da: la Repubblica
Franca Rame, piazza e palco
"Per metà quel Nobel è mio"
Nata
in una famiglia di teatranti che girava nella Lombardia, una sorella celebre
costumista. L'amore per Fo, l'impegno e le delusioni, sempre in prima
fila
di Anna
Bandettini
"Te l'avevo detto che non stavo
tanto bene", era la sua frase, quella con cui salutava gli amici e le
persone che conosceva. Non era nemmeno un lamento, così, era un refrain. Il
refrain di una donna infaticabile, inossidabile, indistruttibile. Una che dalla
mattina alla sera correggeva le bozze dei testi del marito, teneva l'economia
della compagnia, rispondeva ai giornalisti, si divideva tra i tanti conoscenti
che venivano a chiederle aiuto, sostegno, appoggio, spesso anche economico. E
che la sera, almeno fino a qualche anno fa, recitava anche con continuità.
Con Franca Rame muore una grande donna. Aveva 84 anni, da qualche mese era caduta, si era fatta male alla spina dorsale e non riusciva più a muoversi bene, stava a letto, si spostava con la sedia a rotelle e questo la faceva soffrire. "Non mi rimetterò mai più in piedi", diceva nelle ultime telefonate agli amici. Ma poi subito dopo attaccava con qualche commento sulla situazione politica, segno che la sua testa era presente, anche sul lavoro visto che proprio Dario Fo l'altro giorno a Repubblica annunciava il progetto di fare insieme uno spettacolo su Maria Callas all'Arena di Verona il prossimo luglio.
Franca Rame aveva cominciato a recitare in fasce: suo padre e sua madre era teatranti, come teatranti erano i loro avi. Giravano per la Lombardia con i loro spettacoli, di piazza in piazza. Franca Rame ricordava quella vita con affetto e piacere, diceva di essersi divertita come non mai, anche perché il padre era uomo di larghe vedute, ma la madre era cattolica e quindi teneva sotto guinzaglio le sue figlie femmine, Pia, che diventerà una delle più grandi costumiste e artefice della più famosa sartoria teatrale degli anni '70, e Franca, bella fin da ragazza, alta, magra, appariscente, una "ragazza che non si può fare a meno di guardare" dirà poi Dario Fo.
Si conoscono nel 1953: lei era entrata in una compagnia che faceva la rivista. Al Teatro Olimpia di Milano i giovanotti accorrevano a vedere le gambe mozzafiato di questa bionda in scena. In una di queste serate conosce Dario Fo che allora era un giovane attore squattrinato che tentava anche lui fortuna nel teatro. La leggenda vuole che Dario Fo la vede se ne innamora, e comincia a starle appiccicato, ma troppo timido per fare alcunché.
Allora lei un giorno stufa di questo ragazzone che non si decide, lo prende e lo bacia. Per la cronaca, erano nelle quinte di un teatro. Da allora, Dario Fo e Franca Rame non si sono mai lasciati, a parte un episodio di qualche mese all'inizio degli anni 80, quando Franca con un coraggio da leoni che solo le donne innamorate e disperate hanno, dichiarò in una trasmissione di Raffaella Carrà che divorziava da Dario. Falso. Il proposito durò due mesi. Si erano sposati nel '54, l'anno dopo nasce Dario Jacopo, il figlio, e nel '58 la compagnia Fo-Rame che subito dà un segno diverso al teatro italiano. Era dominato dalla rivista e dal teatro leggero, loro portano l'impegno, i temi civili e sociali, commedie satiriche con cui si fanno beffa dei governi democristiani.
Da allora la loro attività è una messe enorme di cose, attività, spettacoli: tutti la ricorderemo negli Arcangeli non giocano a flipper, lei nella struggente Maria di Mistero Buffo. E soprattutto le commedie, che aveva di fatto scritto lei più di Dario, sulle donne, come Grassa è bello, Quasi per caso una donna, La signora è da buttare, Tutta casa letto e chiesa. Dove derideva le debolezze femminili ma anche condannava le aggressività maschili. Le loro violenze, che lei aveva pagato di persona, quando il 9 marzo del 1973 a Milano viene sequestrata da un gruppo di fascisti che volevano colpire il suo impegno politico. Per sprezzo, venne abusata e poi abbandonata. Quell'infamia per lei resterà un trauma, prima vissuto nel silenzio, poi coraggiosamente raccontato, ancora una volta grazie al teatro: il pezzo Stupro è una delle più drammatiche, vere, emozionanti, forti, battagliere denunce della violenza maschile contro le donne mai fatte.
Il teatro e le commedie recitate sono stati la sua vita. "Mio marito ha vinto il Nobel, ma per metà quel premio è mio", diceva con autoironia. Però era vero. Dario Fo non sarebbe stato Dario Fo senza la determinazione, la meticolosità, la precisione di Franca Rame che metteva a posto i suoi testi, parlava con gli editori, ricorreggeva le bozze. E a proposito del Nobel del 1997, era stata Franca a decidere che il lauto assegno venisse interamente devoluto alle famiglie di handicappati che ne avevano bisogno. Un impegno che le era costato anni di fatiche, stress perché, diceva "in questo paese anche fare la beneficenza è un'impresa".
A questo paese lei ha dato molto: negli anni accesi della contestazione con Soccorso Rosso, di cui era stata l'anima, portando aiuto ai detenuti "politici". Franca Rame c'era in tutte le battaglie civili degli ultimi trent'anni. Per spirito battagliero si era candidata nel 2006 al Senato per l'Italia dei Valori: era stata eletta, aveva tentato di fare pulizia negli sprechi dell'amministrazione pubblica, ma la macchina burocratica è più forte di qualunque impegno. Era rimasta delusa. Un mese fa raccontava: "Sto scrivendo un libro in cui voglio denunciare tutto quello che ho visto nei due anni in cui ho fatto la senatrice. Ho già parlato con un editore, a poco a poco questo libro lo scrivo". Le carte sono lì, ancora una volta la memoria che ci lascia è una denuncia, una battaglia, qualcosa per migliorare questo mondo.
Nessun commento:
Posta un commento