martedì 26 marzo 2013

Omar Sy: da ‘Quasi amici’ a ‘Due agenti molto speciali’



da: La Stampa

Omar Sy: con un sorriso sono uscito dalla banlieue

L’attore di “Quasi amici” torna con “Due agenti molto speciali”

“Ero un ragazzo che faceva paura finché ho deciso di aprirmi agli altri”
di Fulvia Caprara


Adesso lo aspetta il nuovo capitolo della saga di X-Men, Days of future past di Bryan Singer, ma prima c’è stato il successo planetario di Quasi amici e poi quello di Due agenti molto speciali, dal 28 in 200 sale (con il marchio Medusa) dopo aver incassato in Francia 15 milioni di euro.  

Un cammino trionfale, dalla banlieue di Trappes alla collina di Hollywood, vissuto con la piena consapevolezza della propria fortuna, con l’umiltà di chi sa bene che non basta essere diventati famosi per poter salire in cattedra e discutere di tutto: «E’ chiaro, Quasi amici ha cambiato totalmente la mia vita, ora c’è un prima e un dopo, ma sono cresciuto in periferia e oggi, dopo aver dormito in un bell’albergo e aver fatto una lauta colazione, ho un po’ di problemi a parlare di politica e a rispondere a domande su persone che vivono nei luoghi dove sono nato».  


Alla base di tutto c’è una scelta di campo, fatta tanto tempo fa, quando nell’orizzonte della vita di Omar Sy il cinema non esisteva: «Se sei alto un metro e 90 e vieni dalla banlieue succede che ti vedano come un ragazzo pericoloso, fai paura. Così i modi per reagire sono due, il primo chiudersi dentro quella realtà, il secondo decidere di andare verso gli altri con un gran sorriso, con la voglia di incontrarsi e di conoscersi». Seguendo quest’ultima strada, Sy è diventato l’attore richiestissimo che è, una specie di Re Mida del cinema internazionale, un nuovo Eddie Murphy sommerso da proposte e copioni: «Quand’ero ragazzo mi divertiva, ho visto i suoi film e sono contento di essere paragonato a lui, però non voglio imitarlo, sto molto bene nella mia pelle». 

La storia di Due agenti molto speciali, regia di David Charon, ruota, come quella di Quasi amici, intorno a una coppia di diversi, il poliziotto della sezione finanziaria di Bobigny Ousmane Diakité (Omar Sy) e l’ispettore capo della famigerata squadra anticrimine di Parigi François Monge (Laurent Lafitte). Discutono continuamente su tutto, hanno pareri e metodi d’indagine opposti, per non parlare delle radici e degli stili di vita. Eppure, alla fine, non possono stare l’uno senza l’altro: «Nella differenza c’è una grande forza, guardando gli altri, anche quelli che ci sembrano più lontani, diversi e bizzarri, abbiamo sempre da imparare e guadagnare. E magari, avvicinandoci, possiamo trovare soluzioni ai nostri problemi».  

Quanto a lui, in attesa di vedere il remake americano del film che gli ha dato la celebrità, («lo faranno come vorranno e non mi sento di dare pareri»), continua a vivere con le sue regole semplici ma efficaci: «Nel tempo libero cerco di farmi del bene, vedo la famiglia, gli amici, ma mi piace anche molto stare senza far niente». Le passioni sono rimaste quelle di sempre, la squadra dell’Olimpique Marseille, il basket ,anche se da ragazzino giocava volentieri a calcio, le belle macchine, Ferrari e Maserati in testa, la danza, e le acrobazie, comprese quelle più pericolose: «Sul set di Due agenti molto speciali avrei voluto fare anche le scene più complicate, ma gli stuntmen me l’hanno impedito, dicevano che non era affar mio».  

Inutile pretendere che Sy dia giudizi su colleghi autorevoli come Gerard Depardieu: «La mia opinione sulle sue decisioni di questi ultimi mesi non conta, non mi sento nè di sostenerlo nè di dargli addosso, d’altra parte non sono nè un giudice nè il buon Dio». Nel mondo del cinema, ripete l’attore, è entrato per puro caso, grazie al personaggio di un calciatore senegalese inventato su due piedi per dare una mano a un amico che conduceva una trasmissione radiofonica: «Da ragazzino immaginavo che avrei potuto fare qualcosa nello sport, ma poi ho capito che richiedeva troppe energie e ho lasciato perdere». 

Dopo la radio è arrivata la tv, dove Sy si esibiva in duo con Fred Testot, e poi l’incontro fondamentale con Toledano e Nakache, i registi di Quasi amici: «Non penso mai al mio futuro di attore, non mi aspetto niente di particolare, vado avanti passo dopo passo, scegliendo con attenzione i progetti». Per il prossimo X-Men sta studiando inglese con grande impegno : «Inizio a girare tra qualche mese, è una prospettiva eccitante, ma, lo sapete, non posso rivelare niente». E non esclude che Due agenti molto speciali possa avere un seguito: «Può darsi, la fine del film lascia una porta aperta». Sullo schermo l’agente Sy dice, a un certo punto, «questa Francia non mi piace». In realtà, fa sapere, «amo molto il Paese in cui sono nato e cresciuto e penso che, come gli altri, possa ancora crescere e migliorare». 

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