da: Letttera 43
Gianroberto
Casaleggio, i rapporti con la finanza e gli intrecci tra economia e politica
Sedeva
nello stesso board di Gnutti. Ed era consigliere della valdaostana In.va,
«ufficio di collocamento della Pa». Chi era il guru M5s prima di conoscere
Grillo. E redimersi.
di Ulisse
Spinnato Vega
Una poltrona per tre anni nel board di una
società della galassia del finanziere bresciano pluri-inquisito Emilio 'Chicco'
Gnutti e un’altra, nello stesso periodo, nel consiglio di amministrazione di
una partecipata pubblica che ha di fatto monopolizzato il settore Ict in Valle
d’Aosta.
CAPITALISMO ALL'ITALIANA.Sembrerebbe il
profilo di uno dei tanti manager o raider finanziari che Beppe Grillo ha sempre
dileggiato e che vivono per arraffare incarichi nel capitalismo straccione
all’italiana, povero di risorse e ricco di relazioni e agganci con la politica.
In realtà si tratta nientepopodimenoche del suo guru e mentore Gianroberto
Casaleggio.
LA FOLGORAZIONE DEL 2004. Il 2004 per l’eminenza grigia del
Movimento 5 stelle è l’anno della
folgorazione sulla via di Genova. Anzi
di Sant’Ilario, volendo essere precisi, là dove si trova la villa di
Grillo. L’incontro con il comico genovese deve aver infatti provocato un
rovesciamento di 180 gradi nelle convinzioni di Casaleggio.
I più credono che sia il genio milanese
dell’e-commerce e del web marketing ad aver influenzato profondamente il
Grillo-pensiero. Eppure si potrebbe dire il contrario, guardando con attenzione
il curriculum professionale di Casaleggio fino al 2004, anno in cui conobbe l’attore nel camerino di uno
spettacolo a Livorno.
Prima di allora, infatti, natura e scopi di alcune cariche societarie rivestite
dal riccioluto manager milanese stridevano in modo clamoroso con le idee e le
battaglie storiche del leader barbuto.
Il
«tronchetto dell'infelicità» e la carriera del guru della Rete
È noto, per esempio, cosa pensa da sempre Grillo della privatizzazione Telecom di fine Anni 90. Ma giusto per rinfrescare
la memoria, ecco un passaggio, datato 2006, dal blog che detta il verbo
pentastellato: «D’Alema, allora
presidente del Consiglio, per motivi che nessuna mente umana (e forse
neppure aliena) è in grado di capire, avalla la cessione al duo
Colaninno-Gnutti» di Telecom.
LA TIRATA DI GRILLO CONTRO TELECOM. Era
il «tempo delle privatizzazioni, il tempo dei 'capitani coraggiosi', ma
senza una lira», ironizzava Grillo. Il comico se la prese poi anche con la
gestione Tronchetti Provera («il
tronchetto dell’infelicità»). E in quel passaggio storico individuava
l’inizio dei guai finanziari del colosso telefonico.
Dunque, Roberto Colaninno, Emilio Gnutti e la cosiddetta «razza padana»
rappresentano forse per Grillo il peggio del parassitismo che la nostra
classe imprenditoriale abbia mai espresso (il comico chiamò il presidente
Alitalia «Mr. 19 mila licenziamenti»).
OLIVETTI, IL TRAIT-D'UNION. Eppure,
come si sa, Casaleggio mosse i suoi
primi passi nell’information technology proprio nell’Olivetti di Colaninno
e poi divenne amministratore delegato di
Webegg: joint venture tra Olivetti e Finsiel, un gruppo multidisciplinare
per la consulenza alle aziende in Rete, controllato al 59,8% da I.T. Telecom
Spa dopo la cessione, a giugno 2002, delle proprie quote da parte di Olivetti.
LA POLTRONA IN NETIKOS. Da uno
spin-off di I.T. Telecom, nel 2000, era nata nel frattempo Netikos Spa, nella quale Casaleggio
occupava una poltrona nel consiglio di amministrazione (dal 2000 al 2003)
con Michele Colaninno, secondogenito dell’odiato (da Grillo) Roberto.
Quindi nel 2004, anno in cui conobbe il
comico, il guru milanese della Rete archiviò
Webegg e decise di fondare la Casaleggio
Associati, dando così il via al percorso professionale e politico che lo ha
condotto dov’è oggi.
