborsi e scontrini non solo ha provocato molti mal di pancia interni, ma ha dato l'impressione di un partito autoreferenziale, che perde più tempo a discutere di se stesso e delle proprie contraddizioni (pazienza fossero di idee, ma solo e sempre di soldi si tratta) invece che occuparsi di riformare la politica e affrontare le questioni economiche, specie la sopravvivemza della piccola e media impresa, di cui in campagna elettorale si era fatto paladino.

EFFETTI DELLA FURIA ICONOCLASTA. Anche la furibonda e macchinosa battaglia per l'ineleggibilità di Silvio Berlusconi, se pur non priva di motivazioni palusibili, sembra rispondere a una strategia politica che mira a sfasciare tutto, incurante se nelle sua furia iconoclasta rischia di travolgere il governo ma soprattutto un Pd già gravemente indebolito dal suo travaglio interno. Con il risultato che la crociata per mettere fuori gioco il Cav ha finito per sortire l'effetto contrario, rafforzando la presenza e il consenso di chi fino a pochi mesi fa era dato politicamente per spacciato.

Quest'ultima è in realtà il collaterale di una vicenda più vecchia e ben più devastante che ha visto il Movimento 5 stelle pervicacemente rifiutare qualsiasi dialogo con l'allora presidente del Consiglio incaricato Pier Luigi Bersani.

ASSIST INVOLONTARIO AL CAV. Nella sequela di no pervicacemente opposta a ogni profferta del Pd in molti vedono l'elemento chiave della riscossa di Berlusconi, il cui ruolo è diventato decisivo prima nella riconferma di Giorgio Napolitano al Quirinale, e successivamente nella formazione del governo Letta cui ha imposto l'agenda a partire dalla sospensione dell'Imu.

Risultato? Ora le piazze dove Grillo si esibisce sono meno piene, le debolezze dei 5 stelle sono state messe a nudo e gli entusiasti elettori di ieri cominciano a diffidare della capacità del Movimento di interpretare gli aneliti al cambiamento.

I RISCHI DELLA SUPREMAZIA MORALE. Grillo dovrebbe far tesoro del fatto che accampare una conclamata supremazia morale, già fonte di molti guai per la sinistra, è una pericolosa arma a doppio taglio: inizialmente esalta la presunta diversità e la rende attraente agli occhi di elettori insofferenti alla partitocrazia. Ma poi diventa una cartina di tornasole su cui viene spietatamente misurato ogni tuo atto e pensiero, non importa se spesso risponde al sadico esercizio di infierire su chi ha avuto successo.

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