mercoledì 20 marzo 2013

Il Buongiorno di Massimo Gramellini


da: La Stampa

Gli avvelenati

L’altro giorno un alto dirigente del Pd mi ha inviato questo messaggino straziante: «Vorrei andare in aula a cantare l’Avvelenata di Guccini e poi scomparire definitivamente».  
Qui la politica non c’entra, quello che si sta svolgendo davanti ai nostri occhi è innanzitutto uno psicodramma umano. Una generazione di notabili del centrosinistra, cresciuta durante il ventennio berlusconiano, si ritrova accomunata al grande avversario nel giudizio universale in atto. Per il popolo di Grillo - avamposto di un sentire molto più diffuso che si estende perlomeno agli elettori di Renzi - i politici della cosiddetta Seconda Repubblica sono tutti uguali, nel senso di egualmente responsabili. Bersani come Berlusconi. Franceschini come Cicchitto. Finocchiaro come Santanchè.  

E loro - i Bersani, i Franceschini, le Finocchiaro - non se ne capacitano. Si sentono diversi, e in alcuni casi - credetemi - lo sono davvero. Ma quando la valanga rotola a valle non fa selezioni. E serve a ben poco elencare i propri meriti: quell’arguta legge invano proposta, quel formidabile comizio purtroppo equivocato, quell’accorato appello rimasto inascoltato. Il disgusto per una classe dirigente che ha fallito nel suo complesso azzera ogni distinguo e trasforma persino i tentativi di sopravvivenza in un ulteriore supplizio. Con la scelta di due facce nuove per le presidenze delle Camere, il buon Bersani ha suggerito l’unica via d’uscita possibile per il governo: metterne una anche lì, sacrificando la sua.  

(«Ma s’io avessi previsto tutto questo, dati causa e pretesto, le attuali conclusioni…» Francesco Guccini, L’Avvelenata).   

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