E fin qui la storia è abbastanza nota.
La
prima vita di Gianroberto: la Earchimede Spa della galassia Gnutti
Meno conosciuto è però un passaggio della «prima vita» lavorativa di
Casaleggio che lo lega in modo ancora più stretto al discusso Chicco
Gnutti.
Tra la sfilza di incarichi che ha
rivestito, l’intellettuale «apocalittico» milanese è stato pure consigliere dal 2000 al 2003 della
Earchimede Spa, società impegnata nel private equity e riconducibile
proprio alla galassia Hopa di Gnutti.
COMPAGNI DI BOARD. Era quest’ultimo in
persona, infatti, a guidare il board di cui Casaleggio faceva parte. Arrivarono
entrambi lo stesso anno. Gnutti rimase presidente del consiglio di
amministrazione di Earchimede fino al 2005, mentre il sodale di Grillo lasciò
la società che oggi fa capo al gruppo Mittel nel settembre 2003 (la stessa Hopa
fu poi incorporata in Mittel).
Gnutti
al
tempo era già stato uomo chiave
della (famigerata) scalata Telecom e
proprio in quel periodo di lavoro fianco a fianco con Casaleggio fu
protagonista di un’altra vicenda: il fallimento
della software house bresciana Shs multimedia.
Il finanziere finì poi a processo per
bancarotta fraudolenta e nel gennaio scorso il tribunale di Brescia lo ha
condannato in primo grado a quattro anni per la sottrazione di 20 miliardi di
lire di patrimonio dell’azienda.
FIORANI E CONSORTE TRA GLI AZIONISTI. La Earchimede (4,68 milioni di euro di capitale sociale) in cui Casaleggio ha prestato servizio aveva
invece tra gli azionisti personaggi
come Gianpiero Fiorani e Giovanni Consorte. Si tratta dei grandi protagonisti dell’estate 2005,
quella delle scalate bancarie e dei «furbetti
del quartierino».
Non a caso, la stessa Earchimede finì nelle
intercettazioni tra Fiorani e Gnutti in cui si orchestrava l’assalto Bpl ad
Antonveneta. Mentre un contratto Earchimede-Bpl per la cessione da parte di
Fiorani di minorities in alcune controllate fu al tempo sequestrato da
Bankitalia.
IL CASO DELL'AUTODROMO DI VIGASIO. Insomma,
siamo di fronte al milieu economico-finanziario
che Grillo prende di mira da almeno un decennio. Così come nel mirino degli
attivisti pentastellati è finito anni fa il progetto dell’autodromo di Vigasio,
nel Veronese, che nel 2004 vide attive la stessa Earchimede e la Draco Spa
(altra società controllata da Gnutti) nel ruolo di imprese realizzatrici che
avevano firmato un contratto preliminare per rilevare una quota del capitale di
Autodromo del Veneto srl, titolare a sua volta dei diritti d'opzione per
l'acquisto delle aree su cui doveva sorgere la struttura.
Va precisato, comunque, che Casaleggio al
tempo aveva già lasciato il board di Earchimede.
Dai
«capitani coraggiosi» lombardi all'In.va della Val D'Aosta
Dai «capitani coraggiosi» lombardi
all’intreccio politica-economia in Val d’Aosta il passo è più breve di quanto
si pensi. Ed ecco ancora una volta materializzarsi lo zampino di Casaleggio.
Nella piccola regione alpina con 128 mila
abitanti di cui 1.300 che vivono di politica (senza considerare i portaborse),
il settore Ict è in mano a In.va Spa
(5,1 milioni di capitale), società della Regione autonoma, del Comune di Aosta
e della Usl locale. In.va nacque alla fine degli Anni 80 da un’iniziativa mista
pubblico-privata e poi è stata man mano fagocitata dalla cosa pubblica fino a
diventare il naturale provider inhouse dei sistemi informativi.
UN POSTO NELLA PARTECIPATA. Qual era
tuttavia l’azionista privato di peso in
In.va con il 40% delle quote fino al 2007? Olivetti prima e poi Telecom, guarda caso. Dunque ecco rispuntare i
soliti «nemici» di Grillo. Ed ecco fare capolino puntualmente, come Lettera43.it ha
scoperto, il solito Casaleggio, che
è stato consigliere In.va dall’aprile
2001 al giugno 2004.
