da: La Stampa
Elettori
grillini in freezer
di Cesare
Martinetti
Beppe Grillo è un leader politico
riconosciuto in quanto tale da un italiano su quattro. Elettori che avevano
votato per la destra, per il centro e – prevalentemente – per la sinistra. Ex
astensionisti che hanno trovato in lui una ragione per tornare ad esprimere un
voto. Delusi, disillusi, disgustati, schifati dalla politica che hanno
riconosciuto nel suo «vaffa» un modo di esprimere quel che dettava loro il
cuore.
Il rifiuto, uno schiaffo, una pernacchia
alla politica, a questa politica rituale, inconcludente e impunita, sempre
capace di auto autoassoluzioni e mai in grado di trovare soluzioni per i
problemi della gente.
Giovani e anziani, precari e pensionati,
artigiani e piccoli imprenditori rosi dalle tasse, 30-40enni intellettuali e
laureati non riconosciuti nei loro saperi e nei loro talenti da questa nostra
Italia paralizzata dalle piccole e grandi caste, corporazioni impenetrabili e
spesso parassitarie, filiere famigliari che non si rompono. Ventenni
autorelegatisi in quel limbo chiamato «Neet» e composto da quelli che non
studiano, non lavorano, non cercano né l’uno né l’altro che sarebbero già quasi
il 30 per cento di quella generazione.
Ecco, è possibile che molti di questi siano
soddisfatti del loro voto dopo aver visto i loro parlamentari in azione, si
sentano confortati dall’ascoltare il loro leader, rassicurati della bontà della
scelta fatta: perduta ogni speranza che qualcosa cambi, evviva i «vaffa», vuoi
mettere il piacere? Ma sarà proprio così?
Ieri, dopo aver pilotato da lontano i suoi
ragazzi nell’inutile e irridente comparsata all’incontro con il presidente
incaricato Pierluigi Bersani, Grillo ha «postato» sul suo blog la sua valutazione
politica della mattinata accomunando tutti i leader degli altri partiti – da
Monti a Berlusconi, a D’Alema, allo stesso Bersani - nel giudizio di
«puttanieri», che «ci prendono per il culo ogni giorno con i loro appelli alla
governabilità».
Ora, Grillo può usare la lingua che vuole,
l’insulto è stato parte del suo messaggio politico, gli elettori giudicano
liberamente. Grillo è a sua volta liberissimo di rifiutare il programma di
Bersani come la politica di tutti gli altri. Può rivendicare per il suo
movimento la leadership del governo, a patto di essere capace di costruirne
uno. Non è questo il punto.
Ma passato un mese dalle elezioni,
depositate le sorprese e le emozioni, incassata una straordinaria dote politica
e parlamentare si può immaginare che molti di quel quarto di elettori italiani
si chiedano come verrà speso il proprio voto. Quanti si contenteranno del
«vaffa» continuo e ripetuto?
La politica italiana è a un punto di
svolta, il successo della lista Grillo ha aperto una fase rivoluzionaria e le
rivoluzioni non avvengono mai con ordine, il galateo ne è sempre travolto. Al
di là del giudizio sui contenuti della proposta politica, tutti hanno
sottolineato l’importanza di un parlamento rinnovato da parlamentari diversi,
giovani, carichi di rabbia e di rancori, ma anche di energia, di competenze
spesso ignorate dalla politica tradizionale.
Ma il punto è proprio questo: quell’energia
di cui sono portatori i deputati di Grillo deve rimanere impacchettata e
gestita in via esclusiva dal capo? Insultare per insultare per insultare (salvo
poi riconoscere, come ha rivelato un fuori onda tv, dignità e correttezza a
Napolitano, anche lui pesantemente insultato in precedenza) è l’unico mandato
ricevuto dagli elettori? L’obiettivo è mettere in freezer i voti ottenuti,
mandare tutto a scatafascio puntando a prendere il 51 per cento alle prossime
elezioni? E poi?
Il realismo è il punto di arrivo di ogni
politica che sia tale, insegnava Machiavelli, ed è quello che chiedono gli
elettori ai loro rappresentanti e gli elettori di Cinque stelle non sono
diversi dagli altri. Grillo impari a usare l’enorme capitale di energia che gli
italiani gli hanno affidato. La forza della realtà insegue anche lui e a un
certo punto lo raggiungerà. Come dice Gustavo Zagrebelsky nell’intervista che
pubblichiamo oggi i processi politici in corso oggi nel nostro sistema possono
distruggere o rinvigorire la democrazia. Basta poco per far pendere la bilancia
o di qua o di là.
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