da: Il Fatto Quotidiano
Bersani
incontra il M5S. “Vi chiedo di non impedire la partenza del governo”
Il
segretario dei democratici insime a Enrico Letta, incontra la delegazione del
Movimento 5 stelle capitanata da Vito Crimi e roberta Lombardi. Faccia a faccia
di circa mezz'ora in cui Bersani chiede, di fatto, l'appoggio esterno. Il
movimento tiene la posizione: "Sì a singoli temi, ma non spetta a noi la
responsabilità"
“Vi chiedo non di votare la fiducia, ma di
non impedire la partenza dell’esecutivo”. Il succo politico dell’”appello” di Bersani al Movimento
5 stelle è nella chiusura del suo intervento. Dieci minuti ininterrotti –
nella surreale e fino a ieri incredibile cornice pubblica dello streaming – in
cui il segretario parla, spiega e alla fine chiede. “Siamo tutti parlamentari e
abbiamo tutti davanti un problema”. Esordisce così il segretario di
fronte alla delegazione del M5S: “Condizioni difficili, ma senza cambiamento
non si va avanti. E voi, anche se non esclusivi, siete grandi portatori di
questo tema. Io – dice Bersani – non farò un governo senza portare avanti
questo cambiamento”.
Il premier incaricato ripete il concetto
due volte. “Io – continua – governissimi non ne farò. Metteremmo un coperchio
su una pentola a pressione che chiede cambiamento. Siamo troppo distanti e
finiremmo per ostacolarci a vicenda. Questa cosa non si farà”. Il governo cui
pensa Bersani, invece, è un “governo che parta su essenziali punti di
cambiamento”. “Sull’acuto disagio sociale” e sulla “moralizzazione della vita
politica”.
“No”, rimarca Bersani a un referendum
sull’Euro, ma “una rivalutazione di questa Europa, sì”. E poi piccola impresa, green
economy, norme
sul lavoro che aggiustino altre norme che – “abbiamo visto” –
non vanno bene. E poi un pacchetto sulla “riforma della politica”. Una “legge
sui partiti che riveda il finanziamento pubblico, ma non solo quello”. Bersani
cita la Costituzione nel silenzio dei suoi interlocutori. Anche quando parla di
“terapia d’urto contro la corruzione e il conflitto di interessi”. E poi i
diritti civili: il premier incaricato enumera il suo “pacchetto di governo”,
“rivolto a tutti ma non votabile da tutti“.
Poi Bersani passa al “secondo
registro”. “Ne parliamo da 20 anni”, dice, è ora “di andare a toccare davvero
la seconda parte della Costituzione”. Su questo secondo tema, dice il
segretario, il dialogo è aperto “anche alle forze di una eventuale
opposizione”. Ma senza “il primo registro, il governo, il secondo non può
partire”.
E qui Bersani gioca la frase più
importante, sempre nel silenzio, rispettosamente istituzionale, degli
apriscatole grillini: “Io non vi chiedo di votare il governo, ma di non
impedirci di partire. Solo un insano di mente – aggiunge – avrebbe oggi la
fregola di voler governare. Io mi sto prendendo una grande responsabilità”.
Solo a questo punto arriva la prima
risposta di Roberta Lombardi. Una risposta raggelante, a onor del
vero: “Noi siamo quegli insani di mente, noi abbiamo un progetto politico a 30
anni”. Di diverso tenore, decisamente, l’intervento di Vito Crimi. Che
di fatto ribadisce il no a una “fiducia in bianco” ma con un atteggiamento
almeno verbalmente morbido conferma la “disponibilità a votare le proposte
condivise”. “Non ce la sentiamo di fidarci”, dice però Crimi: “Con tutta la
bontà del suo impegno, noi siamo la generazione che ha visto programmi
elettorali mai realizzati. Non abbiamo visto la legge sul conflitto di
interessi, non abbiamo visto un elenco infinito di richieste che avremmo
voluto”. Per questo, dice, “ci sentiamo di dover respingere questa assunzione
di responsabilità che ci chiede. Siamo gli ultimi a potersi sentire
responsabili. Siamo il risultato e non la causa di questa politica, anche per
effetto di questa legge elettorale”.
Bersani lo ribadisce in maniera ancora più
chiara e parla direttamente di “appoggio esterno” al governo. Crimi replica a
tono, parlando di meccanismi parlamentari che rallentano l’attività del
parlamento, cita la formazione delle commissioni, “le scadenze disattese” sulla
loro nascita, ostacolata, sembra voler dire, dalla vecchia politica
parlamentare. Bersani ribatte: “Entro 48 ore si decide, non starò qua dei
mesi a perdere tempo”. Io vi avverto, aggiunge, “che con tutti i giri che ho
fatto, ritengo questa cosa la più realistica”. Tutto il resto, aggiunge,
“cambia il faremo in avremmo potuto fare. Voi siete un movimento, vi rispetto
per le posizioni che prendete. Apprezzo e non mi scandalizzo di una discussione
interna. Capisco anche i problemi di approccio. Non ho né animosità né altro.
Adesso siete una grande forza…”.
Sembra l’ultimo appello, che Enrico
Letta, fino a quel momento in silenzio spiega: “Siamo tre grandi forze in
parlamento, se non ci si mescola non si va avanti”. Ma il dibattito – a tutti
gli effetti, almeno dalle apparenze, un vero dibattito – si conclude con un
nulla di fatto. La prima prova di democrazia in diretta streaming si conclude
in mezz’ora. Poi in conferenza stampa, Crimi e Lombardi ribadiranno i concetti:
no alla fiducia, no all’appoggio esterno, no all’uscita dall’aula per
consentire il voto. Se questa è tutta la trattativa tra i due schieramenti, a
Bersani resta davvero poco da giocarsi.
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