da: Il Fatto Quotidiano
Sabato scorso, quando Lettino uscì dall’ufficio di Napolitano con la lista dei ministri, tenne subito a precisarne i tratti distintivi: “Competenza,
ringiovanimento e record di presenza femminile”. Il capo dello Stato trattenne a stento le lacrime dinanzi a cotanta “novità, freschezza e competenza”. Per
carità: per l’oste, il vino della casa è sempre ottimo. E poi Napolitano
troverebbe fresco e giovane anche Andreotti. Ma il loro autorevole parere sui
ministri, se non per la giovinezza e la freschezza, almeno per la competenza si
rivela azzeccato anche per i viceministri
e i sottosegretari. Gli uomini
(e le donne) giusti nei posti giusti, all’insegna della più rigorosa
meritocrazia. A cominciare dagli imputati. Filippo Bubbico del Pd, già
governatore di Basilicata (una delle meglio amministrate non solo dell’Italia,
ma del mondo), molto esperto anche in bachi da seta, già saggio della nidiata
napolitana, ha un processo in corso in tribunale per abuso d’ufficio (e uno
alla Corte dei conti) con l’accusa di avere sperperato 23.869 euro di fondi
della sua regione per un’inutile consulenza esterna all’amministrazione che
avrebbe potuto essere espletata all’interno. Dunque è viceministro
dell’Interno.
Vincenzo De Luca, sindaco di Salerno, è
imputato in tre processi per storie di appalti, incarichi e vicende
urbanistiche (truffa e falso; peculato; associazione per delinquere e
concussione); è stato condannato e poi prescritto per reati contro l’ambiente;
ed è indagato per falso ideologico e abuso d’ufficio a proposito del mostruoso
progetto “Crescent”. Secondo voi dove l’hanno messo? Ma viceministro alle
Infrastrutture, naturalmente. Anche per le sue doti
di pacificatore contro il
partito dell’odio: suo il distensivo invito a Roberta Lombardi di 5Stelle “vai
a morire ammazzata!”. Geniale l’omofoba Biancofiore alle Pari Opportunità,
meglio della barzelletta su Dracula all’Avis. Viceministro degli Esteri è Bruno
Archi, ex consigliere diplomatico del Cainano: lo consigliava così bene per
sparare cazzate in tutto il mondo, e poi ha testimoniato a suo favore nel
processo “nipote di Mubarak”. L’ottimo Antonio Catricalà, detto Catricaletta
perché dice di ispirarsi a Letta (Gianni, non Enrico, ma ora forse anche
Enrico), ben meritò come capogabinetto di Maccanico con la legge sulle tv,
ovviamente incostituzionale; poi come garante all’Antitrust (garante di B.,
s’intende), dove naturalmente non si accorse dei trust Mediaset e Publitalia,
in compenso sgominò il temibile cartello dei fornai; infine come
sottosegretario alla Presidenza al posto di Letta (Gianni) nel governo
Monti: promosso viceministro delle Comunicazioni, e dove se no?
Ci sono anche due pm, Ferri (vita e opere a
pag. 3) e Manzione: si era detto che non stava bene che entrassero in politica,
ma valeva solo per Ingroia. La baronessa Ilaria Borletti Buitoni, ma anche un
po’ Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare, ha donato 710 mila euro all’amato Monti:
pareva tantino per un posto in Parlamento, ma ora è arrivato il sottosegretariato
alla Cultura. Lei minaccia querele preventive a chi insinuerà che i 710 mila
euro siano serviti a comprare le due poltrone. Fiato sprecato: chi potrebbe mai
pensare una cosa del genere? E, a proposito di fiato, ecco a voi Gianfranco
Micciché. Non è un omonimo: è proprio quel Micciché lì. Quello che voleva
ribattezzare l’aeroporto di Palermo perché “i nomi di Falcone e Borsellino
trasmettono ai turisti un’idea negativa della Sicilia” (molto meglio Aeroporto
Dell’Utri, o direttamente Mangano). Quello che l’ex compagno di partito Ciccio
Musotto definì “politico di fiuto”, anche perché quand’era viceministro alle
Attività produttive uno spacciatore ministeriale assicurava il servizio
ProntoCoca. Dunque, sottosegretario alla Pubblica amministrazione e Semplificazione.
Perché lui, quando amministra e semplifica, dà una pista a tutti.
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