da: La Stampa
Se
l’è andata a cercare
Mentre il consiglio regionale della
Lombardia rendeva omaggio al fantasma di Andreotti, il capo dell’opposizione
Umberto Ambrosoli è uscito dall’aula. Suo padre, l’avvocato Giorgio, fu
ammazzato sotto casa in una notte di luglio per ordine del banchiere
andreottiano Sindona: aveva scoperto che costui era un riciclatore di denaro
mafioso. Trent’anni dopo Andreotti commentò l’assassinio di Ambrosoli con
queste parole: «Se l’è andata a cercare».
Il perdono è una cosa seria. E’ fatto della
stessa sostanza del dolore e si nutre di accettazione e di memoria, non di ipocrisie
e rimozioni forzate. La morte livella, ma non cancella. Con buona pace del
quotidiano dei vescovi che ieri titolava: «Ora Andreotti è solo luce». Per
usare una parola alla moda, Andreotti era divisivo. Lo era da vivo e lo rimane
da morto. Purtroppo anche Ambrosoli. Perché esistono due Italie, da sempre. E
non è che una sia «buona» e l’altra «cattiva», una di destra e l’altra di
sinistra (Giorgio Ambrosoli era un liberale monarchico). Semplicemente c’è
un’Italia cinica e accomodante - più che immorale, amorale - che non vuole
cambiare il mondo ma usarlo. E un’altra Italia giusta e severa - più che
moralista, morale - che cerca di non lasciarsi cambiare e usare dal mondo. Due
Italie destinate a non comprendersi mai. Un’esponente lombarda del partito di Berlusconi
ha detto che il figlio di Ambrosoli ha mancato di rispetto al morto. Non
ricorda, o forse non sa, che anche Andreotti aveva mancato di rispetto a un
morto. Quell’uscita dall’aula se l’è andata a cercare.
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