da: Il Fatto Quotidiano
Partiti,
non solo finanziamenti pubblici: ecco chi sono i “benefattori” della casta
Nel
2006 Benetton divise equamente 1,1 milioni tra Forza Italia, An, Lega, Udc, Ds,
Margherita, Prodiani. Ma non è l'unico: i signori del mattone (Bonifaci,
Salini, Gavio e altri) vantano una tradizione bipartisan. Dai Riva a Della
Valle, da Zamparini a Caprotti, Da Romeo ai Merloni ecco scelte e cifre degli
ultimi anni
di Alessandro
Ferrucci e Carlo Tecce
Anche nel passaggio dalla lira
all’euro lo scalino è stato ammortizzato. Tanto era allora, il doppio
dopo. Anzi, i benefattori della politica sono stati al passo con gli appetiti
crescenti: bonifici con zeri abbondanti a coprire una perenne campagna
elettorale. I nomi sono quasi sempre gli stessi: presunti capitani
d’industria come la famiglia Riva, imprenditori dall’aspetto
illuminato tipo la famiglia Benetton. O Diego Della Valle, sempre presente
negli ultimi vent’anni. I più generosi e attenti? Tutte le realtà legate al
mondo della sanità e dell’edilizia. Destra, sinistra, centro. Questo ballo
coinvolge tutto il Parlamento.
Sulla
via Emilia
Metodici. Puntuali. Con cifre crescenti.
Sono i Merloni, proprietari dell’omonima
azienda legata al mondo degli
elettrodomestici e della termoidraulica. Nel 1994 intervengono con un assegno
da dieci milioni a favore diBeniamino Andreatta, uno da 30 per Gerardo
Bianco, 60 al Partito Popolare e 80 per la neonata Forza Italia.
Ma la generosità non finisce qui: ecco 270 milioni al Patto Segni, sotto
la formula del “deposito fruttifero a garanzia di scopertura bancaria” e altri
20 per il suo leader Mariotto. Cambia stagione, non la generosità. Nel 1999: 50
milioni ai Ds, altrettanti al Ccd. Occhio alla data: 2001. È l’anno
della chance per Francesco Rutelli come leader del centrosinistra, l’anno della
frase “mangio pane e cicoria”. Per rendere più sfizioso il companatico, i
Merloni si presentano con 100 mila euro; al Patto Segni e all’Udeur appena
10 mila. Finisce la disponibilità. Nel 2008 l’azienda entra in crisi: chiusi
due stabilimenti, amministrazione straordinaria e debiti per 543,3 milioni di
euro. Parentesi “alimentare” sulla via Emilia: nel 1994 Parmacotto si
presenta con 100 milioni per Forza Italia e altrettanti per il
candidato locale, Elio Massimo Palmizio. Non meno generoso è mister
Idrolitina, alias Giuseppe Gazzoni Frascara, candidato nel 1995 a sindaco
di Bologna. Tra il 1994 e il 1996 si presenta con oltre 300 milioni tra Forza
Italia e il Ccd.
A
chi fa le scarpe?
19 marzo 2006. Vicenza. Silvio Berlusconi
attacca violentemente Diego Della Valle. Il signor Tod’s replica dalla
platea. Sembrano lontani umanamente e politicamente, almeno lì. Eppure qualche
anno prima la storia era tutt’altra. Nel 1994 il proprietario della Fiorentina
si presenta da Forza Italia con 100 milioni, mentre sono 135 per il
Patto Segni, sempre con la formula del “deposito fruttifero”. Ma la vera
amicizia è quella con Clemente Mastella: nel 1998 dà 50 milioni ai
Cristiano Democratici per la Repubblica e 150 mila all’Udeur per la campagna
del 2006, a firma di Andrea (altri 100 mila per la Margherita, da parte di
Diego, maggiore dei fratelli). Parallelamente alla passione politica, cresce
anche il pacchetto aziende, tanto da entrare, nel 2011, nella classifica di
Forbes dedicata agli uomini più ricchi al mondo; al marzo del 2013 egli è al
965° posto (20° italiano), con un patrimonio di 1,5 miliardi di dollari.
Fattore
di “mercato”
Coerente. Munifico e coerente. È Maurizio
Zamparini, spesso in tv o sui giornali, perché proprietario del Palermo calcio.
È un uomo di destra, e quella parte finanzia. Nel 1994 batte ogni record con
due “assegni” da 250 milioni l’uno, a favore del defunto Msi, in procinto
di trasformarsi in Alleanza nazionale. Nel 2001 diventano 200 mila euro; 103
nel 2006 al Ccd, mentre nel 2008 seduce l’Mpa di Lombardo con altri
100.
