da: Il Fatto
Quotidiano
Marco
Travaglio: “I Portasilenzio”
di Marco Travaglio
Nel ‘94, per metter fine alla cacofonia dei
suoi ministri che parevano usciti da Prova d’orchestra di Fellini, il Cainano nominò portavoce del suo primo
governo Giuliano Ferrara. Che, come
ministro dei Rapporti col Parlamento, aveva già instaurato col Parlamento i
peggiori rapporti della storia repubblicana. L’uomo giusto al posto giusto.
Anche come portavoce comunque non fu niente male: appena aprì bocca, accusò
Borrelli di parlare “come un capomandamento mafioso” innescando una guerra
termonucleare col Quirinale (c’era Scalfaro, non Mister Monito) e con la
magistratura. Assediato da tutti i fronti, B.
tolse la voce al portavoce, sospirando: “Qui ci vorrebbe un portasilenzi”.
Da allora Ferrara portò solo se stesso, che comunque era già un bell’impegno.
Qualcosa di simile,
mutatis mutandis, accade da due giorni al M5S,
dopo la geniale trovata di Casaleggio
di spedire a Roma due noti blogger,
Messora e Martinelli, come portavoce
dei gruppi parlamentari. Messora
è noto per le sue posizioni complottiste,
espresse con foga in alcuni programmi tv, soprattutto L’ultima parola di Paragone.
Martinelli è noto in rete per aver seguito come inviato, per i blog di Grillo e
Di Pietro, alcuni processi dimenticati dalla stampa di regime
(tipo Dell’Utri). Ma il blogger è per
sua natura un cane sciolto, un solista
dall’individualità molto spiccata, perché deve districarsi nella web-jungla
con una trovata originale al giorno. Altrimenti sparisce. Una figura totalmente incompatibile con
quella
del portavoce, che deve annullare la
propria personalità fino a diventare lo specchio dell’immagine altrui, il
megafono delle decisioni altrui. In questo caso, dei gruppi di M5S alla Camera
e al Senato. Ma soprattutto il portavoce dei gruppi parlamentari deve confrontarsi ogni giorno con la stampa
parlamentare, che lavora prevalentemente per giornali e tv. Con i molti
difetti e i pochi pregi ben noti, ma che non spetta a un portavoce
stigmatizzare.
Il tragicomico equivoco ha subito prodotto
effetti esilaranti. Martinelli ha
esordito mettendo in guardia i 5Stelle dall’“ingenuità” che li porta a “cadere
nelle trappole di chi vuole sputtanarli”. Senonché subito dopo è caduto nella
trappola da lui stesso fabbricata, dichiarando a La Zanzara (ottima idea,
andare a La Zanzara) che l’euro fu “la mossa
massonica di un gruppo di banchieri”. Il che, per carità, può anche essere,
ma non pare il primo punto all’ordine
del giorno di M5S, che chiede al Parlamento di varare subito i tagli alla
casta e qualche misura per il rilancio dell’economia. Messora intanto spiegava di essere lì per costruire un “team” che “armonizzi le posizioni” dopo “il
casino”. Il guaio è che al casino ha
subito contribuito lui: anziché spiegare ai capigruppo che non si convoca
una conferenza stampa senza domande, ha insultato su Facebook i giornalisti “pseudo-omuncoli” e
“spala-merda”. Che, per carità,
esistono: l’assalto quotidiano ai grilli per strappar loro un sì alla
solita domanda che raccoglie solo no, “Voterete
la fiducia al governo Bersani?”, è un caso
di stalking umiliante che tradisce
il servaggio di molti cronisti al regime dei partiti.
Ma non spetta a un portavoce denunciarlo: il suo compito è rispondere a tutti, anche a
chi non gli garba, magari per comunicare le iniziative che sono la vera
forza di M5S: spulciare, chieder conto di tutto, costringere i partiti a
seguirlo su terreni mai praticati come la sobrietà, i risparmi, la guerra ai
privilegi, ai conflitti d’interessi, l’ineleggibilità dei condannati, la difesa
dei deboli, dell’ambiente e degli altri beni comuni. Invece i nostri eroi fanno gli offesi perché
“parlavamo a titolo personale” e i giornalisti non li hanno capiti (ma un
portavoce non parla mai a titolo personale o, se vuole farlo, si dimette da
portavoce). Il risultato è da ammazzarsi dalle risate: i portavoce, da ieri,
sono in silenzio stampa.
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