da: Lettera 43
Grillo
e le contraddizioni del Movimento 5 stelle
La
caccia ai troll. L'assenza di disegni di legge. E i commenti censurati sul blog
in Rete.
di
Paola Alagia
Il voto a favore di Pietro Grasso da parte
di una pattuglia di senatori M5s rappresenta un po’ l’incubo che diventa realtà
per Beppe Grillo.
L'URTO ELETTORALE. La prova che il comico
genovese e il suo braccio destro Gianroberto Casaleggio non sono forse ancora
pronti a reggere l’urto del boom elettorale e, di conseguenza, la vita
parlamentare. Inconvenienti e grane per un Movimento nato in Rete e che, per
forza di cose, ora si trova costretto alle regole della democrazia
rappresentativa.
Le contraddizioni pentastellate pian piano iniziano a emergere. Con tutta la
loro forza.
LA «CACCIA AL TROLL». I nodi, insomma,
vengono al pettine. L’ultimo in ordine di tempo è di poche ore fa. Galeotto è
stato il post dal titolo naif «Schizzi di merda digitale» pubblicato da Grillo
il 24 marzo scorso sul suo blog. Un messaggio che suona come un’accusa precisa
a quelle «orde di troll, di fake, di multinick» che «scrivono con regolarità
dai 2 ai 3 mila commenti al giorno sul blog. Qualcuno evidentemente li paga per
spammare dalla mattina alla sera». Un piano anti-Movimento contro cui Grillo
sta cercando di correre ai ripari lanciando la «caccia»
ai disturbatori.
1.
Rete, madrina e matrigna
Un messaggio d’attacco che, tuttavia, suona
come un Sos e fa venire a galla i primi segni tangibili di debolezza da parte
di Grillo. Proprio dalla Rete che il comico genovese ha elevato a totem della
democrazia diretta, arrivano le prime insidie. Problemi che, tra l’altro,
chiunque abbia un po’ di familiarità con il web, il blogger genovese in primis,
non può non conoscere.
I BOMBARDAMENTI INFORMATICI. A cominciare
dal metodo dei pluri nick name e dalla tattica delle multi utenze per simulare
molteplici punti di vista. Della serie, caro Beppe, chi la fa l’aspetti. Queste
stesse tecniche, infatti, sono state usate dai simpatizzanti grillini per
confutare critiche nei confronti del Movimento, come il libro di Federico
Mello, Il lato oscuro delle stelle aiuta a comprendere.
L'ACCUSA DI MORINI. Per non parlare della testimonianza
di Michele Morini, fondatore del meet up
di Parma e ideatore del Forum 280 (la centrale di idee che nel 2007 ha dato
il la alle liste civiche da cui è scaturito poi il M5s) «cancellato dalla piattaforma», come ha raccontato a Servizio
Pubblico, «dopo le critiche alla
mancanza di democrazia nel Movimento 5 stelle» e «vittima di un attacco
informatico mirato».
2.
Rodotà, i piani del M5s e il limite dei due mandati
Ma di contraddizioni in seno al movimento
ce ne sono altre. L’impasse sul futuro governo, per esempio, ne ha fatto
balenare una delle più grosse: il nome di Stefano
Rodotà per un esecutivo che potrebbe raccogliere il consenso del movimento.
LA PROPOSTA DI MESSORA. Parole dal sen
fuggite a Claudio Messora, il blogger che coordina la comunicazione del gruppo
M5s al Senato. «Il tentativo di Bersani è già morto in partenza», dichiarava
Messora lo scorso 3 marzo ai microfoni de La Zanzara, «mentre un altro nome
potrebbe essere quello di Rodotà, una persona stimata».
Dov’è la contraddizione? È semplice. Dando per scontato che Rodotà sia persona
gradita ai vertici pentastellati (non si spiegherebbe altrimenti l’assist del
blogger), salta subito all’occhio che un incarico
politico al giurista stravolgerebbe
il principio grillino del tetto dei due mandati parlamentari.
QUATTRO VOLTE IN PARLAMENTO. Rodotà,
infatti, nel proprio curriculum, ne conta ben quattro: dal 1979, anno della sua
prima legislatura come indipendente del Pci al 1992, quando fu eletto deputato
tra le fila del Pds.