«È un colosso con 300 dipendenti che ha
schiacciato gli operatori privati del settore Ict in Val d’Aosta e ha creato un
monopolio di fatto», spiega un consigliere regionale che chiede l’anonimato. «Ha
un board di designazione politica e viene utilizzato dai politici per aggirare
le normali procedure concorsuali di reclutamento del personale nel settore
pubblico».
Alla faccia della meritocrazia oggi tanto
invocata dal M5s.
AGENZIA DI COLLOCAMENTO PER LA PA. Risulta
infatti che negli anni molti dipendenti assunti da In.va siano poi stati
dislocati negli uffici delle più disparate pubbliche amministrazioni
valdostane, dalla Regione al Comune di Aosta, fino alle strutture sanitarie.
In attesa che la spending review aggredisca
anche gli sprechi degli enti locali e del sistema delle partecipate, In.va
rimane comunque una Spa e (malgrado le certificazioni Iso che vanta) può in
qualche modo aggirare i paletti di rigore finanziario e i criteri di
trasparenza che valgono per le assunzioni nel settore pubblico.
LA POLEMICA POLITICA. I resoconti
delle sedute d’aula in Consiglio regionale testimoniano scontri durissimi tra maggioranza e opposizione sugli stretti
rapporti tra le amministrazioni
pubbliche valdostane e la debordante partecipata Ict. Anche nel periodo in
cui Casaleggio era consigliere In.va.
Ci si accapigliava, per esempio, sul personale della società spostato in altre
strutture, personale che inglobava figure con alta formazione informatica ma
anche unità con generiche mansioni di «data entry». La Giunta fece persino un
numero: 19 unità.
LA DENUNCIA DEL PDL. Ma l’opposizione
sospettava che le cifre fossero più alte. E così nel novembre 2004 (Casaleggio
aveva da poco lasciato il board In.va) un consigliere dell’allora Casa delle
libertà denunciava: «Forse non ci sono all'interno dell'organico regionale
sufficienti capacità professionali per far fronte a questi incarichi?».
Tre anni prima, nel dicembre 2001, l’allora vicepresidente dell’assemblea
Massimo Lattanzi (Forza Italia, oggi Pdl) fece un’interpellanza sulla
convezione tra Usl e In.va e in aula denunciò: «Abbiamo invece il sospetto, che
è quasi una certezza, che In.va stia per diventare il vero ufficio di
collocamento dell'amministrazione sanitaria, un ufficio di collocamento che ha
una caratteristica molto anomala (…). Mentre tutti quelli che vogliono lavorare
in ospedale devono fare un normale concorso, superare gli esami di francese,
che quasi mai vengono superati, creando anche difficoltà a chi deve reperire
risorse umane per far fronte ai servizi, questa società non ha nessun obbligo
di fornire personale che abbia superato gli esami di francese, personale che
abbia una qualifica di tipo sanitario anche nei processi amministrativi, dove
bisogna comunque conoscere le terminologie».
UN CARROZZONE DA 4 MLD DI LIRE. La pratica, inoltre, non produsse certo
risparmi per la cosa pubblica, visto che il carrozzone In.va pesava sul bilancio dell’azienda sanitaria per una
cifra che esplose da 1,3 miliardi di lire del 1998 ai 4 miliardi a fine 2001,
quando Casaleggio era già consigliere.
Malgrado ciò, i privati gradualmente si
disimpegnarono dalla società perché essa già dagli Anni 90 non apparì in grado
di generare abbastanza ricchezza e dividendi.
Oggi
l’In.va si avvia a diventare una centrale delle forniture e degli
acquisti per gli 83 enti locali della Valle d’Aosta, una specie di Consip regionale. Ma la fonte ribadisce: «Certe
convenzioni con gli enti pubblici sono state fatte in passato per aggirare le
norme sulle assunzioni. E poi In.va è diventata un pachiderma che ha
schiacciato tutto e tutti nel settore Ict, creando un monopolio che pure
Casaleggio in quegli anni si è guardato bene dal contrastare».
Il Movimento
5 stelle non è un fiero nemico delle posizioni dominanti e del
parassitismo? Casaleggio evidentemente
ha cambiato idea. Certo che Grillo,
nel 2004, in quel camerino di Livorno, deve averlo davvero folgorato.
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