In questo articolo, pubblicato l’11 maggio
2006 da Peacereporter, si fa riferimento al libro di Horacio Verbitsky ‘L’isola del Silenzio. Il ruolo della Chiesa
nella dittatura argentina”. Secondo il giornalista argentino, Jorge Mario
Bergoglio avrebbe esercitato un ruolo collusivo con la dittatura.
Nei prossimi giorni i media scaveranno nel
passato di Bergoglio alla caccia di eventuali scheletri nell’armadio.
Verità, falsità, informazioni parziali.
Staremo a vedere…
Il
lato oscuro del cardinale
In
un libro le collusioni dell'arcivescovo di Buenos Aires con la dittatura
militare
Il cardinale Jorge Mario Bergoglio,
arcivescovo di Buenos Aires, presidente dei vescovi argentini, nonché tra i più
votati, un anno fa, nel conclave Vaticano che ha scelto il successore di
Giovanni Paolo II, è accusato di collusione con la dittatura argentina che
sterminò novemila persone. Le prove del ruolo giocato da Bergoglio a partire
dal 24 marzo 1976, sono racchiuse nel libro L’isola del Silenzio. Il ruolo
della Chiesa nella dittatura argentina, del giornalista argentino Horacio
Verbitsky, che da anni studia e indaga sul periodo più tragico del Paese
sudamericano, lavorando sulla ricostruzione degli eventi attraverso ricerche
serie e attente.
I fatti riferiti da Verbitsky. Nei primi
anni Settanta Bergoglio, 36 anni, gesuita,
divenne il più giovane Superiore
provinciale della Compagnia di Gesù in Argentina. Entrando a capo della
congregazione, ereditò molta influenza e molto potere, dato che in quel periodo
l'istituzione religiosa ricopriva un ruolo determinante in tutte le comunità
ecclesiastiche di base, attive nelle baraccopoli di Buenos Aires. Tutti i
sacerdoti gesuiti che operavano nell’area erano sotto le sue dipendenze. Fu
così che nel febbraio del ’76, un mese prima del colpo di stato, Bergoglio
chiese a due dei gesuiti impegnati nelle comunità di abbandonare il loro lavoro
nelle baraccopoli e di andarsene. Erano Orlando Yorio e Francisco Jalics, che
si rifiutarono di andarsene. Non se la sentirono di abbandonare tutta quella
gente povera che faceva affidamento su di loro.
La svolta. Verbitsky racconta come Bergoglio
reagì con due provvedimenti immediati. Innanzitutto li escluse dalla Compagnia
di Gesù senza nemmeno informarli, poi fece pressioni all’allora arcivescovo di
Buenos Aires per toglier loro l’autorizzazione a dir messa. Pochi giorni dopo
il golpe, furono rapiti. Secondo quanto sostenuto dai due sacerdoti, quella
revoca fu il segnale per i militari, il via libera ad agire: la protezione
della Chiesa era ormai venuta meno. E la colpa fu proprio di Bergoglio,
accusato di aver segnalato i due padri alla dittatura come sovversivi. Con
l’accezione “sovversivo”, nell’Argentina di quegli anni, venivano qualificate
persone di ogni ordine e grado: dai professori universitari simpatizzanti del
peronismo a chi cantava canzoni di protesta, dalle donne che osavano indossare
le minigonne a chi viaggiava armato fino ai denti, fino ad arrivare a chi era
impegnato nel sociale ed educava la gente umile a prendere coscienza di diritti
e libertà. Dopo sei mesi di sevizie nella famigerata Scuola di meccanica della
marina (Esma), i due religiosi furono rilasciati, grazie alle pressioni del
Vaticano.
Botta e risposta. Alle accuse dei
padri gesuiti di averli traditi e denunciati, il cardinal Bergoglio si difende
spiegando che la richiesta di lasciare la baraccopoli era un modo per metterli
in guardia di fronte a un imminente pericolo. Un botta e risposta che è andato
avanti per anni e che Verbitsky ha sempre riportato fedelmente, fiutando che la
verità fosse nel mezzo. Poi la luce: dagli archivi del ministero degli Esteri
sono emersi documenti che confermano la versione dei due sacerdoti, mettendo
fine a ogni diatriba. In particolare Verbitsky fa riferimento a un episodio
specifico: nel 1979 padre Francisco Jalics si era rifugiato in Germania, da
dove chiese il rinnovo del passaporto per evitare di rimetter piede
nell’Argentina delle torture. Bergoglio si offrì di fare da intermediario,
fingendo di perorare la causa del padre: invece l’istanza fu respinta. Nella
nota apposta sulla documentazione dal direttore dell’Ufficio del culto cattolico,
allora organismo del ministero degli Esteri, c’è scritto: “Questo prete è un
sovversivo. Ha avuto problemi con i suoi superiori ed è stato detenuto
nell’Esma”. Poi termina dicendo che la fonte di queste informazioni su Jalics è
proprio il Superiore provinciale dei gesuiti padre Bergoglio, che raccomanda
che non si dia corso all’istanza.
