martedì 7 maggio 2013

Giovanni Valentini: “Il nuovo governo del vecchio duopolio”



da: la Repubblica

Con il pragmatismo e cinismo che sono congeniti al capitalismo finanziario, la Borsa italiana ha accolto l’insediamento del governo Letta con un significativo rialzo di due titoli in particolare quello del Monte dei Paschi di Siena e quello di Mediaset. E cioè, rispettivamente, la “banca del Pd” com’è stata ormai ribatezzata e l’azienda privata che appartiene al leader del Pdl, Silvio Berlusconi. Due titoli, due imprese, due partiti al governo.
Evidentemente gli investitori hanno scommesso sulla – diciamo così – “protezione” che Monte dei Paschi e Mediaset potrebbero ricevere dall’alleanza Pd-Pdl. O quantomeno, sul riguardo o sul trattamento di favore di cui magari possono beneficiare. E’ ciò che accade, purtroppo, quando la politica s’intreccia con gli affari, in quella commistione che comunemente si chiama conflitto d’interessi: argomento o materia a cui il presidente Letta non ha ritenuto di fare minimamente cenno nel suo discorso d’investitura in Parlamento, benchè fosse un preciso ed esplicito impegno programmatico del Pd, di cui lui stesso è stato finora vice-segretario.
Eppure, il conflitto d’interessi – e non soltanto quello che fa capo a Berlusconi – è il male oscuro della vita pubblica nazionale. La fonte principale da cui derivano in gran parte il malcostume, il malaffare e la corruzione. L’origine, insomma, di quella “questione morale” sui cui il povero Enrico Berlinguer predicava al vento già più di trent’anni fa.

Né tantomeno il capo del nuovo governo ha voluto fare alcun riferimento alla cosiddetta “questione televisiva” che pure implica diversi aspetti politici, economici e culturali. Non è neppure quella una priorità assoluta, ma tuttavia – come si sa – è strettamente connessa al conflitto d’interessi, al pluralismo dell’informazione e alla libera concorrenza. Un “contesto ambientale”, un habitat mediatico, in cui maturano consumi e costumi, comportamenti collettivi, scelte politiche ed elettorali.
Non è certamente un caso che, proprio alla vigilia dell’intesa Pd-Pdl, il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri abbia sentito il bisogno di lanciare un appello affinché “la vecchia e nuova politica non distruggano la tv”. Per la prima volta nella sua storia, l’azienda del Biscione ha chiuso il 2012 con un rosso di 287 milioni di euro e ora di aspetta probabilmente un mano dal governo. Un “aiutino”, come si dice nei giochi televisivi a quiz, magari sul costo delle frequenze o sugli indici di affollamento pubblicitario.
Sul fronte opposto, anzi sullo stesso fronte, anche il “partito trasversale della Rai” attende un segnale di conforto o d’incoraggiamento. L’azienda di viale Mazzini accusa un “buco” di 245 milioni e prevede di coprirlo in 24 mesi, quasi in coincidenza con la scadenza ipotizzata da Letta per le riforme istituzionali, arrivando così al pareggio alla fine del 2014. Un ritocco al canone d’abbonamento, qualche altro taglio di personale o “maquillage” contabile e il bilancio si mette a posto.
Quello guidato da Enrico Letta sarà, dunque, il nuovo governo del vecchio duopolio? L’alleanza Pd-Pdl come Raiset? Ma sì: basta abolire l’Imu, o meglio ancora restituirla; ridurre il costo del lavoro, sistemare gli esodati, bloccare l’Iva, aumentare il fondo di solidarietà per i mutui e magari elargire il “reddito minimo” ai più bisognosi, per distribuire un po’ di “panem et circenses” a destra e a sinistra.

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