da: la Repubblica
"Disse
che mio padre se l'era cercata ecco perché non potevo omaggiarlo"
Intervista
ad Ambrosoli che ha lasciato l'aula del Pirellone al momento della
commemorazione di Andreotti: "Per lui né rancore né oblìo. Porto rispetto
per la morte di una persona. Ma non dimentico quello che ha rappresentato nella
vicenda di mio padre"
di Oriana
Liso
"Non avevo riflettuto, prima, sul
fatto che potesse esserci la commemorazione di Giulio Andreotti anche nell'aula
del Consiglio regionale. Quando ho sentito che l'annunciavano, in quel momento
ho deciso di uscire". Chiunque conosca Umberto Ambrosoli ne sottolinea
l'estrema educazione e un'attenzione alla forma quasi d'altri tempi. Non quando
la forma diventa sostanza. "Il paradosso è che questo gesto mi mette quasi
in imbarazzo, per il conflitto - non il contrasto - tra la mia veste istituzionale
e la mia storia personale, che ne è una componente determinante". I
giudizi negativi (del governatore Maroni, di esponenti del Pdl) non lo smuovono
- "non entro nelle polemiche" - ma ripassa tutti i messaggi di chi
gli ha detto: è come se uscissi dall'aula con te. E l'sms di sua madre
Annalori, uno stringato e assoluto: "Condivido".
E quindi, Ambrosoli: come lo risolve questo conflitto tra l'uomo e l'istituzione?
"Non è una scappatoia: le istituzioni
sono fatte di persone e quindi, nonostante tutto il rispetto dovuto davanti
alla morte di una persona, nonostante sia il primo a ritenere giusta la
commemorazione di un uomo delle istituzioni, io non posso dimenticare cosa ha
rappresentato Andreotti nella storia di mio padre Giorgio".
L'ha fatto per onorare la sua memoria?
L'ha fatto per onorare la sua memoria?
"Ma caspita, l'ho fatto anche per me
stesso. Ho un dovere nei confronti della mia, di coscienza. Non posso
dimenticare quello che è stato soltanto per un ipotetico dovere
istituzionale. Il comportamento che, per sua stessa ammissione, Giulio
Andreotti ha avuto nella vicenda che ha condotto, in ultimo, alla morte di mio
padre, non dice tutto di lui. Può avere fatto cose meravigliose nella sua vita.
Ma è chiaro che per me quella conta, quel lato oscuro che ho vissuto sulla mia
pelle".
Il pensiero va all'intervista del 2010 di Giovanni Minoli ad Andreotti: disse che suo padre "se l'andava cercando". In quel momento che effetto fecero a lei e alla sua famiglia quelle parole?
"La sensazione che ricordo nettamente
fu quella di un modo di intendere la responsabilità pubblica lontano anni luce
dagli esempi che avevo avuto, da quello che hanno trasmesso i miei genitori a
me e ai miei fratelli. Era un modo che anteponeva l'interesse personale alla
funzione che mio padre era stato chiamato a svolgere. Uno stravolgimento
inaccettabile. Come dissi allora, però: con questa frase Andreotti si è
dimostrato coerente con la sua storia, con il processo di Palermo, con quello
per l'omicidio di mio padre. Ciascuno, con questa frase, potrà arricchire il
proprio giudizio su quanto è stato".
Nel pieno delle polemiche Andreotti disse che l'avevano frainteso. Provò mai a spiegarsi di persona con lei, a chiedere scusa?
"Non voglio, e questo davvero per
rispetto alla morte di una persona, entrare in questo genere di memorie.
Comunque: quello che ha detto in quell'intervista è lì. Non possono esserci
fraintendimenti".
Con la morte di Andreotti si dice che i segreti d'Italia vengano sepolti con lui.
"Penso che un fatto doloroso come la morte sia una un'occasione di riflessione su quello che è la memoria del nostro Paese. Ritengo fuorviante concentrare l'attenzione sul fatto che non abbiamo, e forse non avremo più, chiarezza su quegli anni. Cosa cambierebbe? Il disvalore che proviamo nell'immediato, quando accade qualcosa di tragico, vergognoso, drammatico, l'abbiamo già dimenticato il mattino dopo. La nostra capacità di indignarci è pari a quella di provare immediatamente indulgenza. Non sarà solo un problema degli italiani, certo. Ma io parlo di quello che conosco".
Con la morte di Andreotti si dice che i segreti d'Italia vengano sepolti con lui.
"Penso che un fatto doloroso come la morte sia una un'occasione di riflessione su quello che è la memoria del nostro Paese. Ritengo fuorviante concentrare l'attenzione sul fatto che non abbiamo, e forse non avremo più, chiarezza su quegli anni. Cosa cambierebbe? Il disvalore che proviamo nell'immediato, quando accade qualcosa di tragico, vergognoso, drammatico, l'abbiamo già dimenticato il mattino dopo. La nostra capacità di indignarci è pari a quella di provare immediatamente indulgenza. Non sarà solo un problema degli italiani, certo. Ma io parlo di quello che conosco".
Siamo un popolo senza memoria?
"Peggio: siamo portati a giustificare
tutto, e questo conduce all'immobilismo, all'incapacità di cambiare, anche se a
parole siamo bravi a dirlo. Aggiungo: troppi segreti nella storia d'Italia?
Quello che sappiamo già è così tanto che, se agissimo di conseguenza, vivremmo
in modo molto diverso".
Nando Dalla Chiesa non dimentica che Andreotti non andò al funerale di suo padre, il generale Dalla Chiesa. "Preferisco i battesimi", disse. Si può, a un certo punto, dimenticare, e perdonare?
"Trovo la parola "perdono" un po' morbosa. Le parole di Nando, il mio gesto che tante polemiche, involontarie, sta creando, ci dicono, invece, che è possibile vivere il rapporto tra la memoria e le nostre azioni attuali senza essere condizionati né dal rancore né dall'oblio".
Se i suoi figli dovessero un giorno chiederle chi era Giulio Andreotti, cosa risponderà?
"Ho scritto un libro ("Qualunque cosa succeda", ndr) per raccontare anche chi è stato Giulio Andreotti, quali sono state le sue responsabilità. Potranno trovare lì le risposte che cercano".
Nando Dalla Chiesa non dimentica che Andreotti non andò al funerale di suo padre, il generale Dalla Chiesa. "Preferisco i battesimi", disse. Si può, a un certo punto, dimenticare, e perdonare?
"Trovo la parola "perdono" un po' morbosa. Le parole di Nando, il mio gesto che tante polemiche, involontarie, sta creando, ci dicono, invece, che è possibile vivere il rapporto tra la memoria e le nostre azioni attuali senza essere condizionati né dal rancore né dall'oblio".
Se i suoi figli dovessero un giorno chiederle chi era Giulio Andreotti, cosa risponderà?
"Ho scritto un libro ("Qualunque cosa succeda", ndr) per raccontare anche chi è stato Giulio Andreotti, quali sono state le sue responsabilità. Potranno trovare lì le risposte che cercano".
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