Freccia
a destra
Qualche dubbio, un’unica certezza: un
misterioso benefattore spedisce nel 1994 97 milioni di lire all’Msi, da poco al
governo con Silvio Berlusconi. Sono tre bonifici provenienti dal Lussemburgo,
una situazione talmente ingarbugliata da costringere Gianfranco Fini a
scrivere: “La vostra somma non è stata ancora utilizzata. Vi preghiamo di
volerci segnalare la causale di tale versamento”. Il titolare della società non
sa cosa rispondere, ma si rifugia in un diplomatico “sostegno e stima da
italiani residenti all’estero”. Peccato che dietro ci fosse il banchiere
italo-svizzero Pierfrancesco Pacini Battaglia, poi condannato a sei anni
di carcere per appropriazione indebita nell’inchiesta di Mani Pulite.
Il
“re” trasversale
Per Alfredo Romeo una condanna a
quattro anni in primo grado, due e mezzo in appello e la prescrizione in
Cassazione, a causa di Tangentopoli. Definiva i politici come “della
cavallette! Anzi, delle iene”. Ma per lui una seconda opportunità, con un
patrimonio immobiliare di 48 miliardi di lire da gestire e 160 milioni di
incassi. E la capacità di intervenire, dove utile, con finanziamenti
trasversali: 27.900 euro nel 2002 ai Ds di Roma, 12 aForza Italia.
Altri 20, sempre al partito di Fassino, per il 2005. E ancora 30 mila nel 2013
a Nicola Latorre, 25 al Centro Democratico. Oppure a Torino nel 2001: 30
mila per il sindaco Sergio Chiamparino, 40 a Forza Italia. Infine ha dato
60 mila euro a Renzi per le primarie. Attenzione: il business di Alfredo Romeo
è di servizi offerti agli enti pubblici. Il 13 aprile di quest’anno la terza
sezione della Corte d’appello di Napoli, lo ha condannato a tre anni per
corruzione. Poche settimane prima aveva vinto una gara bandita dall’Anci per
diventare partner della società che si occuperà della riscossione dei tributi.
La
famiglia Riva
Tutti e tre schierati. Il padre Emilio
Riva, assieme ai figli Nicola e Fabio: sono i proprietari dell’Ilva di Taranto,
ora agli arresti domiciliari. Nel 2006 finanziarono la campagna elettorale
di Pier Luigi Bersani con 98 mila euro. L’ex leader del Pd diventò
ministro dello Sviluppo economico. Ma due anni prima, i tre uomini Riva,
avevano elargito 330 mila euro a Forza Italia attraverso tre
bonifici. Più altri “spicci”, ai berlusconiani di Bari, Taranto e Milano.
42
miliardi in sei anni
Nessuno ha mai negato che Forza Italia
fosse la struttura politica di Publitalia 80, la concessionaria
pubblicitaria di Mediaset, la più potente d’Italia ancora oggi. E nessuno ha
creduto a Silvio Berlusconi quando si lamentava per i soldi spesi in campagna
elettorale. Publitalia ha pompato denaro dal ’94 al 2000 a Forza Italia e ai
propri alleati fra cui Alleanza nazionale, Lega Nord e Udc, ma anche la lista
Pannella e Bonino Presidente: spesso si trattava di sconti sugli spazi
pubblicitari oppure sconti “praticati secondo generali orientamenti di
strategia commerciale”. Qualsiasi fosse la definizione giusta, il passaggio di
favore e l’esborso di Cologno Monzese, la cifra ufficiale è spaventosa: circa
42 miliardi di lire in sei anni. Ma per confermare la generosità di Berlusconi
va fatto notare un assegno di Forza Italia ai leghisti di Bossi e Maroni nel
2003, e non c’è scritto che si trattasse di divisione dei rimborsi pubblici:
300.000 euro.
Sergio
Scarpellini
Il re del mattone di lusso, soprattutto
romano, Sergio Scarpellini ebbe i contratti per gli affitti di
Montecitorio nel 1997. Qualche anno dopo, l’imprenditore donò 50 milioni di
lire ai Ds calabresi e poi 48 mila euro ai Ds romani. Ma ha sempre
contribuito alle spese dei partiti con le sue società, Milano 90 e Progetto 90.
Sempre attento ai Ds prima e Pd poi: 200 mila euro in totale, 20 mila
euro diretti a Michele Meta. Non manca il fronte centrodestra: 100 mila euro
all’Udc, 50 mila al Pdl, 35 ai Cristiano Popolari di Baccini e
25 ai leghisti. Ma chiunque spende con speranza. Come Giuseppe Grossi, morto un
paio di anni fa, vicino a Comunione e Liberazione, che aveva monopolizzato le
bonifiche in Lombardia: per caso, prima dell’arresto, qualche anno addietro (2001
e 2004), diede 450 mila euro a Forza Italia. Funziona molto la tecnica della
presenza costante con l’associazione Federfarma che pensa a tutti, proprio a
tutti i partiti e ai tanti candidati.
