giovedì 21 marzo 2013

Marco Travaglio: “I Portasilenzio”


da: Il Fatto Quotidiano

Marco Travaglio: “I Portasilenzio”
di Marco Travaglio

Nel ‘94, per metter fine alla cacofonia dei suoi ministri che parevano usciti da Prova d’orchestra di Fellini, il Cainano nominò portavoce del suo primo governo Giuliano Ferrara. Che, come ministro dei Rapporti col Parlamento, aveva già instaurato col Parlamento i peggiori rapporti della storia repubblicana. L’uomo giusto al posto giusto. Anche come portavoce comunque non fu niente male: appena aprì bocca, accusò Borrelli di parlare “come un capomandamento mafioso” innescando una guerra termonucleare col Quirinale (c’era Scalfaro, non Mister Monito) e con la magistratura. Assediato da tutti i fronti, B. tolse la voce al portavoce, sospirando: “Qui ci vorrebbe un portasilenzi”. Da allora Ferrara portò solo se stesso, che comunque era già un bell’impegno.
Qualcosa di simile, mutatis mutandis, accade da due giorni al M5S, dopo la geniale trovata di Casaleggio di spedire a Roma due noti blogger, Messora e Martinelli, come portavoce dei gruppi parlamentari. Messora è noto per le sue posizioni complottiste, espresse con foga in alcuni programmi tv, soprattutto L’ultima parola di Paragone. Martinelli è noto in rete per aver seguito come inviato, per i blog di Grillo e Di Pietro, alcuni processi dimenticati dalla stampa di regime (tipo Dell’Utri). Ma il blogger è per sua natura un cane sciolto, un solista dall’individualità molto spiccata, perché deve districarsi nella web-jungla con una trovata originale al giorno. Altrimenti sparisce. Una figura totalmente incompatibile con
quella del portavoce, che deve annullare la propria personalità fino a diventare lo specchio dell’immagine altrui, il megafono delle decisioni altrui. In questo caso, dei gruppi di M5S alla Camera e al Senato. Ma soprattutto il portavoce dei gruppi parlamentari deve confrontarsi ogni giorno con la stampa parlamentare, che lavora prevalentemente per giornali e tv. Con i molti difetti e i pochi pregi ben noti, ma che non spetta a un portavoce stigmatizzare.
Il tragicomico equivoco ha subito prodotto effetti esilaranti. Martinelli ha esordito mettendo in guardia i 5Stelle dall’“ingenuità” che li porta a “cadere nelle trappole di chi vuole sputtanarli”. Senonché subito dopo è caduto nella trappola da lui stesso fabbricata, dichiarando a La Zanzara (ottima idea, andare a La Zanzara) che l’euro fu “la mossa massonica di un gruppo di banchieri”. Il che, per carità, può anche essere, ma non pare il primo punto all’ordine del giorno di M5S, che chiede al Parlamento di varare subito i tagli alla casta e qualche misura per il rilancio dell’economia. Messora intanto spiegava di essere lì per costruire un “team” che “armonizzi le posizioni” dopo “il casino”. Il guaio è che al casino ha subito contribuito lui: anziché spiegare ai capigruppo che non si convoca una conferenza stampa senza domande, ha insultato su Facebook i giornalisti “pseudo-omuncoli” e “spala-merda”. Che, per carità, esistono: l’assalto quotidiano ai grilli per strappar loro un sì alla solita domanda che raccoglie solo no, “Voterete la fiducia al governo Bersani?”, è un caso di stalking umiliante che tradisce il servaggio di molti cronisti al regime dei partiti.
Ma non spetta a un portavoce denunciarlo: il suo compito è rispondere a tutti, anche a chi non gli garba, magari per comunicare le iniziative che sono la vera forza di M5S: spulciare, chieder conto di tutto, costringere i partiti a seguirlo su terreni mai praticati come la sobrietà, i risparmi, la guerra ai privilegi, ai conflitti d’interessi, l’ineleggibilità dei condannati, la difesa dei deboli, dell’ambiente e degli altri beni comuni. Invece i nostri eroi fanno gli offesi perché “parlavamo a titolo personale” e i giornalisti non li hanno capiti (ma un portavoce non parla mai a titolo personale o, se vuole farlo, si dimette da portavoce). Il risultato è da ammazzarsi dalle risate: i portavoce, da ieri, sono in silenzio stampa.

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