lunedì 6 maggio 2013

Marco Travaglio: “Barzel-Letta”


da: Il Fatto Quotidiano

Sabato scorso, quando Lettino uscì dall’ufficio di Napolitano con la lista dei ministri, tenne subito a precisarne i tratti distintivi: “Competenza, ringiovanimento e record di presenza femminile”. Il capo dello Stato trattenne a stento le lacrime dinanzi a cotanta “novità, freschezza e competenza”. Per carità: per l’oste, il vino della casa è sempre ottimo. E poi Napolitano troverebbe fresco e giovane anche Andreotti. Ma il loro autorevole parere sui ministri, se non per la giovinezza e la freschezza, almeno per la competenza si rivela azzeccato anche per i viceministri e i sottosegretari. Gli uomini (e le donne) giusti nei posti giusti, all’insegna della più rigorosa meritocrazia. A cominciare dagli imputati. Filippo Bubbico del Pd, già governatore di Basilicata (una delle meglio amministrate non solo dell’Italia, ma del mondo), molto esperto anche in bachi da seta, già saggio della nidiata napolitana, ha un processo in corso in tribunale per abuso d’ufficio (e uno alla Corte dei conti) con l’accusa di avere sperperato 23.869 euro di fondi della sua regione per un’inutile consulenza esterna all’amministrazione che avrebbe potuto essere espletata all’interno. Dunque è viceministro dell’Interno. 
Vincenzo De Luca, sindaco di Salerno, è imputato in tre processi per storie di appalti, incarichi e vicende urbanistiche (truffa e falso; peculato; associazione per delinquere e concussione); è stato condannato e poi prescritto per reati contro l’ambiente; ed è indagato per falso ideologico e abuso d’ufficio a proposito del mostruoso progetto “Crescent”. Secondo voi dove l’hanno messo? Ma viceministro alle Infrastrutture, naturalmente. Anche per le sue doti
di pacificatore contro il partito dell’odio: suo il distensivo invito a Roberta Lombardi di 5Stelle “vai a morire ammazzata!”. Geniale l’omofoba Biancofiore alle Pari Opportunità, meglio della barzelletta su Dracula all’Avis. Viceministro degli Esteri è Bruno Archi, ex consigliere diplomatico del Cainano: lo consigliava così bene per sparare cazzate in tutto il mondo, e poi ha testimoniato a suo favore nel processo “nipote di Mubarak”. L’ottimo Antonio Catricalà, detto Catricaletta perché dice di ispirarsi a Letta (Gianni, non Enrico, ma ora forse anche Enrico), ben meritò come capogabinetto di Maccanico con la legge sulle tv, ovviamente incostituzionale; poi come garante all’Antitrust (garante di B., s’intende), dove naturalmente non si accorse dei trust Mediaset e Publitalia, in compenso sgominò il temibile cartello dei fornai; infine come sottosegretario alla Presidenza al posto di Letta (Gianni) nel governo Monti: promosso viceministro delle Comunicazioni, e dove se no?
Ci sono anche due pm, Ferri (vita e opere a pag. 3) e Manzione: si era detto che non stava bene che entrassero in politica, ma valeva solo per Ingroia. La baronessa Ilaria Borletti Buitoni, ma anche un po’ Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare, ha donato 710 mila euro all’amato Monti: pareva tantino per un posto in Parlamento, ma ora è arrivato il sottosegretariato alla Cultura. Lei minaccia querele preventive a chi insinuerà che i 710 mila euro siano serviti a comprare le due poltrone. Fiato sprecato: chi potrebbe mai pensare una cosa del genere? E, a proposito di fiato, ecco a voi Gianfranco Micciché. Non è un omonimo: è proprio quel Micciché lì. Quello che voleva ribattezzare l’aeroporto di Palermo perché “i nomi di Falcone e Borsellino trasmettono ai turisti un’idea negativa della Sicilia” (molto meglio Aeroporto Dell’Utri, o direttamente Mangano). Quello che l’ex compagno di partito Ciccio Musotto definì “politico di fiuto”, anche perché quand’era viceministro alle Attività produttive uno spacciatore ministeriale assicurava il servizio ProntoCoca. Dunque, sottosegretario alla Pubblica amministrazione e Semplificazione. Perché lui, quando amministra e semplifica, dà una pista a tutti.

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