mercoledì 27 marzo 2013

Formazione governo Bersani: M5S, no fiducia, no appoggio esterno


da: Il Fatto Quotidiano

Bersani incontra il M5S. “Vi chiedo di non impedire la partenza del governo”
Il segretario dei democratici insime a Enrico Letta, incontra la delegazione del Movimento 5 stelle capitanata da Vito Crimi e roberta Lombardi. Faccia a faccia di circa mezz'ora in cui Bersani chiede, di fatto, l'appoggio esterno. Il movimento tiene la posizione: "Sì a singoli temi, ma non spetta a noi la responsabilità"

“Vi chiedo non di votare la fiducia, ma di non impedire la partenza dell’esecutivo”. Il succo politico dell’”appello” di Bersani al Movimento 5 stelle è nella chiusura del suo intervento. Dieci minuti ininterrotti – nella surreale e fino a ieri incredibile cornice pubblica dello streaming – in cui il segretario parla, spiega e alla fine chiede. “Siamo tutti parlamentari e abbiamo tutti davanti un problema”. Esordisce così il segretario di fronte alla delegazione del M5S: “Condizioni difficili, ma senza cambiamento non si va avanti. E voi, anche se non esclusivi, siete grandi portatori di questo tema. Io – dice Bersani – non farò un governo senza portare avanti questo cambiamento”.
Il premier incaricato ripete il concetto due volte. “Io – continua – governissimi non ne farò. Metteremmo un coperchio su una pentola a pressione che chiede cambiamento. Siamo troppo distanti e finiremmo per ostacolarci a vicenda. Questa cosa non si farà”. Il governo cui pensa Bersani, invece, è un “governo che parta su essenziali punti di cambiamento”. “Sull’acuto disagio sociale” e sulla “moralizzazione della vita politica”.
“No”, rimarca Bersani a un referendum sull’Euro, ma “una rivalutazione di questa Europa, sì”. E poi piccola impresa, green economy, norme
sul lavoro che aggiustino altre norme che – “abbiamo visto” – non vanno bene. E poi un pacchetto sulla “riforma della politica”. Una “legge sui partiti che riveda il finanziamento pubblico, ma non solo quello”. Bersani cita la Costituzione nel silenzio dei suoi interlocutori. Anche quando parla di “terapia d’urto contro la corruzione e il conflitto di interessi”. E poi i diritti civili: il premier incaricato enumera il suo “pacchetto di governo”, “rivolto a tutti ma non votabile da tutti“.

Poi Bersani passa al “secondo registro”. “Ne parliamo da 20 anni”, dice, è ora “di andare a toccare davvero la seconda parte della Costituzione”. Su questo secondo tema, dice il segretario, il dialogo è aperto “anche alle forze di una eventuale opposizione”. Ma senza “il primo registro, il governo, il secondo non può partire”. 
E qui Bersani gioca la frase più importante, sempre nel silenzio, rispettosamente istituzionale, degli apriscatole grillini: “Io non vi chiedo di votare il governo, ma di non impedirci di partire. Solo un insano di mente – aggiunge – avrebbe oggi la fregola di voler governare. Io mi sto prendendo una grande responsabilità”.

Solo a questo punto arriva la prima risposta di Roberta Lombardi. Una risposta raggelante, a onor del vero: “Noi siamo quegli insani di mente, noi abbiamo un progetto politico a 30 anni”. Di diverso tenore, decisamente, l’intervento di Vito Crimi. Che di fatto ribadisce il no a una “fiducia in bianco” ma con un atteggiamento almeno verbalmente morbido conferma la “disponibilità a votare le proposte condivise”. “Non ce la sentiamo di fidarci”, dice però Crimi: “Con tutta la bontà del suo impegno, noi siamo la generazione che ha visto programmi elettorali mai realizzati. Non abbiamo visto la legge sul conflitto di interessi, non abbiamo visto un elenco infinito di richieste che avremmo voluto”. Per questo, dice, “ci sentiamo di dover respingere questa assunzione di responsabilità che ci chiede. Siamo gli ultimi a potersi sentire responsabili. Siamo il risultato e non la causa di questa politica, anche per effetto di questa legge elettorale”.

Bersani lo ribadisce in maniera ancora più chiara e parla direttamente di “appoggio esterno” al governo. Crimi replica a tono, parlando di meccanismi parlamentari che rallentano l’attività del parlamento, cita la formazione delle commissioni, “le scadenze disattese” sulla loro nascita, ostacolata, sembra voler dire, dalla vecchia politica parlamentare. Bersani ribatte: “Entro 48 ore si decide, non starò qua dei mesi a perdere tempo”. Io vi avverto, aggiunge, “che con tutti i giri che ho fatto, ritengo questa cosa la più realistica”. Tutto il resto, aggiunge, “cambia il faremo in avremmo potuto fare. Voi siete un movimento, vi rispetto per le posizioni che prendete. Apprezzo e non mi scandalizzo di una discussione interna. Capisco anche i problemi di approccio. Non ho né animosità né altro. Adesso siete una grande forza…”.

Sembra l’ultimo appello, che Enrico Letta, fino a quel momento in silenzio spiega: “Siamo tre grandi forze in parlamento, se non ci si mescola non si va avanti”. Ma il dibattito – a tutti gli effetti, almeno dalle apparenze, un vero dibattito – si conclude con un nulla di fatto. La prima prova di democrazia in diretta streaming si conclude in mezz’ora. Poi in conferenza stampa, Crimi e Lombardi ribadiranno i concetti: no alla fiducia, no all’appoggio esterno, no all’uscita dall’aula per consentire il voto. Se questa è tutta la trattativa tra i due schieramenti, a Bersani resta davvero poco da giocarsi.

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