mercoledì 20 marzo 2013

I sottovalutati (!) nel Pd: Pippo Civati


da: Lettera 43

Partito democratico: la strategia di Pippo Civati
Ex rottamatore. Voce critica. Snobbato dai big. Ora king maker. Chi è il deputato lombardo in corsa per la segreteria.
di Gabriella Colarusso



Da eretico a king maker nello spazio di un week end. Si potrebbe riassumere così, cedendo un po' alle semplificazioni, la recente storia politica di Giuseppe Civati, detto Pippo, ex consigliere regionale della Lombardia, oggi deputato a Roma per il Partito democratico.
L'IDEA BOLDRINI-GRASSO. Poco valorizzato dal Pd nella sua amata regione, eterno «candidato a», sempre privo di un pieno lasciapassare delle segreterie, nella notte tra venerdì 14 e sabato 15 marzo, Civati ha regalato al suo partito un'idea vincente, quella che ha consentito di uscire dall'impasse dell'elezione dei presidenti di Camera e Senato.
Gioco di squadra e scelta di buon senso, si schermisce lui. Ma tant'è. La soluzione Boldrini-Grasso è anche cosa sua.

IL NODO DI PALAZZO MADAMA. Se infatti i bersaniani Matteo Orfini e Andrea Orlando, ispirati anche da Giorgio Airaudo, per primi avevano suggerito Laura Boldrini per la guida di Montecitorio, a sciogliere il nodo di Palazzo Madama è stato Pippo, mettendo sul tavolo il nome forte di Piero Grasso.
Una scelta che però sarebbe sbagliato considerare di circostanza. Di strategia. Perché disegna un metodo, una filosofia, che lo stesso Civati va suggerendo ai suoi colleghi da un bel po' di tempo. Un cambio di prospettiva per superare la crisi politico-istituzionale del Paese. «Stare larghi», ha scritto sul suo blog. Puntare sulla qualità e l'innovazione dei nomi e delle proposte. Anche a costo di sacrificare l'amato segretario.
L'IPOTESI DI GOVERNO A TEMPO. «Si può fare un governo a tempo determinato, un governo del parlamento, con patti chiarissimi e amicizia cortissima», spiega Civati sul suo blog, «sulla base dei punti che si stanno discutendo in questi giorni, e si cerca una figura che piaccia al Pd e al M5s, se a quest’ultimo non dovesse andare bene il governo Bersani».
È l'opzione C, quella da adottare in caso di fallimento del governo di minoranza. E per evitare l'accordissimo con Berlusconi. Forse l'unica che potrebbe davvero far superare lo stallo e consentire la nascita di un esecutivo.

Dalla Leopolda I alla previsione del boom 5 stelle: la Cassandra del Pd

Difficile dirlo. Ma più passano le ore, più l'idea Civati fa breccia tra i colleghi di partito. E Pippo rischia di trovarsi artefice di una nuova, se non vittoria, quantomeno non-sconfitta.
SNOBBATO DALLA NOMENKLATURA. Curioso destino, per un giovane dirigente, con ampio consenso elettorale nella sua regione, che però non è mai stato oggetto di particolare benevolenza da parte della nomenklatura.
UNA VOCE CRITICA. Sarà perché a Milano come a Roma, Civati, che è anche membro della direzione nazionale del Pd, si è sempre distinto per le critiche all'apparato. Senza la verve polemica e apartitica di Matteo Renzi, con cui pure ideò la rottamazione (la Leopolda I a Firenze), ma con uguale determinazione. Sua l'idea per esempio di fare le primarie per i parlamentari pur di aggirare il blocco del Porcellum e garantire agli elettori possibilità di scelta e al partito una occasione per rinnovarsi.
LA SIRENA DI PARMA. Trentotto anni, laurea e dottorato in Filosofia, Civati è stato tra i primi anche ad accorgersi del malcontento grillino che montava nel Paese. Criticò i democratici per la scelta 'di conservazione' fatta a Parma, dove alle elezioni comunali del 2012, il Pd perse consegnando la guida della città al primo sindaco grillino, Federico Pizzarotti.
«Abbiamo fatto una figuraccia e dobbiamo ammetterlo. Dovevamo vincere dopo quello che era successo, bisognava avere la forza di interloquire di più con quel civismo impegnato. E proporre un candidato più consono a quella sfida», disse allora il neodeputato a Lettera43.it, anticipando, con un certo intuito politico, quello che sarebbe avvenuto anche alle Politiche.

Pippo in corsa per la segreteria democratica
Eppure, in Lombardia, Bersani non ha mai voluto giocare la carta Pippo, neppure alle ultime, decisive, elezioni regionali, nonostante l'ex consigliere al Pirellone avesse dimostrato negli anni un forte radicamento territoriale sancito da un ampio numero di consensi raccolti in più tornate elettorali.
CONSENSO ALTO IN LOMBARDIA. Alle Regionali del 2010, il Partito lo volle candidato a Monza. Quasi a dire: vai a prenderti i voti. E lui i voti li prese, oltre 10 mila preferenze. Alle parlamentarie per la scelta dei candidati del Pd, dicembre 2012, è stato tra i più votati in Regione.
Ale elezioni che hanno rinnovato la guida della Regione, dove Umberto Ambrosoli è uscito sconfitto contro il leghista Roberto Maroni, Civati non ha presentato la sua candidatura, cosa che molti elettori democratici consideravano invece naturale.
SACRIFICATO PER AMBROSOLI. Uno stop voluto da Roma, secondo la lettura prevalente che se ne dà nel Pd lombardo, a microfoni spenti. «Pippo era un candidato di rottura. Bersani l'ha sacrificato e ha preferito Ambrosoli per tentare una operazione Pisapia: accordo con la buona borghesia milanese, cattolica, che però non è riuscito».
Eppure Civati avrebbe potuto essere un temibile competitor per Bobo. I retroscena raccontano che a essere spaventato da una sua possibile candidatura, sondaggi alla mano, era proprio il centrodestra lombardo, consapevole che l'ex consigliere regionale avrebbe potuto conquistare molti consensi anche tra i grillini.
ARIA DI CIVATISMO. Ipotesi di scuola. La vicenda lombarda ormai è chiusa. Chissà però che a Roma che non si apra una fase di civatismo nel Pd, anche in vista del congresso, dove Pippo ha già annunciato di voler correre per la segreteria.
 

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