da: Il Fatto
Quotidiano
Lavoro:
più licenziati e più precari dopo nove mesi di riforma Fornero
Inchiesta
di ilfattoquotidiano.it sui risultati della legge voluta dal governo Monti.
Solo il 5% dei precari è stato stabilizzato, metà ha perso il posto o ha visto
peggiorare il proprio trattamento. Crollo delle collaborazioni. Brunetta:
"In tre mesi spariti 57 mila posti a progetto". E i contenziosi
sull'articolo 18 ingolfano i tribunali. Lo scontro tra norme rigide ed economia
in recessione ha portato al fallimento degli obiettivi. Raccontate le vostre
storie a ilfattoquotidiano.it
di Marco Palombi
Dice la riforma
Fornero che lo scopo è “l’instaurazione di rapporti di lavoro
più stabili” e quello di ribadire “il rilievo prioritario del contratto di
lavoro subordinato a tempo indeterminato (…) quale forma comune di
rapporto di lavoro”. Adesso che sono passati quasi nove mesi dalla
sua entrata in vigore si può dire che quell’auspicio è purtroppo destinato a
rimanere tale. In realtà le due grandi direttrici di riforma – in attesa dei
nuovi ammortizzatori sociali, che dovrebbero entrare a regime nel 2017, se
mai lo faranno – hanno già largamente fallito: da un lato infatti lariduzione
delle tutele dell’articolo 18 ha dato il via ad una serie di licenziamenti
individualiprima impossibili (riuscendo per di più a peggiorare la situazione
del contenzioso in tribunale), dall’altro gli irrigidimenti sul’uso dei
contratti flessibili ha portato alla perdita di posti di lavoro o a
un peggioramento delle condizioni di quelli già esistenti (leggi la scheda: che cosa
prevede la riforma Fornero).
D’altronde, come ha
detto lo stesso ministro, questa non è una riforma fatta per uscire dalla
recessione, per quello “servivano i soldi”, mentre le nuove norme andranno
verificate in condizioni normali: rimane però da chiedersi perché introdurre
norme che rendono più facili i licenziamenti e più rigide le assunzioni in un
momento in cui la priorità dovrebbe essere assicurare un posto a più gente
possibile. Ecco, dunque, per capire di che si parla, un riassunto per punti
della riforma e dei suoi risultati in questi mesi.
Numeri. Nei
primi nove mesi del 2012 – analizzando il sistema delle comunicazioni
obbligatorie al ministero del Lavoro – risultano 640mila rapporti di
lavoro interrotti con un licenziamento (tra individuali e collettivi), il
che significa un aumento dell’11% sul 2011. Nello stesso periodo le dimissioni
sono diminuite dell’8,7% passando da 1,22 milioni a 1,1 milioni. Vediamo come,
invece, le assunzioni si sono divise tra i vari contratti disponibili nel terzo
trimestre 2012, cioè con la riforma Fornero in vigore: oltre il 67% delle
assunzioni è stato formalizzato con contratti a termine (1,65
milioni), solo il 17,5% a tempo indeterminato (430.912) e
il 6,4% con contratti di collaborazione (156.845 unità). L’apprendistato ha
riguardato appena il 2,5% delle assunzioni. Rispetto ai mesi precedenti si
registra un crollo per le collaborazioni (-22,5%) e per gli “altri
contratti” flessibili (-24,3%).
Le difficoltà sui
nuovi contratti. Spiega l’ex ministro Renato Brunetta: “In 3 mesi, da
luglio a settembre 2012, sono andati persi oltre 57 mila lavori “a progetto”,
da luglio a dicembre 2012 circa 302mila posti di lavoro. E la situazione, già
drammatica, è destinata a peggiorare. La Banca d’Italiaha stimato che nei
prossimi mesi si assisterà a un’ulteriore flessione della domanda: il tasso di
posti vacanti, già basso, si è ancora ridotto da 0,7 a 0,5% delle posizioni
lavorative attive nel terzo trimestre. Mentre un’indagine del sistema
informativo Excelsior di Unioncamere e ministero del Lavoro
mostra chiaramente tutte le difficoltà dei datori di lavoro nell’utilizzo
dei nuovi contratti: nei primi tre mesi del 2013 le imprese dell’industria e
dei servizi hanno previsto di rinunciare a 80.200 posizioni.
Come se non bastasse
il contratto di apprendistato, su cui la riforma Fornero ha puntato come canale
privilegiato d’ingresso al lavoro, rimane pressoché inutilizzato: nel terzo
trimestre 2013 ne saranno attivati appena 8.800 (il 3,9% dei flussi in ingresso
programmati totali nel periodo). Addirittura nel secondo trimestre 2012, prima
quindi dell’arrivo della riforma Fornero, se ne attivavano di più:
circa10.300”.
