da: La Stampa
Francesco Guccini: “Torno a scrivere ma per i Nomadi”
Lui non canta più sul palco ma a Musicultura lo celebrerà
la sua band
di Marinella
Venegoni
Confermata la decisione di non cantare
mai più su un palco davanti a folle adoranti, prima di tuffarsi nella sola
letteratura Francesco Guccini acconsentirà per l’ultima volta a mescolarsi in
pubblico con la musica in un Guccini Day che chiuderà la benemerita rassegna
maceratese della canzone d’autore Musicultura, il 23 giugno . In una città con
le vetrine imbandite di suoi libri e dischi per tutta la settimana, come si
conviene a un eroe che si lascia bonariamente celebrare, assisterà alla
proiezione del film-documentario L’ultima Thule coprodotto da sua moglie
Raffaella Zuccari, in cui si racconta l’album che chiude una carriera artistica
di cui nessuno è mai riuscito a parlare male. Un record. Ma il sorpresone è
previsto in serata, quando i tre quarti della sua storica formazione si
trasformeranno in cover band, per ripercorrere sul palco i suoi successi
storici, con il commento parlato del Guccio. A sostituire
il suo vocione e la
erre moscia nell’impegnativa impresa una vecchia conoscenza, Danilo Sacco che
già ebbe l’onore di rimpiazzare Augusto Daolio nei Nomadi. Sarà, quello di
Macerata, il debutto del tour della band, benedetto dal Capo in persona. Essere
celebrati e ripercorsi da vivi e arzilli, , rappresenta una circostanza
stravagante; che pare non scomporre più di tanto il Maestrone: «La notizia è
che Flaco Biondini, Vince Tempera, Antonio Marangolo e Pierluigi Mingotti, con
Gigi Cavalli Cocchi alla batteria, hanno fatto questo gruppo e lavoreranno
loro, con Sacco alla voce».
Sicuro
di non cantare proprio più?
«Glielo avevo già detto, non canto più
in pubblico. Per gli amici sì, magari dopo una cena... Volevano chiamarsi I
musici come li ho sempre chiamati io, invece terranno i loro nomi. E
invece...».
Invece?
«Invece ho scritto con Flaco una
canzone per i cinquant’anni dei Nomadi, che celebreranno a Cesenatico. Si
intitola Nomadi e gioca un po’ sul significato letterale e sul nome della band.
Ma non vado oltre, sarà Carletti a parlarne».
Che
destino di fraternità emiliana, i Nomadi e Guccini. Dal loro primo successo Dio
è morto all’ultima canzone sua scritta proprio per loro. Però potrebbero
nascerne altre, no?
«Non è che ne abbia
gran voglia, adesso sto scrivendo Il dizionario delle cose perdute. Però
ho prodotto un gruppo, il cui leader Gianfranco Riccelli è un colonnello dei
carabinieri di stanza a Bologna. Nell’album ci sono testi di Lolli, Manfredi e
Giancarlo Lucarelli. Si chiamano Arangara, che in calabrese è l’albero
dell’arancia portato qui da Marco Polo, di cui sono ghiotti gli elefanti. Gli
uomini si indirizzavano agli animali con un’arancia in mano, dicendo
“arangara”, che significava “vieni qui”, Marco Polo si convinse che dicessero
“arancia”, così le è rimasto quel nome. Il disco esce con la nostra etichetta Via
Paolo Fabbri 43. Curioso e interessante».
Ma
sarà una cosa emozionante, la celebrazione a Musicultura...
«Sono curioso di sentire le mie
canzoni cantate dai miei, non mi era mai successo. Ho evitato manifestazioni
glorificanti per questa, che mi pare un’idea molto sobria. Tra l’altro stanno
collaborando a metter su un concerto a Carpi, ancora per i terremotati. Andrò,
ma solo a guardare».
Non
le spiace?
«Un pochino sì, ma ormai ho preso la
decisione. Ogni tanto comunque andrò in giro, a raccontare il libro».
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