da: la Repubblica
Carlo
Verdone: “La mia vita da malato immaginario”
L'attore
spiega come è nata l'ossessione per la salute e la medicina. "Solo
mettendomi a nudo sono riuscito a superare le paure. Tanti colleghi mi chiamano
per chiedere una diagnosi"
di Arianna Finos
di Arianna Finos
Per Carlo Verdone l'uscita dal tunnel
dell'ipocondria è passata per la rotonda di Ostia, la cittadina marittima
vicina alla capitale. "Il dottor Piero Bellanova era un grande
psicanalista che non mi psicanalizzò mai. Piuttosto mi sottopose a prove,
allora per me assurde, per curare gli attacchi di panico. Mi diceva: 'Vai a
trovare la tua fidanzata? Prendi la macchina e fai il giro fino alla rotonda di
Ostia e poi vai da lei. Al ritorno ripassi per Ostia e rifai la rotonda'.
Morirò asfissiato, ribattevo. E lui: 'No. Tornerai con la tachicardia
parossistica, ma non sverrai, stai tranquillo. Dopo la terza volta mi
ringrazierai'". La messa in pratica si rivelò più dura del previsto.
La prima sera mi sono sentito male. Ho
chiamato mia moglie Gianna con il gettone: "Vienimi a prendere".
Tremavo tutto. Mai provato un attacco di panico con iperventilazione? Ti senti
la testa che gira all'impazzata. Ma continuai, e al quarto giro, anche se avevo
ancora paura, iniziai a capire che ce la potevo fare". Oggi, a 62 anni,
Carlo Verdone racconta il suo passato da ipocondriaco con ironia e un certo
distacco. Molto più magro di trent'anni fa, maglietta a maniche corte e
abbronzatura discreta, è seduto sul divano del salone trasteverino affacciato
sul Gianicolo. Una casa piena di memorabilia musicali e fotografie di cinema.
La paura delle malattie si è da tempo trasformata in competenza da medico e in
serena disciplina salutista.
Verdone ricorda: "A casa mia, ero un ragazzino delle medie, sentivo mia
madre al telefono con la sua amica del cuore, Pia Borromeo. I loro dialoghi di
prima mattina - li ho ascoltai da 12 ai 26 anni - erano i seguenti: "Ma
sai chi sta tanto male? La sorella di Antonio. L'hanno aperta e richiusa".
"Senti, ma Angela con la glicemia come sta? Ah, ho capito. Quella aveva
anche l'azotemia alta..." "Sai chi ha il diabete? La figlia di
Augusto". Ore di colloqui telefonici pieni di cancri aperti e richiusi,
aritmie, glaucomi e ipertensione. Logico che abbia sviluppato una piccola
ipocondria". Disturbo che è diventato uno dei personaggi cinematografici
("Magda hai preso le medicine?" ripete Furio di Bianco rosso e
Verdone). L'apprensione di mamma Rossana non risparmiava le sue attenzioni al
figlio "Vede qua? - Verdone indica una zona del braccio - ho dei lipomi.
Mia madre mi diceva "attento a quei bozzetti che potrebbero essere chissà
cosa". Mi riempiva di paura, temevo fossero tumori. Alla fine si è
scoperto che erano solo lipomi. Mia madre, che adoravo, aveva una passione
smodata per la medicina. Avevamo un grande amico di famiglia, il professore
Gerardo D'Agostino, un grande oncologo che non avrebbe dovuto fare visite a
domicilio. Ma voleva bene alla mia mamma e ci veniva a trovare. Era uno che non
aveva bisogno di mille tac, risonanze esami. Ti guardava per bene, ti faceva
quattro domande e poi riempiva il foglio di medicine. Ed era sempre nel giusto.
Io ero sconvolto dal suo talento e dalla intuizione. Divenne il mio eroe".
Un idolo che il ragazzino avrebbe cercato presto di imitare. "Mi misi a
studiare l'enciclopedia medica della Curcio in ordine alfabetico",
sorride. "Arrivato alle malattie degli occhi, fui preso da un attacco di
panico: soffrivo di congiuntiviti continue. Iniziai a rintracciare in me i
sintomi di ogni disturbo che leggevo. Mi dissi: "La medicina non fa per
me". Così l'attore decise che non sarebbe stato un medico, ma non poté
impedirsi una indesiderata carriera da paziente. "Sono diventato un grande
consumatore di ansiolitici. Non ho nessuna vergogna a dirlo. Nel 1978 mi piombò
addosso il successo televisivo di No stop. La gente mi inseguiva per strada.
Io, che ero una persona sostanzialmente timida, capivo che stava avvenendo una
cosa meravigliosa e violenta, Che sarei stato per sempre riconoscibile. Ebbi
paura". Un lungo silenzio, poi Verdone prosegue: "Sentivo il peso di
portare avanti con successo ciò che avevo iniziato per scherzo. Iniziai ad
avere attacchi di panico". Per curarli ecco una svariata gamma di pillole.
"Diventai un grande esperto delle varie benzodiazepine, provai ogni tipo
di antidepressivo".
Poi l'incontro salvifico con il grande psicanalista. Ma la migliore delle
terapie è stata il cinema. ""Maledetto il giorno che ti ho
incontrato" è stato una sorta di autoanalisi totalmente sincera davanti al
pubblico. Quel film ha avuto un effetto curativo, mi sono liberato davanti a
tutti dicendo "signori, io sono una persona fragile con delle debolezze.
Signori, questo sono io"". Allora è cominciata la rinascita e il
timore si è trasformato in tranquilla ricerca del benessere. "Dal '90 in
poi ho cominciato a sentire un continuo miglioramento. Ora uso giusto qualche
pillola la sera, perché dormo poco, come tutti nella mia famiglia. Ma non
faccio più uso di benzodiazepine, di ansiolitici. Zero".
La riacquistata serenità ha restituito al regista l'antica passione, "sono
tornato a studiare la medicina. Complice il fatto che mia moglie lavorava
all'epoca per il manuale della Merk. Un tomo gigantesco, un'enciclopedia medica
fantastica. E più leggevo e più volevo approfondire. Ho intuito, grazie agli
studi, che mia madre aveva una strana malattia degenerativa. Ho capito che
avrei potuto davvero ricalcare le orme del mitico professore D'Agostino. Sarei
stato un ottimo medico di famiglia". Verdone è diventato il punto di
riferimento diagnostico per attori e registi. "Stamattina Claudia Gerini
mi ha chiamato alle nove per un'emergenza: era piena di bolle. Ho fatto la mia
diagnosi e l'ho mandata da un ottimo specialista che ha confermato la mia
ipotesi. Le ha dato una cura raffinata al di sopra delle mie possibilità. Ogni
giorno ricevo quattro, cinque tra telefonate e mail di persone che mi chiedono
consiglio. Io presto la mia assistenza, indico i medici più capaci. E se
necessario tampono le emergenze con l'antibiotico giusto. In questo periodo ho
in cura diversi colleghi. Sto cercando di risolvere l'insonnia di una
regista". La competenza acquisita ha avuto una certificazione ufficiale,
la laurea "Doloris causa" dell'Università Federico II. "Mi hanno
fatto quattro domande su altrettanti sintomi. Ho indicato le medicine ed
enunciato la composizione molecolare di ciascun farmaco. Tremilacinquecento
studenti sono partiti con un applauso meraviglioso. Un momento che non
scorderò".
Nessun commento:
Posta un commento