È vero che Rodotà, nei piani del M5s, potrebbe diventare premier senza passare
per le Camere, ma è evidente che il messaggio a Cinquestelle da sempre chiede
un disimpegno totale dalla cosa pubblica dopo i due mandati e non è limitato
alle assemblee elettive.
3.
Referendum ad comicum: sì per l'euro, no per l'appoggio al Pd
Che la democrazia
diretta sia il chiodo fisso di Grillo è risaputo. Nella pratica, però, più che un fine verso cui tendere si
sta rivelando un mezzo nelle sue
mani. Pro domo sua, naturalmente.
E così va bene chiedere il referendum
sull’euro, sulla direttiva Bolkestein e sul trattato di Lisbona: fare la voce
grossa su questi temi, infatti, aiuta la causa del duo Grillo-Casaleggio.
QUESTIONI SPINOSE. Va meno bene, tuttavia,
coinvolgere la Base su questioni come l’elezione del presidente del Senato. O
la fiducia a un esecutivo Bersani (che attraverso blog, forum e petizioni ha
ripetutamente chiesto di trattare).
Senza dimenticare, infine, l’enorme
distanza tra la teoria e la pratica della democrazia dal basso. La procedura delle parlamentarie online del
Movimento è qui a dimostrarlo, con tutte le sue falle. A futura memoria.
4.
Il balletto intorno all'articolo 67 della Costituzione
Man mano che l’avventura politica del
comico ligure va avanti, le incoerenze risultano più evidenti. La crociata
del «portavoce» cinquestelle contro
l’articolo 67 della Costituzione, secondo cui «ogni membro del parlamento
rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato» è
di sicuro tra le incongruenze più pesanti.
IL PASSO INDIETRO. Che fine ha fatto, insomma, il Beppe
Grillo che otto anni fa (per l’esattezza il 29 dicembre 2005) lanciava dal
blog il suo anatema contro Carlo
Giovanardi, reo di aver dichiarato durante un’intervista a Radio24 di non essere dipendente di nessuno se non dei
suoi elettori? In quell’occasione, il comico
sostenne che Giovanardi doveva rendere conto del suo operato all’intero Paese
e non solo a chi lo aveva votato. In tal modo Grillo, implicitamente, esaltava
il valore dell’articolo della Carta che oggi critica perché foriero di
possibili dissidi interni ai suoi gruppi parlamentari.
DISEGNI DI LEGGE INESISTENTI. Più che
incoerenza, invece, suona come inconsistenza la dichiarazione: «Apriremo il
parlamento come una scatola di tonno». Se sul piano della trasparenza è ancora
presto per valutare l’operato grillino, su quello propositivo il primo impatto
non è dei più proficui. Le porte delle Camere, infatti, si sono spalancate per
il M5s. Peccato, però, che di disegni di
legge non ce ne sia neppure l’ombra, al contrario dei tanto vituperati
partiti tradizionali. Seppure «morti», come li definisce Grillo, questi ultimi
hanno già depositato 550 provvedimenti.
5.
La favola dell'«uno vale uno»
Nell’elenco di contraddizioni, inoltre, non
può passare sotto silenzio il capitolo finanziamento
ai partiti. Se è vero, da una parte, che i grillini hanno rifiutato i rimborsi, dall’altra i benefit ai singoli parlamentari sono ben
accetti. Anzi, nel codice di comportamento per gli eletti, Grillo parla
espressamente di introiti addirittura forfettari per le spese telefoniche.
LA FOGLIA DI FICO GRILLINA. Lo sbandierato
motto dell’«uno vale uno», infine,
merita una menzione a parte. Di sicuro ha acceso gli entusiasmi della Base e
cementato gli eletti. Almeno in teoria. Nella pratica, invece, sta già
dimostrando di essere una foglia di fico.
Alla fine, infatti, esiste uno (o due)
che vale più degli altri.
D’altronde il verbo lo detta Grillo dal suo blog. E chi si disallinea è
avvertito. È vero che le epurazioni in stile Federica Salsi per ora sono
state sospese e, quindi, i dissidenti che hanno votato per Grasso al Senato
sono stati graziati. Ma quanto durerà?
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