da: Il Fatto Quotidiano
Evasione
Unicredit, Cassazione: “No all’impunità fiscale per le banche”
La
riflessione della Suprema Corte è contenuta nelle motivazioni del provvedimento
con cui erano stati dissequestrati 245 milioni nell'ambito dell'inchiesta
milanese, che ha già portato l'istituto a transare con il Fisco e a un processo
penale, che dopo Milano è stato trasferito a Bologna. Sugli indagati, tra cui
Alessandro Profumo, ci sono "gravi indizi"
Stop all’impunità fiscale per le banche.
L’appello, se così si può chiamarlo, arriva dai giudici della Cassazione. L’occasione
è data dalle motivazione della sentenza con cui i supremi giudici avevano
dissequestrato 245 milioni di euro nell’ambito dell’inchiesta
milanese Unicredit-Brontos, che ha già portato l’istituto
a transare con il Fisco e a un processo penale, che è da poco
stato trasferito per competenza da Milano a Bologna.
Per le banche
e le grandi società “ben può
parlarsi di una vera e propria impunità
fiscale” dato che “l’attuale sistema
punitivo, e soprattutto quello volto al recupero dei proventi del reato
attraverso la confisca di valore, nella materia dei reati tributari” è “inefficace e evidenzia una disparità di
trattamento in riferimento alla previsione della confisca”, sottolineano i
giudici nelle motivazioni del provvedimento 1256 depositato oggi e relativo
alla conferma, datata 19 settembre, del dissequestro dei 245 milioni. Soldi che
erano stati sequestrati su richiesta della Procura di Milano e su ordine del
gip Luigi Varanelli, che avevano stigmatizzato come frode fiscale l’operazione
Brontos che aveva permesso di “trasfigurare” in dividendi (deducibili
fiscalmente al 95%) gli interessi della banca, sottoposti invece a “normale” tassazione.
Ad avviso della Corte – che passando in
rassegna la normativa vigente non ha che potuto respingere il ricorso con il
quale la Procura di Milano insisteva nel chiedere il sequestro
cautelare della somma a Unicredit – le attuali norme, in tema di confisca per i
reati tributari societari, violano il “principio di uguaglianza e
parità di trattamento” perché danno un vantaggio di impunità alle
“persone fisiche di dimensione non modesta”, ossia alle grandi compagini
societarie. “Peraltro risulta evidente – scrive la Cassazione nel suo verdetto
affidato alla penna del consigliere Elisabetta Rosi – che la mancanza di una
previsione che consenta di poter ritenere la persona giuridica responsabile per
gli illeciti penali tributari posti in essere nel suo interesse e a suo vantaggio,
non può essere ritenuta mera conseguenza di una ragionata scelta discrezionale
del legislatore”.
Insomma, le norme sono un disorganico
guazzabuglio. “Occorre anche notare che ad assetto vigente – prosegue la
sentenza – il legislatore italiano ha finito per differenziare, niente affatto
ragionevolmente, la fattispecie, anche sotto il profilo dell’aggressione ai patrimoni
illeciti, a seconda della natura transnazionale o meno di un reato, con la
conseguenza che per quelle indagini su reati
tributari compiuti nell’ambito di fenomeni associativi a carattere transnazionale (le frodi
‘carosello’) sarà ravvisabile la responsabilità
delle persona giuridica ed operare la confisca per equivalente dei beni
della società coinvolta”. “Un analogo provvedimento – conclude la Cassazione –
non sarà, invece, possibile nei confronti di una società che, magari a fronte
di un ammontare maggiore di imposte evase, non si connoti per la natura
transnazionale del consortium sceleris”. Niente
confisca, invece, per la maxifrode
tutta “made in Italy”.
Secondo i giudici, poi, “è pacifico che
sussistono gravi indizi che gli indagati (tra i quali spicca l’ex amministratore delegato di
Unicredit, Alessandro Profumo ora presidente di Mps, ndr),
alcuni di essi in rappresentanza dell’ente, abbiano posto in essere la
complessa trama fraudolenta in danno dell’Erario, a vantaggio e nell’interesse
delle società bancarie poi confluite in Unicredit spa”, tesi sostenuta dalla
Procura di Milano.
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