giovedì 14 marzo 2013

Josè Mario Bergoglio, da ieri Papa Francesco, e le presunte collisioni con il regima fascista argentino


Ho letto, in quasi “tenera età”, il libro di Boff sulla 'Teologia della Liberazione’. Conto di rileggerlo a breve. Il crescere negli anni, il mutare della vita personale e sociale, chiede di rileggere alcuni testi.
L’elezione di Bergoglio a Pontefice mi ha fatto tornare in mente quel libro ormai ingiallito.
Ieri sera l’ho ripescato nella libreria, ho letto una pagina a caso e ho pensato…la Chiesa ha perso 32 anni.
Certo. C’è stata la caduta del muro di Berlino. Giovanni Paolo II era concentrato e incentrato su come abbattere il comunismo come se l’unica ideologia da combattere fosse quella marxista e non quella fascista.
La Chiesa ha sempre osteggiato e combattuto – in ogni forma e modo – i regimi comunisti, mai i regimi di destra. Ha sempre taciuto – tranne i preti cosiddetti di frontiera, quelli che vivevano in mezzo alla gente – sulle atrocità sull’anticristianesimo dei regimi di destra. Ad esempio: quelli dell’America Latina. Regimi messi in piedi dalla Cia nel periodo in cui vi era la contrapposizione tra Est e Ovest, dove alcuni paesi gravitavano intorno all’Urss, altri intorno agli Usa. Dove il mondo era spartito, appunto, tra paesi “controllati” dai sovietici e altri dagli americani.
E’ bene sapere quale fu il ruolo di Jorge Mario Bergoglio. Perché ha scelto un nome pesante: Francesco. Un nome che indica una Chiesa che deve far risorgere dalle rovine («Francesco, va, ripara la mia casa, che come vedi,  va tutta in rovina»). Non si può fare senza trasparenza. La prima trasparenza deve venire da Jorge Mario Bergoglio.
E sarebbe il caso che  Papa Francesco riprendesse in considerazione le teorie della liberazione per trarre da quell’analisi ciò che è utile per la Chiesa, intesa come potere gerarchico ma, soprattutto, per la Chiesa intesa come comunità dei cristiani. 

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