Da precari a
disoccupati. Solo il 5% dei precari è stato stabilizzato dopo la
riforma Fornero e solo un altro 4% è passato ad un contratto flessibile con più
tutele, mentre il 27% ha direttamente perso il lavoro e il 22% è
scivolato verso un contratto peggiore. E’ il risultato di un sondaggio
online dei giovani della Cgil a cui hanno partecipato 500 precari (i
risultati, ovviamente, sono puramente indicativi). Spiega Tommaso
Dilonardo, avvocato del lavoro, fondatore e presidente diWork in Progress,
Centro di ricerche sociali sul lavoro e le nuove forme di occupazione: “Non è
stata agevolata in modo elastico l’entrata nel mondo del lavoro dei giovani,
anzi: prima i contratti a progetto e simili venivano sì stipulati in modo
illegittimo, ma consentivano l’ingresso nel mercato del lavoro. La riforma
Fornero, invece, ha irrigidito i parametri e adesso gli imprenditori sono più
timorosi nell’adottare questi contratti per la paura della trasformazione del
contratto a tempo indeterminato”.
Da stabili a
disoccupati. Ancora Dilonardo di Work in Progress: “Stiamo assistendo
nelle aule di tribunale, ma anche nelle commissioni territoriali delle
Direzioni provinciali del lavoro, a una grandecrescita dei licenziamenti tra
gli ultracinquantenni. Questo perché alle aziende costano molto di più rispetto
ai colleghi giovani e, inoltre, dopo la legge Fornero, non è più previsto
il reintegro. Se l’obiettivo del governo era di agevolare l’uscita dal mercato
del lavoro, allora ci sono riusciti”.
Da partite Iva a più
partite Iva. Rileva la Cgia di Mestre: “E’ stata una vera esplosione:
nel 2012 sono state aperte 549.000 partite Iva. Di queste ultime, 211.500
(pari al 38,5% del totale) sono ascrivibili a giovani con meno di 35 anni. Se
infatti rispetto al 2011 le aperture totali sono cresciute del 2,2%, tra i
giovani l’aumento è stato quasi esponenziale: +8,1%”. I settori maggiormente
interessati sono il commercio all’ingrosso e al dettaglio, le professioni e le
costruzioni, la zona il Mezzogiorno. Spiega il segretario Giuseppe
Bortolussi: “L’aumento del numero delle partite Iva in capo ai giovani lascia
presagire, nonostante le misure restrittive della riforma del ministro Fornero,
che questi nuovi autonomi lavorino prevalentemente per un solo committente”.
In sostanza, fissando paletti astratti come i 18mila euro di soglia minima
di reddito si finisce per garantire l’uso di “partite Iva false” e per di
più senza controlli.
Costo del lavoro. Nonostante
il peso del fisco sul lavoro fosse già alto, la riforma Fornero l’ha
ulteriormente aumentato. Lo denuncia un documento di febbraio della Fondazione
studi dei Consulenti del lavoro: colpa, per così dire, dell’aumento dei
contributi dovuti per l’Aspi, dei nuovi fondi di solidarietà e
dell’aumento delle aliquote previdenziali (che, in realtà, si sta scaricando
anche sul netto che arriva in tasca ai precari). Conclusione: “Un elenco di
criticità che fanno diventare illusoria la crescita dell’occupazione e che
confermano la tendenza alla chiusura delle aziende”.
“Tsunami
giudiziario”. E’ l’effetto della riforma Fornero sui tribunali del
lavoro secondo Agi, associazione che raccoglie oltre 1.500 avvocati
giuslavoristi: “Lo diciamo oggi – ha spiegato il presidente Fabio Rusconi –
a distanza di qualche mese dall’entrata in vigore: ora si può fare una diagnosi
e, a livello interpretativo, l’impatto del rito carente e lacunoso
sull’articolo 18 è stato devastante, come uno tsunami”. La questione è molto
tecnica, ma il processo del lavoro partorito dalla riforma è straordinariamente
cavilloso e si è risolto, per opinione unanime di avvocati e magistrati, in
“una moltiplicazione dei processi” e in “un aggravio del carico già esorbitante
della giustizia del lavoro”.
Al 31 dicembre,
spiega Agi, i ricorsi con il rito Fornero sono stati 610 in tutto, 260 tra
gennaio e febbraio, numeri che raddoppiano e addirittura triplicano se si
considera che per lamentele diverse dal licenziamento il ricorso va fatto
separatamente. E’ tanto vero, ha raccontato Panorama, che al Tribunale di
Milano esiste ormai un apposito “ufficio Fornero”.
Segnalate a
ilfattoquotidiano.it le vostre storie legate alla riforma Fornero: assunzioni,
licenziamenti, cambi di contratto, contenziosi sull’articolo 18… Inviate
un’e-mail di massimo 1.500 battute all’indirizzo segreteriaweb@ilfattoquotiodiano.it specificando
nell’oggetto: “Legge Fornero”
Nessun commento:
Posta un commento