da: La Stampa
Maccio
Capatonda e la satira sul giornalismo
di Alessandra
Comazzi
Le domande sceme a chi ha appena subito un
lutto, il tentativo di rendere la morte spettacolare, la speculazione sulle
disgrazie. Ma anche il «gattino» spacciato in via di estinzione al posto
dell’orso, ma sì, una notizia vale l’altra e non turbatemi questa notizia con
la verità. Il lavoro satirico, comico, parodico, linguistico, anche, di Maccio
Capatonda, seguitissimo protagonista dell’irridente FlopTv, ora su MTV con la
serie «Mario» (ma il web gli si addice di più) può essere letto come un
disincantato ritratto dei (mal)costumi nazionali. Vedi la «smartphonite», tutti
che scrivono sms mentre fanno altro, e mollano il volante se guidano o la
carrozzina con il bambino se passeggiano. Ma, se sei giornalista, vedi «Mario»
in chiave di opportuna autocritica. I giornalisti non sono una casta
privilegiata, lo dimostrano tanti giovani sottopagati e sfruttati. Ma certo,
quel sondaggio sul morto «orribilmente maciullato insieme alla spazzatura del
condominio», e allora «diteci insieme a quali rifiuti è stato triturato: umido,
plastica, zingari?» è urticante. Come la pubblicità dell’Acquohol, contro i
pericolosi astemi: e quanta pubblicità del gioco d’azzardo ci tocca vedere
sulla televisione vera? Mentre il povero conduttore Mario, comprato insieme alla
rete Micidial Corporation, è un esempio esasperato di tanto inutile
giornalistico scontento.
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