Picconatore
in aereo
L’aneddoto su Francesco Cossiga,
allora presidente emerito, merita un racconto. Il picconatore viaggiava tanto e
spesso a spese altrui: nel 1999, la Eliar lo portò tra la Spagna e l’Italia;
nel 2000, Silvio Berlusconi in persona gli regalò un volo privato Roma-Nizza;
poi la Joint Oriented pagò un Roma-Nizza. Ma chi si spese di più fu la Tiscali
del conterraneo Soru che gli garantì un trasporto annuale gratuito – era il
2003 – da Cagliari a Roma e da Cagliari a Milano, andata e ritorno ovviamente.
Questo introduce gli oltre 420 mila euro che la Energex diede al Ccd di Casini
prima che diventasse Udc: la società anonima, sede in Lussemburgo, si occupa di
noleggio aereo e la Camera non sa spiegare questi soldi di “capitale
straniero”.
Re
del mattone
Il costruttore romano Domenico
Bonifaci, per la campagna elettorale fra Romano Prodi e Silvio Berlusconi, la
sfida numero uno, diede in prestito 3 miliardi di lire al Pds. Ma è soltanto un
esempio di quanto, in questi anni, abbiano speso costruttori e immobiliaristi
per sostenere i partiti: non mancano i Gavio o Toto. Da quando
Pier Ferdinando Casini ha sposato la figlia Azzurra, Gaetano Francesco
Caltagirone, attraverso le varie società di famiglia o in prima persona, non si
è risparmiato: ha donato 2 milioni di euro in poco tempo. Anche se, dieci anni
fa, diede un piccolo contributo di 20.000 euro ai Democratici di sinistra
romani. I Ds in giro per l’Italia, e in particolare nella Capitale, hanno
sempre potuto contare sui signori del mattone. Salini non si è sprecata, scarsi
100.000 divisi fra le varie sezioni rosse, stessa cifra per Italiana
Costruzioni che, però, ne ha dati 25mila all’Udc, più 120 milioni del ’96 al
Pds. I Ds di Roma, a colpi di 10 milioni di lire poi diventati 20mila euro,
sono stati finanziati tanto dai potenziali o reali clienti come Romeo di Global
Service o come Mondialpol che ha creduto anche nei progetti di Marrazzo
presidente del Lazio o dell’Udc del munifico Casini. La bolognese Astaldi,
che realizza grandi opere, ha sempre preferito la destra come testimoniano i
100 mila euro a Forza Italia che mal si sposano con i 70 mila ai Ds di qualche
anno prima. I Cantieri Italiani di Pescara, anche con piccole somme di 5
mila euro, hanno cercato di tenere in piedi il centrosinistra italiano in
Abruzzo: dai Democratici di Sinistra al Partito popolare hanno effettuato più
di 30 donazioni. Tra i grandi finanziatori va ricordato Giannino Marzotto,
amico di Enzo Ferrari, scomparso qualche anno fa, che in un colpo solo diede un
milione di euro ciascuno a Forza Italia e Lega Nord.
Supermercati
Il patrón di Esselunga, Bernardo
Caprotti, non ha mai nascosto le sue preferenze politiche. E i supermercati
enormi, che puntellano soprattutto la Lombardia, sono merito di sapienza
imprenditoriale e di un buon affiatamento con gli amministratori locali.
Esselunga ha sempre finanziato i candidati di Forza Italia con bonifici di 20
milioni di lire, stiamo parlando degli anni che vanno dal 1996 al 2000, e tra i
benificiari si trovano anche l’allora sindaco di Milano, Gabriele Albertini e
l’attuale ministro Mario Mauro: entrambi, però, hanno mollato il Cavaliere per
il professor Monti. Una volta sola, nel 2002, Caprotti stacca un assegno a suo
nome di 200 milioni di lire per Forza Italia: l’anno prima la controllata
Orofin ne aveva dati 500. Anche i centristi di Casini (Ccd) sono nelle grazie
di Caprotti, che contribuisce con 210 milioni di lire in due rate.
Il
colore dei soldi
La famiglia Benetton ha sempre
fatto i propri (lauti) affari con debita distanza dai palazzi romani, ma accade
qualcosa di strano nel 2006. Quando si comincia a parlare di una fusione tra
Autostrade per l’Italia e la spagnola Albertis, un’operazione internazionale, e
dunque anche politica. Prima di conoscere l’inquilino di Palazzo Chigi, se ci
sarà la conferma di Silvio Berlusconi o il ritorno di Prodi, la società investe
1,1 milioni di euro e li distribuisce, sotto forma di donazioni, ai partiti. Un
assegno di 150 mila euro ciascuno per la coalizione di centrodestra, Alleanza
nazionale, Forza Italia, Lega Nord e Udc; stessa cifra per la coalizione di
centrosinistra, Comitato per Prodi, Democratici di Sinistra, La Margherita e
soltanto 50 mila euro per la piccola Udeur di Clemente Mastella. Il governo di
Prodi avrà l’onore di battezzare lo scambio imprenditoriale con lo spagnolo
Zapatero, ma Antonio Di Pietro, allora ministro per le Infrastrutture, si
oppone con durezza. Finché il progetto non va malamente in archivio.
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