da: Lettera
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Terzi,
il fallimento del titolare della Farnesina
Scontro
con l'India scatenato da un grave errore di gestione del ministro. Che non ha
mai veramente fatto politica. Assente dai dossier importanti, attivo su
Twitter. New Delhi ferma l'ambasciatore
italiano.
di Gea Scancarello
Adesso sono informati anche gli aeroporti.
E la faccenda si fa tremendamente seria.
Il governo indiano, preso in giro e inferocito per la mancata restituzione dei marò
Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, ha diramato una nota ai
propri frontalieri, con le generalità dell’ambasciatore italiano a Nuova Delhi
e l’avviso di non lasciarlo passare: Daniele Mancini viene trattato
come un delinquente qualsiasi, ostaggio di un Paese ostile. E, molto
peggio, della stoltezza di quello per cui presta servizio.
LO STRAPPO ISTITUZIONALE. Il fermo del diplomatico è infatti l’epilogo
momentaneo - il peggio, probabilmente, deve ancora arrivare - del comportamento
scriteriato della Farnesina, con l’avallo autorevole di Palazzo Chigi e persino
del Quirinale.
A dispetto della prassi istituzionale, che
vuole un governo in via di sostituzione occuparsi «soltanto del disbrigo degli
affari correnti» (una pratica implicitamente rafforzata dal fatto che anche il
presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è nel pieno del semestre bianco,
e dunque con poteri limitati), il ministro degli Esteri Giulio Terzi di
Sant’Agata ha scelto un colpo di mano utile per la retorica nazionalista (e per
la propria vanagloria), ma non per il bene della nazione.
LA FIDUCIA APPANNATA. La decisione di
non restituire i due fucilieri alla giustizia indiana - con cui pure l’Italia
ha lungamente trattato nel corso dell’ultimo anno, ottenendo anche qualche
risultato - è il classico scivolone nello stile e nel metodo che rischia di
compromettere la già appannata immagine del nostro Paese. Mettendone in dubbio
l’onestà e l’affidabilità.
Terzi ha infatti chiesto a Mancini di
garantire alla Corte indiana che i due marò sarebbero rientrati a Nuova Delhi,
salvo poi strombazzare che non intende affatto rimettere Latorre e Girone su un
aereo per l'India.
Come se non fosse abbastanza, il collega della Difesa, l'ammiraglio Giampaolo
Di Paola, ha aggiunto che i due fucilieri possano tornare presto al servizio
nella Marina.
È lecito quindi trarre la conclusione che
l’Italia non rispetti i patti. E che sia un Paese di cui non ci si possa
fidare.
La
credibilità dell'Italia compromessa anche da un ministro assente
Questo certamente hanno pensato gli
indiani, che fino a ora con Roma avevano trattato, magari sottobanco, come
sempre succede in casi altamente delicati in cui la vera posta in ballo sono
rapporti commerciali e partnership economiche.
Ma è la stessa conclusione che probabilmente avevano già tratto altri governi,
benché formalmente amici, che hanno escluso l’Italia e il suo esecutivo da
scelte cruciali.
Basti ricordare il caso di Franco Lamolinara, l'ingegnere italiano rapito in Nigeria insieme con altri britannici e
ucciso in un blitz delle teste di cuoio di Londra. All’epoca, marzo 2012,
Palazzo Chigi e la Farnesina non vennero nemmeno informate dall’alleato David
Cameron dell’operazione. E, a cose fatte e italiano ucciso, mentre la nazione
affondava nell'imbarazzo per essere stata esclusa dall'incursione, Terzi non
poté che scrivere una lettera ai quotidiani dal titolo chiarificatore: «Governo
frainteso su marò e Lamolinara».
IL MINISTRO ASSENTE. D’altronde, il
ministro degli Esteri è il grande «non pervenuto» su qualsiasi dossier
importante finito sul tavolo dell’amministrazione italiana nell’ultimo anno.
Non lo ha consultato François Hollande
quando ha mandato i caccia francesi sul Mali, pur utilizzando con ogni
probabilità lo scalo Nato di Sigonella, in Sicilia, per i rifornimenti.
E, nei mesi precedenti, Terzi non era stato
consultato neppure sulle complesse decisioni sulla guerra civile siriana
da Barack Obama, oltre che da Hollande e Cameron.
Il nostro ministro, d’altra parte, sul tema
non ha mai manifestato altro che l’accesa intenzione di trovare una soluzione:
una posizione talmente moscia che persino al meeting sulla Siria organizzato a
Roma la sua voce non si è praticamente sentita. E, quando anche si è levata, lo
ha fatto nell'indifferenza generale.
Terzi, d'altra parte, non ha mai mostrato
alcun attivismo nel caso dei rapimenti di connazionali, in Siria e in altri
Paesi. Basti ricordare il caso della cooperante Rossella Urru, sequestrata in
Algeria nell'ottobre 2011 e liberata nel luglio 2012: a parte smentirne la morte in un paio di occasioni, non si sono registrate
altre azioni del ministro.
LA POLITICA SU TWITTER. Assodato poi che tutta la pratica delle trattative
economiche con l’Europa e gli Stati Uniti è stata demandata al premier Mario Monti,
la Farnesina è totalmente sparita anche dagli scenari nordafricani: Terzi non
si è praticamente mai visto in Libia, tradizionale cortile di casa dell’Italia
ed è desaparecido su Egitto e Tunisia, da cui pure partono bastimenti
di giovani che nel nostro Paese cercano posti di lavoro, ancorché irregolari.
Non si ricordano suoi interventi nemmeno
sul fronte afgano, sul quale l'Italia combatte ormai da 12 anni e dove ha
lasciato 52 vite.
Il ministro, per contro, è stato
estremamente attivo su Twitter, accumulando follower, e sulla stampa
amica, con interviste e copertine. È quasi un peccato che proprio alla scadenza
del mandato abbia scelto di entrare nella politica vera. Perché lo ha fatto in
modo dilettantistico. E l'errore grossolano resta appiccicato al Paese più che
al suo curriculum vitae.
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