E non finisce qui. Un altro documento
evidenzia ancora più chiaramente il ruolo di Bergoglio: “Nonostante la buona
volontà di padre Bergoglio, la Compagnia Argentina non ha fatto pulizia al suo
interno. I gesuiti furbi per qualche tempo sono rimasti in disparte, ma adesso
con gran sostegno dall’esterno di certi vescovi terzomondisti hanno cominciato
una nuova fase”. È il documento classificato Direzione del culto, raccoglitore
9, schedario B2B, Arcivescovado di Buenos Aires, documento 9. Nel libro di
Verbitsky sono pubblicati anche i resoconti dell’incontro fra il giornalista
argentino e il cardinale, durante i quali quest’ultimo ha cercato di presentare
le prove che ridimensionassero il suo ruolo. “Non ebbi mai modo di etichettarli
come guerriglieri o comunisti – affermò l’arcivescovo – tra l’altro perché no
ho mai creduto che lo fossero”.
Ma… Ad inchiodarlo c’è anche la
testimonianza di padre Orlando Yorio, morto nel 2000 in Uruguay e mai ripresosi
pienamente dalle torture, dalla terribile esperienza vissuta chiuso nell’Esma.
In un’intervista rilasciata a Verbistky nel 1999 racconta il suo arrivo a Roma
dopo la partenza dall’Argentina: “Padre Gavigna, segretario generale dei
gesuiti, mi aprì gli occhi – raccontò in quell’occasione – Era un colombiano
che aveva vissuto in Argentina e mi conosceva bene. Mi riferì che
l’ambasciatore argentino presso la Santa Sede lo aveva informato che secondo il
governo eravamo stati catturati dalle Forze armate perché i nostri superiori
ecclesiastici lo avevano informato che almeno uno di noi era un guerrigliero.
Chiesi a Gavigna di mettermelo per iscritto e lo fece”.
Nel libro, inoltre, Verbistky spiega come
Bergoglio, durante la dittatura militare, abbia svolto attività politica nella
Guardia di ferro, un’organizzazione della destra peronista, che ha lo stesso
nome di una formazione rumena sviluppatasi fra gli anni Venti e i Trenta del
Novecento, legata al nazionalsocialismo. Secondo il giornalista, l’attuale
arcivescovo di Buenos Aires, quando ricoprì il ruolo di Provinciale della
Compagnia di Gesù, decise che l’Università gestita dai gesuiti fosse collegata
a un’associazione privata controllata dalla Guardia di ferro. Controllo che
terminò proprio quando Bergoglio fu trasferito di ruolo. “Io non conosco casi
moderni di vescovi che abbiano avuto una partecipazione politica così esplicita
come è stata quella di Bergoglio”, incalza Verbitsky. “Lui agisce con il tipico
stile di un politico. È in relazione costante con il mondo politico, ha persino
incontri costanti con ministri del governo.
Oggi. Nonostante non abbia mai ammesso le
sue colpe, il presidente dei vescovi argentini ha spinto la Chiesa del paese
latinoamericano a pubblicare una sorta di mea culpa in occasione del 30esimo
anniversario del colpo di Stato, celebratosi lo scorso marzo. “Ricordare il
passato per costruire saggiamente il presente” è il titolo della missiva
apostolica, dove viene chiesto agli argentini di volgere lo sguardo al passato
per ricordare la rottura della vita democratica, la violazione della dignità
umana e il disprezzo per la legge e le istituzioni. “Questo, avvenuto in un
contesto di grande fragilità istituzionale – hanno scritto i vescovi argentini
– e reso possibile dai dirigenti di quel periodo storico, ebbe gravi
conseguenze che segnarono negativamente la vita e la convivenza del nostro
popolo. Questi fatti del passato che ci parlano di enormi errori contro la vita
e del disprezzo per la legge e le istituzioni sono un’occasione propizia
affinché come argentini ci pentiamo una volta di più dai nostri errori
per assimilare l’insegnamento della nostra storia nella costruzione del
presente”.
Tanti tasselli, quelli raccolti dal
giornalista argentino nel suo libro che ci aiutano a vedere un po’ meglio in un
mosaico tanto complesso quanto doloroso della storia recente di Santa Romana
Chiesa.
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